In un passato, neanche tanto lontano, per giocare nello stadio della propria città era sufficiente avere due porte di gioco, un paio di tribunette, anche di cartongesso e una squadra con undici giocatori, all’occorrenza anche provenienti dalla juniores. Oggi l’asticella si è talmente alzata che di quei requisiti non vi è più traccia: alle società vengono richiesti standard infrastrutturali che in molti casi rischiano di diventare, anche se solo indirettamente, elementi ostativi all’iscrizione a campionati superiori. Insomma, se in passato era “sufficiente” vincere il campionato, oggi la vittoria è solo una delle condizioni necessarie ma non sufficienti per ambire al salto di categoria. A farne le spese, come spesso accade, sono gli ultimi arrivati, per intenderci quei club che per storia o tradizione calcistica non hanno mai avuto stadi da “categoria superiore” e che improvvisamente si ritrovano a doversi allineare ai “precetti” della Lega Calcio che non vanno tanto per il sottile.

La Team Altamura mancava dal professionismo dagli anni ’90, periodo dove gli standard richiesti erano pressoché minimali, oggi, invece, si richiede di rispettare, nell’ordine:

  • Caratteristiche specifiche del campo (dal colore dell’erba, naturale o artificiale poco conta, fino al sistema di drenaggio, per fortuna però senza richiedere se l’acqua debba essere naturale o gassata);
  • Ubicazione corretta dei cordini delle porte di gioco, comprese quelle di riserva;
  • Adeguata copertura delle panchine, con numero minimo di posti a sedere pari a 18;
  • Corretta posizione dei pannelli pubblicitari;
  • Numero minimo di 3 WC per spogliatoio, con deroga a 2 se in alternativa al terzo viene costruito un orinatoio;
  • Adeguato sistema di ricambio d’aria per ogni spogliatoio, probabilmente necessario per affrontare il cattivo odore emanato dalle maglie sudate dei giocatori;
  • Confortevoli spogliatoi per gli arbitri, dotati di almeno due docce, 1 tavolino, due sedie e un lettino per massaggi, quest’ultimo all’occorrenza buono anche per una pennichella post-partita;
  • 1 frigorifero per la stanza antidoping.

Quelle di cui sopra, tuttavia, sono solo alcune delle condizioni minime che gli impianti di calcio devono possedere. Ammetto che leggendo il sistema di licenza previsto dalla Lega ho pensato che quelli posti fossero standard adatti più a resort vacanze a cinque stelle che a campi di calcio. Il problema, tuttavia, non sono tanto le regole poste, forse anche giuste, quanto la mancanza di “clausola di salvaguardia” per quei club che essendo neopromossi, non avrebbero il tempo necessario per rendere a norma il proprio stadio. Si penalizzano i club di calcio e i suoi tifosi, le vere vittime, e non i potenziali responsabili, cioè la politica locale che comunque a parziale discolpa non potrebbe mai avviare dei lavori su un evento incerto come la promozione in una categoria superiore. In conclusione, sarebbe stato plausibile prevedere delle deroghe per chi, come la Team Altamura, si affaccia sul palcoscenico del calcio professionistico dopo quasi trent’anni vissuti a calcare campi di Promozione o Eccellenza.

In questo frastuono di paletti imposti, la Team Altamura ha dovuto prima pretendere che l’amministrazione comunale avviasse d’urgenza i lavori di adeguamento al proprio stadio, che pur essendo urgenti sono comunque partiti con un mese di ritardo rispetto a quanto inizialmente previsto, e poi sondare la disponibilità ad essere ospitati, optando, a poche ore dall’invio ultimo del fascicolo per l’iscrizione alla serie C, per il San Nicola di Bari.

A pagarne le spese sono alla fine sempre i tifosi, prima in qualità di contribuenti, dovendosi accollare i costi per rifare il look al proprio stadio, poi nelle vesti di sostenitori dovendo sopportare sforzi aggiuntivi per seguire la propria squadra (Altamura, infatti, pur essendo in provincia di Bari, dista dal capoluogo pugliese 45 Km). I tifosi altamurani hanno deciso di presenziare comunque nello stadio del capoluogo senza però alcun vessillo ufficiale dei propri gruppi, ma portando l’unico striscione: “Rivogliamo il nostro stadio”.

Quest’oggi, nonostante le tre sconfitte consecutive, il popolo biancorosso risponde presente, portando a Bari circa 2.500 mila spettatori. Chissà però quanti sarebbero stati se si fosse giocato ad Altamura e soprattutto chissà che tipo di impatto avrebbe avuto il sostegno dei tifosi, incitamento che per forza di cose viene penalizzato dalle dimensioni del San Nicola: l’impianto progettato da Renzo Piano, infatti, potendo contenere oltre 60 mila presenze, fa sembrare davvero pochi gli spettatori odierni, riducendo di fatto l’intensità e la forza dei cori degli altamurani. Il tifo nonostante tutto è costante per tutti i novanta minuti, senza calare neanche quando al minuto 88 gli ospiti si portano in vantaggio. Gli Altamurani “in ottemperanza” ad una delle regole del movimento ultras, colorano il proprio settore con bandieroni, bandierine e sciarpe, in antitesi ad uno stile “più sobrio” che ormai sta prendendo piede in questa sottocultura dove un po’ per necessità e un po’ per moda le curve sono sempre più spoglie di vessilli.

Al triplice fischio la squadra si dirige sotto il settore occupato dagli altamurani, quest’ultimi respingono gli undici in campo, invitando i giocatori a dirigersi verso gli spogliatoi. Quella dei padroni di casa non è stata però una contestazione, ma più semplicemente una presa di posizione verso i propri calciatori che, pur non demeritando sul campo, non sono stati ancora capaci di raccogliere un punto.

Per quanto riguarda gli ospiti, il Benevento dopo il doppio scivolone dalla serie A alla Lega Pro e l’inizio stentato della passata stagione, sembra aver ritrovato la quadra, anche grazie al ritorno in panca di mister Auteri, allenatore mai dimenticato da queste parti, soprattutto per la storica promozione delle streghe in serie B. Da Benevento giungono circa 400 giallorossi, la maggior parte però entra a partita in corso. Si posizionano nella parte alta del settore ospiti, sostenendo per tutto l’arco della gara i loro ragazzi in campo che proprio allo scadere regalano una vittoria fondamentale per la classifica. Se gli altamurani si caratterizzano per l’ampio uso di vessilli, i tifosi della strega, dal canto loro, si segnalano per l’utilizzo anche di colori alternativi a quelli sociali, come il grigio o nero, utili a “spezzare” la monotonia che il solo giallorosso potrebbe regalare. Al termine della partita, quando ormai lo stadio si è svuotato, alzano al cielo il coro “libertà per gli ultras”, chiosa di una serata vittoriosa.

Testo di Michele D’Urso
Foto di Massimo Laragione