Premesso che trovo a dir poco “immorale” cominciare il campionato il 18 agosto, quando la nostra Penisola ribolle di caldo e le uniche attività consentite dovrebbero essere quelle vacanziere nelle più disparate zone di mare e montagna, colgo l’occasione per passare quattro giorni in piena e “gitana” libertà su suolo sardo. Armato di tenda e sacco a pelo mi imbarco da Piombino alla volta di Golfo Aranci, dopo aver progettato un piccolo ma sfizioso tour dell’isola. Solo con l’approssimarsi della tarda domenica pomeriggio sulla magnifica spiaggia del Poetto comincio a entrare nell’ottica di “dover” andare stadio, lasciando in realtà malvolentieri le cristalline acque del mare. Sul celebre arenile del capoluogo sono già tanti i ragazzi con maglie rossoblù, pronti all’esordio stagionale del Casteddu. La mia ultima volta a queste latitudini è un ricordo alquanto particolare: 28 marzo 2020, ultima partita vista prima delle chiusure dovute al Covid. In quel momento non potevo certo pensare che per circa due anni non avrei più messo piede in uno stadio. E dato che la cosa non evoca affatto bei ricordi, meglio rimetterla nel cassetto della memoria remota e pensare alla giornata di oggi, caratterizzata dal gran sole e dal clima estivo che già di suo rallegra il tutto.

Arrivando nel borgo Sant’Elia non si può far altro che notare ciò che resta dell’omonimo stadio, quello che per anni fu casa dei rossoblù e che nell’immaginario collettivo più rappresenta la Cagliari sportiva, forse – ormai anche per ragioni anagrafiche – anche più dell’Amsicora, dove gli isolani vinsero il loro primo e unico scudetto. La Unipol Arena, che teoricamente avrebbe dovuto sostituire in via transitoria il vecchio impianto, sembra essere attualmente la sola soluzione all’ormai annoso problema che attanaglia la città. E fa davvero impressione pensare a quanto questa struttura, realizzata praticamente tutta in acciaio, sia andata a sostituirne una in cemento armato, che probabilmente negli anni non ha mai avuto degna manutenzione. Certo, è pur vero che se le alternative si chiamano Nereo Rocco di Trieste o lo scempio della Is Arenas di Quartu Sant’Elena, sempre meglio “accontentarsi” di ciò che attualmente passa il convento. Che poi, intendiamoci, per guardare la partita la Unipol Arena non è neanche deprecabile, con le sue gradinate attaccate al campo e sicuramente più funzionali di quelle che furono del Sant’Elia. Ciò che deprime è la continua precarietà e lo scaricabarile cui si rendono protagonisti società e istituzioni in talune situazioni.

Venendo, con l’autobus, dal lato delle saline, per raggiungere la tribuna stampa devo giocoforza passare davanti alla Curva Nord. Manca un’ora e mezza al fischio d’inizio e già un discreto stuolo di ragazzi con il materiale degli Sconvolts staziona nei pressi della curva. Senza dubbio una delle cose che più incuriosisce è la celebre ritrosia a qualsiasi tipo di esposizione mediatica o contatto con l’esterno che caratterizza questo gruppo, cosa che mi fa guardare con una certa attenzione il nugolo intento a parlare e bere birre. Malgrado stiamo parlando di una delle tifoserie più “attive” e bellicose del Belpaese, sembra che a comporne le fila ci sia una buona varietà di giovani e vecchi. Non so se questo sia dovuto al grande seguito che il Cagliari ha in tutta l’isola o a un ricambio che anche nel capoluogo – come in altre parti d’Italia – si è manifestato con numeri e veemenza importanti. O a entrambe le componenti. Certamente, come detto, è sempre complicato entrare nel modus vivendi delle tifoserie sarde, un riflesso estendibile anche ad altre vicende che si svolgono sull’isola. Parliamo di un posto dalle tradizioni antichissime e radicate, difese e tramandate anche grazie alla distanza dal “continente”. E fatte proprie dal nord al sud di questa regione, che probabilmente è “l’isola” per antonomasia. Mi permetto di dire ciò perché, se si pensa alla Sicilia, c’è da tener presente la manciata di chilometri che la dividono dalla Calabria, fatto che ha influito anche sui contatti con la terraferma e ha portato, logicamente, anche a una diversa predisposizione mentale verso l’esterno. Per certi versi più malleabile. Poi è chiaro che noi dovremmo scernere l’immaginario che abbiamo del nostro territorio, troppo spesso incentrato sui tratti costieri, quelli più battuti e cari al turismo. L’anima va cercata dove ancora arde e quindi, sovente, nelle zone interne. Sulle montagne, nelle vallate, lontano dai grandi luoghi commerciali, risucchiati dalla globalizzazione. In posti dove il dialetto è rimasto indenne ai mutamenti del tempo.

Tornando all’esordio della Serie A 2024/2025: i 415 biglietti del settore ospiti vanno via in pochi minuti, anche grazie ai tanti tifosi romanisti presenti sull’isola per motivi di vacanza. Questa trasferta in agosto non è mai il massimo della comodità, soprattutto per il portafoglio, con aerei e traghetti a prezzi esorbitanti. Il mio itinerario (andata Piombino-Golfo Aranci, ritorno Porto Torres-Civitavecchia), infatti, non è soltanto dettato dalla curiosità di vedere diversi luoghi, ma anche dalla possibilità di risparmiare qualcosa. Quando faccio il mio ingresso sulle gradinate, manca un’oretta al fischio d’inizio. Alla mia destra, in uno spicchietto, c’è una sorta di “settorino” denominato Curva Futura, dove dietro a diversi striscioni del tipo “Tifo amicizia” e “Tifo positivo” si assiepano dei ragazzini. Non voglio risultare sgradevole, ormai ho fatto il callo a tutta una serie di atteggiamenti ipocriti che da anni sono tracimati dal vivere comune sin dentro gli stadi, ma davvero mi fa sorridere pensare a quanto si voglia distorcere la natura di “povere creature”, catechizzandole e strumentalizzandole anche in un luogo che dovrebbe essere libero come lo stadio. Non dico certo che i bambini vadano instradati agli incidenti, ma voglio ancora conoscere un ragazzino che, di suo, andando allo stadio non è portato a fare tifo “contro”. Perché gli spalti – vi piaccia o no – sono contrapposizione e il giorno che diverranno riserve per nerd ed educande immagino che faranno schifo anche a chi ha queste pensate. Diciamo che, in genere, c’è un modo molto particolare di concepire sportività, agonismo, tifo e rivalità. Chi frequenta gli stadi ma anche chi fa sport quotidianamente, sa bene che queste componenti da sempre marciano su binari che si incrociano e malgrado la facciata, nella maggior parte dei casi riescono a conciliare proprio quei buoni sentimenti che qualcuno vorrebbe canalizzare in modo forzoso, quasi propagandistico. A dimostrazione di quanto dico ci sono gli ineccepibili bimbi dello Juventus Stadium che, qualche anno fa, furono piazzati in Curva Scirea per sostituire i cattivoni ultras, squalificati. I loro insulti a ogni rimessa del portiere dell’Udinese (comportamento che costò 5.000 Euro di multa al club bianconero, sic!) la dicono lunga sul fallimento di simili esperimenti! Oggi, invece, c’è anche un’estemporanea litigata tra un tifoso romanista e uno cagliaritano proprio nella tribuna coperta. Motivo del contendere? Le offese ai giocatori avversari da parte di quest’ultimo. Proprio nel settore dove – sempre a sentire i detentori del Galateo calcistico – siederebbero i supporter più calmi, educati e rispettosi.

Chiusa questa parentesi, passiamo al “campo” e agli spalti. Quelli più veraci e genuini. Poco prima che le due squadre entrino in campo, nel settore degli Sconvolts viene esposto uno striscione per Giuseppe Cozzolino, storica figura della Olbia ultras, recentemente scomparso. Un messaggio che conferma gli ottimi rapporti che da sempre intercorrono tra le due tifoserie, mentre nel settore ospiti fa la propria apparizione il nuovo striscione che da quest’anno rappresenterà gli ultras romanisti in trasferta. Un pezzo di stoffa rosso pompeiano su cui è impressa la scritta Curva Sud, in giallo ocra. Al centro la Lupa Capitolina, millenario simbolo dell’Urbe Eterna. Una scelta che non può passare inosservata a tutti gli appassionati curvaioli, sebbene per certi versi “annunciata” dallo stendardo con la Lupa che nello scorso anno ha racchiuso quasi tutti i gruppi lontano dall’Olimpico, e che affonda le proprie radici in diverse motivazioni. Di primo acchito, certamente, si potrebbe dire che suoni quasi come anti-storica per una tifoseria che si è sempre mossa dietro numerose pezze, a rappresentanza delle tante anime che la costituiscono. Una scelta che, però, ha il palese obiettivo di rimettere l’unità e il bene della curva davanti a tutto. Personalmente non ho mai amato le sigle uniche, con i nomi dei settori o della squadra; paradossalmente – tuttavia – mi rendo conto che in un periodo storico come questo, sulla scorta degli ultimi anni, gli ultras capitolini abbiano vitale necessità di compattarsi per riprendere un certo tipo di percorso ed evitare qualsiasi genere di sciacallaggio proveniente dall’esterno. Quella di Roma, si sa, è una piazza particolare, dove è sempre stato difficile portare avanti discorsi unitari, al netto di un potenziale a dir poco astronomico. Pertanto direi che la decisione presa dai gruppi giallorossi ha motivazioni e natura ben differenti da tanti altri progetti che “nominalmente” possono sembrare simili. Di sicuro è molto lontana da quelli più celebri, che hanno altresì ricalcato gli ultimi anni di vita curvaiola di alcune piazze. Come sempre sarà il tempo a dare le sue risposte e a dirci se la direzione intrapresa sia giusta.

Al cospetto di una partita scialba, che finirà sugli almanacchi con un anonimo 0-0, le due tifoserie si fronteggiano per tutti i novanta minuti. Guardando alla Curva Nord, come sempre, ciò che risalta è “l’austerità” degli ultras isolani. Un modo di essere che ormai da anni rifiuta qualsiasi genere di collaborazione o autorizzazione, facendo sì che l’unico strumento di tifo presente sia un megafono ed escludendo, dunque, l’esposizione di quasi tutti i vessilli degli Sconvolts, cominciando dal bellissimo striscione casalingo, che di tanto in tanto fa la sua apparizione nella amichevoli internazionali dei sardi. Da parte loro tanti cori secchi, a rispondere e manate. Nel settore ospiti il tifo si mantiene su buoni livelli per tutta la partita, con un paio di cori retrò ritirati fuori e lentamente eseguiti da tutti. La logistica della trasferta non permette grande presenza di bandiere e soprattutto di bandieroni, quindi sotto questo punto di vista anche i romanisti risultano sostanzialmente “asciutti”. Tra le due fazioni non esiste una conclamata rivalità e il massimo del confronto si riduce a un paio di “vaffa” eseguiti dai sostenitori del Casteddu. Le squadre si portano sotto i rispettivi settori, mentre il resto del pubblico comincia a defluire. Osservo gli ultimi momenti di questa serata, prima di lasciare anche io alle spalle la Unipol Arena. Il primo atto di questa stagione è andato, anche se mentalmente faccio ancora fatica a pensare che il pallone abbia ricominciato a rotolare e da qui a qualche settimana mi ritroverò nuovamente immerso in campi, spalti e tifo. Anche se irrazionalmente tutto ciò comincia a mancarmi e, in fondo, sia contento di essere ai nastri di partenza, dentro di me avverto ancora la necessità di vivere gli ultimi scampoli d’estate. Che mai e poi mai potranno far rima con tutto quello che riguarda ultras e calcio.

Simone Meloni