Leone Alato Latina: Quella di Latina è una delle piazze storiche del football provinciale centromeridionale e – a dispetto di categorie a ben vedere sempre piuttosto modeste (fatta eccezione per i recenti quattro tornei consecutivi di Serie B) – dove già dagli Anni ’30 (nell’immediata fondazione della “giovane” città voluta dal Regime Fascista) si respirava Calcio.
Comunque una presenza quasi fissa, quella nerazzurra, nei raggruppamenti della Terza Serie nazionale: il Latina vanta 26 partecipazioni a campionati di Serie C (tra Lega Pro Prima e Seconda divisione, vecchie C1 e C2 e vecchia Serie C unica) oltre a 25 tornei di Quarta Serie (tra vecchia e nuova Serie D, Interregionale e CND).
Il periodo più esaltante, in termini di risultati sportivi, per il club pontino sono stati gli anni, recenti, tra il 2009 e il 2017, allorquando partendo dall’Eccellenza laziale in pochi anni il Latina ha conquistato la Serie B al termine della stagione 2012-13 dopo aver centrato e infine vinto i play-off superando in semifinale la Nocerina e in finale il Pisa. Nello stesso anno il sodalizio pontino ebbe anche la soddisfazione d’andarsi a prendere la Coppa Italia di Serie C/Lega Pro passando tutte le fasi a girone e battendo in doppia finale il Viareggio (imponendosi 2-1 in terra toscana e impattando 1-1 al Francioni).
Le successive quattro stagioni in cadetteria, pleonastico dirlo, sono state molto esaltanti e positive, con una città – sì affezionata alle vicende calcistiche ma tradizionalmente non eccessivamente partecipe e numerosa – che finalmente s’è svegliata e stretta intorno al proprio club capendo l’importanza sociale ed extracalcistica che una categoria come la Serie B può rappresentare per una realtà provinciale, riempiendo come mai prima le gradinate dello stadio Francioni.
Addirittura, come spesso accade a molti club che viaggiano sulle ali dell’entusiasmo, al primo anno tra i cadetti (20013-14), il Latina sfiorò letteralmente la clamorosa vittoria del campionato, con una città che respirò a pieni polmoni il magico profumo della Serie A, classificandosi al terzo posto assoluto alla fine del torneo e accedendo alla fase play-off. In semifinale, i nerazzurri, pescarono il più blasonato Bari con cui pareggiarono, in entrambe le sfide, per 2-2; la gara d’andata è rimasta celebre per gli oltre 50.000 spettatori dello stadio San Nicola… credo uno dei record di pubblico assoluti della categoria. Nella finale, invece, persa sia all’andata che al ritorno, il Latina dovette arrendersi al forte Cesena, lasciando costernato il proprio pubblico che c’aveva creduto nel sogno della massima serie, ma che comunque tributò alla squadra e alla società un sentito ringraziamento per una stagione tanto elettrizzante, che aveva portato sulle soglie del paradiso un club che fino a qualche anno prima annaspava nei campionati di Serie D o addirittura regionali.
Come purtroppo accade troppo spesso e a troppi club della Provincia italiana, la favola non poteva durare e al quarto torneo in Serie B, proprio l’anno scorso, il Latina incorse nel fallimento (causa i soliti dissesti finanziari) che conseguentemente portò la squadra alla retrocessione, quindi alla radiazione. Il club nerazzurro è ripartito in questa stagione dalla Serie D. Un pesante doppio balzo all’indietro che suona come una beffa, tanto repentina quanto crudele che – come al solito – vede i tifosi pagare il prezzo più salato, fatto di delusioni, umiliazioni e mortificazioni nel vedere il proprio undici passare da partite, come visto prima, giocate davanti a decine di migliaia di spettatori, a realtà decisamente più modeste e indegne della storia sportiva latinense.
Per quanto riguarda la parte Ultras: Latina è sempre stata una piazza in cui il tifo ha ben attecchito e, pur non potendo contare su numeri eccelsi se rapportati alla città e al bacino d’utenza (il capoluogo dell’Agro Pontino è infatti, coi suoi circa 130.000 abitanti, la seconda città del Lazio dopo Roma: sarebbe lecito aspettarsi qualcosa in più in termini squisitamente numerici), il supporto per il club non è mai venuto meno e nel corso degli anni tanti sono stati i gruppi e le sigle che hanno accomunato i ragazzi della Curva Nord.
Fatale e determinante è sempre stato, a Latina, il collante politico, per una città per forza di cose con un’ingombrante identità nazionalista, congenita nel proprio dna e che ha visto sempre il tifo per la squadra mescolarsi con elementi di chiara matrice nostalgica e, potremmo dire, “fascista”, seppur – come ripetuto tante volte – i comportamenti e le dinamiche da stadio differiscono totalmente da quelle cosiddette “normali” ed è troppo facile, per chi non mastichi Ultras, fraintendere e distorcere l’atteggiamento di quelli che alla fine restano semplicemente dei ragazzi che perseguono l’unico intento di divertirsi e difendere il buon nome della propria città.
Nel disegno in oggetto: ho voluto rendere omaggio a uno delle due anime che attualmente guidano il tifo nella Nord e che tanto bene stanno facendo nel periodo più buio del Calcio cittadino; a loro infatti va il merito d’aver rinserrato le fila d’una tifoseria che, per forza di cose, ha conosciuto una pesante emorragia di pubblico e i ragazzi del Leone Alato stanno dimostrando all’intero movimento d’aver raggiunto un alto livello di maturità. Confesso che gli Ultras del Latina mi piacciono molto più adesso di quanto mi siano mai piaciuti in passato e, credo, il seme piantato da questi ragazzi in questo particolare e nefasto frangente sportivo per i colori nerazzurri, darà i suoi frutti nel futuro.
Un nome, Leone Alato, che rimarca una precisa identità sportiva e territoriale; infatti il leone alato di San Marco (conosciuto giustappunto anche come Leone Marciano) è simbolo del club ed è spesso raffigurato nei loghi sociali con un pallone sotto la zampa. Sul suo utilizzo a latitudini tanto lontane dall’ex Serenissima Repubblica di Venezia, la spiegazione è semplice: al tempo dell’insediamento della prima comunità latinense voluta dal Duce ai tempi della “bonifica”, molti lavoratori e contadini provenivano dal Veneto e in particolare dalla zona del Polesine; la riprova di ciò sta nel fatto che, in alcune zone della Provincia di Latina, si parli ancora una sorta di dialetto cosiddetto veneto-pontino, seppur la cosa vada, per forza di cose, scemando col trascorrere degli anni e l’avanzare della modernità.
La dicitura Littoria Ultras – pedissequamente ripresa dal nome per esteso del gruppo stesso – è un’ulteriore testimonianza e riprova di quanto affermato due paragrafi sopra: infatti il nome di Latina, dalla sua fondazione e fino alla caduta del Regime Fascista, era appunto Littoria.
Casarano 1927: L’affascinante storia calcistica di Casarano, iniziata negli Anni ’20 (che videro il club rossazzurro calcare principalmente i campi dei tornei regionali) ebbe un’impennata nel triennio 1978-81, quando fece il triplo salto dalla Serie D alla C1. Categoria, quest’ultima, stabilmente abitata dal sodalizio salentino dalla stagione 1981-82 a quella 1997-98, fatta eccezione per una breve retrocessione in C2, prontamente riscattata, durata il tempo di due tornei.
In tutto questo lasso di tempo e con 15 partecipazioni a campionati di Serie C1 (non male per una città di poco più di 20.000 abitanti), il Casarano trovò anche il modo di sfiorare la clamorosa promozione in Serie B in almeno un paio d’occasioni. Nella stagione 1983-84 piazzandosi al terzo posto insieme agli abruzzesi del Francavilla (perdendo il “treno” promozione per un solo misero punto dietro le corregionali corazzate Bari e Taranto) e nel 1990-91 (sempre terzo, staccato di tre lunghezze dal Palermo che avrebbe vinto il torneo insieme alla Casertana).
Nel giugno del 1985, il sodalizio salentino ebbe anche la grandissima soddisfazione d’accaparrarsi la Coppa Italia di Serie C, dopo lungo cammino (iniziato per i rossazzurri partendo dalla Coppa Italia più nobile insieme ai club di Serie A e B) che portò il Casarano alla doppia finale contro la Carrarese, regolata in terra toscana grazie a un 2-0 a tavolino (partita che i salentini stavano comunque conducendo col medesimo punteggio e sospesa per un bizzarro black-out dello Stadio dei Marmi) e perdendo di misura, 2-1, nel trionfale ritorno al Capozza.
Fatale e determinante per i successi del Casarano (che dalla fine degli Anni ’60 ai primi ’80 e dal 2006 al 2012 si chiamò Virtus) è stata la figura dell’indimenticato Antonio Filograna che possiamo tranquillamente inserire nel filone dei cosiddetti “presidentissimi”, una generazione d’imprenditori factotum, capaci, da soli e mettendo mano unicamente al proprio portafogli e alle attività di famiglia, di portare club provinciali alla ribalta del Calcio nazionale. Mi viene in mente qualche nome, così, alla rinfusa e dimenticandone certamente tanti altri: Costantino Rozzi (Ascoli), Romeo Anconetani (Pisa), Antonio Sibilia (Avellino), Edmeo Lugaresi (Cesena), Gino Sada (Monza), Tonino Molinari (Campobasso)…
Filograna, casaranese doc, partito ancora adolescente alla volta di Milano in cui s’era appassionato all’arte di fabbricar scarpe divenendo operaio specializzato, era tornato in Salento col sogno d’avviare un’attività calzaturiera tutta sua. Partendo da una piccola impresa a gestione familiare, il futuro patron della Virtus Casarano divenne, nel corso degli anni, il più importante imprenditore italiano della calzatura manifatturiera, trasformando la sua terra nel più importante polo del settore a livello europeo e dando lavoro – nella sua grande fabbrica nella zona industriale di Casarano, la Filanto – a migliaia di famiglie salentine.
Mesciu Ucciu, com’era affettuosamente chiamato dalla sua gente Antonio Filograna, fu un grande personaggio del suo tempo, capace di metter su un impero rimanendo comunque fedele a un’idea antica d’imprenditoria (parlava di sé stesso come d’uno “scarpàro”) fatta di sudore e sacrifici e nel rispetto di maestranze e operai (“senza i lavoratori: io sono nulla” ebbe a dire in un’intervista). Un “presidentissimo” conosciuto e amato da tutti nella sua Casarano che, grazie a lui e ai suoi investimenti, conobbe l’acme della propria parabola calcistica nei magnifici anni in cui il football cittadino divenne – come spesso accade, soprattutto nelle piazze più meridionali – autentica catarsi collettiva.
Il presidente della Virtus Casarano – scomparso nel 2011 e al cui funerale parteciparono migliaia di persone tra cui tantissimi Ultras vecchi e nuovi e semplici tifosi e cittadini casaranesi – fu anche protagonista d’una drammatica vicenda, allorquando, proprio nei primi Anni ’80 (al tempo in cui la sua squadra centrava la storica promozione in Serie C1) fu sequestrato, per 215 giorni, da imprecisate organizzazioni (sullo “stile” dell’Anonima Sequestri sarda) che chiesero un pesante riscatto (un miliardo e mezzo delle vecchie lire) che la famiglia sborsò ma che non servì a liberare il malcapitato patron rossazzurro che ritrovò la libertà soltanto dopo un secondo riscatto e non prima d’aver rischiato l’amputazione del dito mignolo d’una mano (com’era triste “costume” dei sequestri in quegli anni) che i rapitori minacciarono di recapitare alla famiglia, quale macabro monito a pagare. Mesciu Ucciu fu rilasciato in una località non lontana da Reggio Emilia, lungo una strada provinciale, incappucciato e con dei gettoni telefonici in tasca affinché potesse attivarsi per tornare a casa. Una delle sue gioie più grandi, dopo la liberazione che destò enorme gioia e clamore e l’abbraccio coi suoi cari, fu l’apprendere di come la Virtus avesse vinto il campionato di Serie C2.
Superfluo dire come, dopo gli anni magici del “presidentissimo” Filograna e dopo il declino della Filanto (accusata di truffa ai danni dello Stato), le fortune calcistiche non arrisero più ai colori casaranesi e il blasonato club della Provincia di Lecce – per i soliti dissesti finanziari, ahimè comuni a tante piazze minori dell’italico Calcio – ruzzolò repentinamente fino alla Serie D, assaporando anche, nel 2006 e 2012, l’amaro calice della mancata iscrizione ai campionati di spettanza e stazionando perlopiù nella Quarta Serie nazionale o nei campionati regionali che certamente non rendono onore e dignità alla storia d’un club abituato a tutt’altri palcoscenici. Una piccola-grande soddisfazione il Casarano l’ebbe nel maggio 2009, andandosi a prendere – al Flaminio di Roma – la Coppa Italia dilettanti, asfaltando per 4-0 in finale unica i perugini del Castel Rigone.
Sul pubblico casaranese, poco da dire: sanguigno, attaccato, numeroso e partecipe. Una piazza sportiva che rende perfettamente onore al Salento e all’indole calorosa e appassionata del suo popolo. Un Capozza sempre ribollente entusiasmo negli anni d’oro della Serie C, quando la città viveva di e per il Calcio e, dopo la ristrutturazione e l’ampliamento, quando il gioco s’è fatto “importante” ha sempre risposto presente, con un’enorme Curva Nord che, a dispetto di categorie talvolta davvero misere, non ha faticato a gremirsi, sintomo d’una radicata quanto profonda passione per il football connaturata al tessuto sociale della città e a una mentalità Ultras antica e – pur perfettamente a suo agio nel flirtare con le “nuove tendenze” – dal forte profumo Anni ’80.
Nel disegno – strutturato come una sorta di bandierina – ho voluto inserire l’icona con cui tradizionalmente è conosciuto il club, ovvero il serpente (sacara, tipico del luogo) presente anche nello scudo araldico comunale nell’atto d’attorcigliarsi intorno a un albero e recante in latino la massima evangelica Estote prudentes sicut serpentes, ovvero: siate prudenti e cauti come serpenti.
Über Alles Frosinone: Della storia calcistica di Frosinone e della tifoseria giallazzurra abbiamo già avuto modo di parlare in una precedente puntata di questa rubrica (One Step Beyond #21). Un club, espressione d’una città dove da sempre si respira Calcio, che fino a due anni era in Serie A dov’è rimasto per un solo torneo (ben figurando al cospetto di qualsiasi avversario), tornando con onore in serie cadetta e da cui sta tentando di risalire prontamente.
Il gruppo oggetto di questa presentazione e relativo disegno, gli Über Alles, ha rappresentato un momento di “rottura” col passato del tifo canarino, in quanto questi ragazzi, nei primi Anni ’90, portarono una reale ventata di freschezza all’interno d’una Curva Nord ancora parzialmente legata a forme di tifo di chiara matrice Anni ’80, che comunque già s’era fatta un nome, apprezzato in lungo e largo per lo Stivale. Gruppo originale gli Über Alles, già dal nome (unico in Italia), assai ruvido, dall’atteggiamento molto sfrontato, s’è contraddistinto all’interno del panorama nazionale per la propria intransigenza, spesso cercando e trovando lo scontro coi gruppi delle tifoserie nemiche, rendendo la piazza ciociara una delle più “calde” e temute dell’intero panorama provinciale centromeridionale.
Un’attitudine e una mentalità Ultras al 100% quella degli Über Alles, gruppo di chiara matrice nazionalista, per le proprie posizioni scomode e anticonformiste finito anche al centro di cronache extracalcistiche. Una linea di pensiero assai coerente che portò il gruppo, pochi anni orsono, a lasciare la sua “casa naturale”, la Curva Nord, spostandosi nel settore dei Distinti, per rimarcare anche a livello logistico (oltreché concettuale) una netta differenza di vedute dal resto della tifoseria a proposito della tristemente famosa Tessera del Tifoso, particolarmente invisa a questi ragazzi.
Per fortuna il forzato allontanamento dalla Curva è finito e gli Über Alles hanno ripreso il proprio posto abituale, dapprima nel vecchio, romantico e affascinante stadio Matusa e da poco nel nuovo, bellissimo impianto Benito Stirpe che, con la propria conformazione e grazie alla copertura, è simile a una piccola Bombonera e in cui, come e più di prima, il tifo frusinate è capace di fare la differenza.
Isernia FC: Coppia di grafiche dedicate all’Isernia calcistica. In realtà trattasi del medesimo logo che ho ideato e proposto sia nella versione “assoluta”, sia immaginandolo al centro d’un’ipotetica bandiera/drappo.
Della storia del football nella piccola città molisana e dei suoi gruppi Ultras attuali e passati, abbiamo già avuto modo di vedere in precedenti puntate di questa rubrica (One Step Beyond #22, #25, #27 e #36).
Isernia è una città dove, a dispetto della piccola comunità che vi risiede, da sempre si vive di Calcio, seppur la situazione attuale – pur con una squadra appena promossa in Serie D (in un continuo saliscendi tra Quarta Serie e tornei regionali) – sia del tutto imparagonabile col passato. Parlo degli Anni ’80, dei tardi ’90 e dei primi 2000 quando il club biancoceleste conobbe anche il palcoscenico del professionismo approdando nella vecchia Serie C2, anni in cui la città si muoveva in funzione della domenica e del Calcio, forte di migliaia di spettatori allo stadio.
La situazione corrente – come in molte città d’Italia e fatta eccezione per poche isole felici – è completamente diversa e i giovani odierni sono spesso affascinati da altri “passatempi” e dedicano poca attenzione al Calcio locale, semmai infatuati dai campioni dei grossi club di Serie A e in questo involontariamente aiutati anche da un’Isernia FC che, al di là dei tornei regionali, non riesce quasi mai ad entusiasmare, seguita ormai da poche centinaia di affezionati e che appare sempre sull’orlo del tracollo finanziario. Un’emorragia di pubblico assai comune nel nostro Calcio, figlia di molteplici quanto eterogenee colpe, che dovrebbe indurre una seria riflessione, cercando delle soluzioni che tardano ad arrivare.
Curva Ovest Ferrara: Condensare in poche righe quello che rappresenta la piazza di Ferrara nel Calcio italiano è impresa pressoché ardua. La SPAL (acronimo di Società Polisportiva Ars et Labor) è senza dubbio una delle maggiori e migliori icone del cosiddetto Calcio provinciale e nella sua lunghissima storia (che su libri e almanacchi si fa risalire al 1907 ma che già negli ultimi anni dell’’800 vedeva il football praticato nella città estense) ha spesso conteso il palcoscenico più alto del nostro sport più popolare alle supercorazzate stellate dell’italico Pallone.
Il club biancazzurro, oltre a 21 partecipazioni a campionati di Serie B, vanta ben 17 tornei di Serie A a girone unico. Massimo campionato che la SPAL raggiunse (piazzandosi in cima alla classifica cadetta) per la prima volta nella stagione 1950-51 e che mantenne – impresa tutt’altro che trascurabile per una provinciale – per 13 stagioni consecutive; Serie A che perse nel 1963-64 ma prontamente riguadagnò l’anno successivo e mantenne per ulteriori tre stagioni. Il miglior piazzamento in quegli anni (che poi è rimasto un record a tutt’oggi) è il quinto posto (seppur in coabitazione) nel campionato 1959-60 dietro a “superpotenze” quali Juventus, Fiorentina, Milan e Inter.
Altro importante traguardo raggiunto dagli spallini – a ulteriore dimostrazione della tradizione e prestigio che nel corso dei decenni ha sempre avuto il Calcio estense – fu il raggiungimento, nella stagione 1961-62, della finale di Coppa Italia, conseguita dai biancazzurri dopo aver eliminato la Juventus in semifinale e disputata in gara unica all’Olimpico di Roma; finale persa 2-1 contro il Napoli che fu la seconda squadra non partecipante a un massimo campionato – difatti quell’anno gli azzurri campani erano in Serie B – dopo il Vado (compagine ligure della Provincia di Savona) della prima edizione del 1922, a vincere il nostro trofeo nazionale più importante dopo lo Scudetto.
Dopo quei fasti, per un tempo lunghissimo, quasi cinquant’anni, la blasonata SPAL s’è dovuta “accontentare” di campionati di Serie B e tanta, troppa, Serie C (tra vecchie C1 e C2), categorie pur nobili ma, onestamente, troppo strette per una piazza come Ferrara. Addirittura, nel 2005 e 2012, l’antico club estense ha pagato lo scotto di due fallimenti per le solite beghe economiche. Ma, come l’araba fenice – e come per fortuna talvolta avviene soprattutto in ambito sportivo – ripartendo dalle ceneri della Serie D, la SPAL ha ri-scalato tutte le gerarchie “pallonare” andandosi a riprendere, proprio l’anno scorso (2016-17), quella Serie A perduta nel pozzo del tempo e che ha riacceso la miccia dell’entusiasmo sconfinato del proprio pubblico che comunque, bisogna riconoscerlo, non è mai venuto meno neppure negli anni bui della Serie C (seppur con numeri, per forza di cose e nel confronto con quelli attuali, decisamente più modesti).
Sul pubblico ferrarese si potrebbero scrivere libri su libri. Una piazza calcistica che – come nella miglior tradizione italiana: vedi Bergamo e Verona – è provinciale soltanto nel nome, ma che a conti fatti se la gioca, alla pari, con tutti. Una stadio, il Mazza (intitolato alla memoria dell’ex presidente dei tempi d’oro), ch’è uno degli impianti più vecchi del Belpaese, trasudante storia da ogni gradone. Una Curva, la Ovest, dal forte sapore british old style, ch’è davvero un tempio del tifo in cui si sono scritte pagine importanti della tradizione Ultras italiana. Miriadi di gruppi si sono succeduti al suo interno e oggi che finalmente il club ha riagguantato e mantenuto quella categoria che gli spetta di diritto, ha mostrato a tutti numeri e performances davvero incredibili che rendono Ferrara una delle “nobili” del tifo italiano. Altro che Provincia!… la Ovest di Ferrara non è seconda a nessuno per entusiasmo, partecipazione, numeri, materiale e mentalità. Senza ombra di dubbio: una delle migliori side attualmente in circolazione, coesa e forte, gremita in ogni ordine di posti, da ammirare e prendere a modello.
Confrontandomi con un club e una tifoseria tanto eccezionali quanto tradizionali, ho voluto anch’io restare nel solco (per certi versi stucchevole) della “classicità” andando a proporre un disegno di smaccata ispirazione fine Anni ’90/2000, periodo Ultras in cui s’è fatto largo uso (e abbondante abuso che continua ancor’oggi) dei cliché del cosiddetto stile casual che ha nel pallone retrò e relativo alloro la sua icona universalmente più conosciuta e inflazionata. Un omaggio a una Curva che in chiave stilistica sta proponendo davvero delle ottime cose, confermandosi anche a livello estetico oltreché attitudinale-comportamentale, una delle più interessanti di questi ultimi anni.
Luca “Baffo” Gigli.
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LE PUNTATE PRECEDENTI
One Step Beyond #1: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
One Step Beyond #2: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
One Step Beyond #3: Verona, Roma, Milan, Inter;
One Step Beyond #4: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
One Step Beyond #5: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #6: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
One Step Beyond #7: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
One Step Beyond #8: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
One Step Beyond #9: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #10: Lazio, Genoa, Napoli, Roma, Palermo.
One Step Beyond #11: Viterbo, Torino, Savona, Napoli;
One Step Beyond #12: Torino, Castel di Sangro, Livorno, Lazio;
One Step Beyond #13: Hertha BSC, Ancona, Napoli, Roma, Samp;
One Step Beyond #14: Inter, Alessandria, Samb, Roma.
One Step Beyond #15: Lecce, Bari, Cavese, Genoa;
One Step Beyond #16: Campobasso, Napoli, Lazio, Carpi;
One Step Beyond #17: Juve Stabia, Palermo, Perugia, Livorno, Cagliari;
One Step Beyond #18: Taranto, Avellino, Lucca, Cavese;
One Step Beyond #19: Cosenza, Catanzaro, Atalanta, Samp;
One Step Beyond #20: Salerno, Ideale Bari, Campobasso, Napoli;
One Step Beyond #21: Civitanova, Frosinone, Padova, Roma, Lazio;
One Step Beyond #22: Isernia, Padova, Genoa, Como;
One Step Beyond #23: Lazio, VeneziaMestre, Napoli, Gallipoli, Manfredonia;
One Step Beyond #24: Napoli, Vicenza, Milan, Inter, Fiorentina;
One Step Beyond #25: Isernia, Venezia Mestre, Inter, Manchester City;
One Step Beyond #26: Palermo, Paganese, Cavese, Novara, Nocerina, Newcastle;
One Step Beyond #27: Ideale Bari, Isernia, Matera, Manfredonia;
One Step Beyond #28: Lazio, Livorno, Ascoli, Pescara;
One Step Beyond #29: Verona, Lucchese, Napoli, Cavese, Lazio;
One Step Beyond #30: Crotone, Foggia, Genoa, Salernitana, Cagliari;
One Step Beyond #31: Fermana, Roma, Lazio, Terracina, Fiorentina;
One Step Beyond #32: Roma, Modena, Foggia, Campobasso, Inter;
One Step Beyond #33: Nocera, Cavese, Verona, Bari, Lazio;
One Step Beyond #34: Lodigiani, Benevento, Samb, Milan, Napoli;
One Step Beyond #35: Roma, Vicenza, Cosenza, Castel di Sangro, Cremonese;
One Step Beyond #36: Isernia, Lazio, Roma, Torino;
One Step Beyond #37: Cavese, Palermo, Catania, Lazio, Atalanta, Arezzo;
One Step Beyond #38: Verona, Piacenza, Genoa, Sampdoria, Campobasso, Nocerina, Vis Pesaro;
One Step Beyond #39: Cesena, Verona, Aberdeen FC, Udinese, Pisa, L’Aquila;
One Step Beyond #40: Spezia, Livorno, Chieti, Lazio, Avellino, Inter;
One Step Beyond #41: Teramo, Giulianova, Monza, Roma, Potenza, Napoli;
One Step Beyond #42: Lazio, Taranto, Bologna, Terracina, Monopoli;
One Step Beyond #43: Bari, Roma, Ascoli, Reggina, Trani;
One Step Beyond #44: Arezzo, Milan, Manfredonia, Campobasso;