Era finita con un corteo nel 2018 e ricomincia con un corteo la ritrovata Serie B del Cesena. All’epoca fu la forza della disperazione a muovere quella folla dallo stadio fino al Palazzo Comunale: l’AC Cesena non era ancora morto, ma le speranze non erano oggettivamente tante. In realtà in campo il Cesena s’era addirittura salvato, ad onta di ogni pronostico, grazie anche alla caparbietà di mister Castori e dei suoi ragazzi, che dopo la storica promozione in B nel playoff del 2004 a Lumezzane, era riuscito in un’altra grande impresa, mentre intorno tutto già scricchiolava paurosamente.

Certo, anche le istituzioni sportive ci misero del loro: giusto tre anni prima, davanti all’ennesimo crac finanziario, tutti avevano assicurato che non ci sarebbe stato “Mai più un altro caso Parma!” (cit. Tavecchio); invece con il loro solito familismo miope, dapprima chiusero tutti e due gli occhi di fronte alla pratica malsana delle plusvalenze fittizie, che ancora oggi prosegue nell’indifferenza generale, poi comminarono 15 punti di penalizzazione ai Romagnoli (e solo 3 al Chievo con cui erano in concorso), da scontare però nella stagione successiva; infine, a fallimento ormai prossimo, per simulare una poco credibile inflessibilità, attualizzarono la penalità retrocedendoli in una Serie C che non disputarono mai, visto che ripartirono dalla Serie D come Cesena FC (inizialmente Romagna Centro Cesena, in quanto acquisirono il titolo proprio del Romagna Centro, piccola compagine della periferia cittadina che militava appunto in D). Per il Chievo? Spallucce! E pazienza se tre anni dopo fallirà a sua volta, anche se a monte controlli veri e regole ferme avrebbero potuto evitare ai loro e tanti altri tifosi certi dispiaceri. D’altro canto basta vedere l’approccio connivente verso gli amici e gli amici degli amici su acquisizioni facili di sodalizi in crisi, squadre B, ripescaggi, multiproprietà e conflitti di interessi d’ogni sorta per capire quale sia il vero cancro del calcio, di fronte al quale gli ultras o la pirateria si ridimensionerebbero a mero capro espiatorio quali effettivamente sono.

Non è nemmeno il caso di rivangare le colpe di Giorgio Lugaresi che hanno dilapidato il patrimonio ereditato da suo zio Dino Manuzzi prima e da suo padre Edmeo dopo, con la nefasta partecipazione di Igor Campedelli. La Romagna bianconera questa volta è in festa e c’è del forte simbolismo in questa sorta di approccio (quasi) inverso con cui i tifosi hanno marciato verso lo stadio con a capo lo striscione “Siamo tornati”, accompagnato da bandiere, tamburi, cori e pirotecnica. Atmosfera che permane e pervade le vie attigue della Curva Mare, dove bicchieri di birra e piadine scandiscono il passare del tempo. Sullo sfondo il botteghino avvisa della “Curva esaurita fino a fine stagione”: tutti venduti in abbonamento i posti del settore popolare del tifo, anche se durante la partita si vedrà qualche antiestetico vuoto; se dovuto a ragioni di sicurezza oppure a qualche assenza nel periodo vacanziero, lo scopriremo prossimamente. Sono finora 7.713 le tessere sottoscritte, migliorando le 6.535 dell’anno scorso, com’era facile prevedere dopo la promozione; dato oltretutto in divenire, considerando che la campagna resterà aperta fino alla prossima in casa contro il Catanzaro.

All’interno, mentre WSB e soci sono già con le insegne al proprio posto e quasi al completo, nel settore ospiti ancora non si vedono gli striscioni della Nord carrarese, anche se una presenza abbastanza folta assiepa già la parte inferiore della Curva Ferrovia. Approssimandosi al calcio d’inizio, in tanti si accalcano verso l’esterno del settore: i timori di un qualche problema agli ingressi per materiale non gradito o chissà cos’altro, vengono diradati quando si vedono spuntare tamburi, tifosi e gestacci dall’anello superiore, dove pian piano si spostano tutti i circa cinquecento giallo-azzurri. Molto meglio così, considerando come il settore inferiore impatti in maniera negativa sul tifo.

Molto veemente il loro inizio con gli sfottò che si ripetono, amorevolmente ricambiati dai dirimpettai. Poche pezze di piccole dimensioni, disposte tra l’altro in maniera asimmetrica rispetto al gruppo, una esplicitamente dedicata a Lauro Perini, l’altra recante sempre il suo nome unitamente a quello della curva mentre, fra tutte, la più bella è senza dubbio quella raffigurante Andy Capp, il personaggio dei fumetti nato dal genio di Reg Smythe, che si vede più in grande nel bandierone che sventolerà ininterrottamente per tutto il match. Particolare soprattutto per la forma, anche l’altra bandiera “Ultras” con l’indiano, stretta e lunga. Assieme ad un bandierone con lo storico simbolo della ruota firmato “Curva Nord Lauro Perini”, fornirà una piacevole nota cromatica restando alto al cielo per tutti i novanta minuti.

Ora, detto onestamente, io non sono un grande amante dello stile dei carraresi, della loro impronta anarchica e anche il loro tifo, in genere, non mi ha mai fatto impazzire, eppure devo ammettere che per la seconda stagione consecutiva mi smentiranno abbondantemente, risultando addirittura migliori della già positiva prova dello scorso campionato di Serie C. Non saranno clamorosi i numeri ma sono sicuramente degni; il gruppo centrale, poi, si compatta molto bene, riuscendo a trovare partecipazione ampia e pure appassionata da gran parte dei presenti. Chiamatelo “effetto Serie B”, una Serie B ritrovata dopo ben 76 anni, quindi in grado di generare un entusiasmo più che comprensibile; il loro sostegno, però, è continuo e positivo, quindi c’è davvero poco altro da dire o da obiettare.

Neppure quando, all’ottavo, il Cesena si porta subito in vantaggio con il solito Christian Shpendi, il loro tifo viene meno, né in potenza e nemmeno in continuità. Il calo si percepisce invece al ventiquattresimo, quando viene assegnato e segnato un rigore sempre da Shpendi, ma i carraresi hanno il merito di tenere accesa la fiammella, insistendo con ostinazione sullo stesso coro, in modo da chiudere la prima frazione complessivamente in positivo.

Ottimo invece il colpo d’occhio nella Curva Mare e nel resto dello stadio. Sono 11.382 le presenze complessive, come comunicato dall’ufficio stampa del Cesena a fine primo tempo. Un primo tempo iniziato, come da tradizione, sulle note di “Romagna Capitale” con l’immancabile sciarpata a fare da sfondo. Quando i ventidue protagonisti della sfida scendono in campo, si resta anche qui nel classico, con bandiere, bandieroni e due aste a colorare il cielo assieme alle volute di fumo di qualche fumogeno sporadico. Bene, molto bene, devo dire, il tifo propriamente detto: posso sembrare, talvolta, eccessivamente severo nei confronti dei cesenati, ma la verità è che sono invece troppo esigente, perché il loro livello è davvero molto alto; lo confermano appieno nella prima fase di gara, in cui tanta è la potenza, buona la continuità e soprattutto molto estesa la partecipazione. Il loro limite tante volte è stato proprio questo: si notava un bel nugolo di gente alzare le mani e partecipare al di sopra dello striscione di questo o quel gruppo, poi un poco edificante vuoto fra loro e il resto del pubblico o, ancora di più, con il primo anello. Questa volta, invece, dalla zona delle Menti Perdute fino agli Sconvolts si può dire ci sia un (quasi) unico, indistinto blocco, mentre come al solito gli Screwies sono quelli più attivi in basso; a proposito di attivismo, merita una menzione d’onore Gioventù Bellariese (dal noto centro balneare che diede già i natali ai più noti e ostici Mad Men, attualmente raccolti dietro la pezza del compianto Gagio), i quali, al pari del passato campionato vittorioso in C, continuano a farsi vedere sempre in movimento con il loro bandierone e partecipi con battimani e torce.

Complice anche l’andamento della gara in campo, con uno Shpendi come detto sugli scudi, il primo tempo cesenate è senza dubbio positivo e all’altezza della categoria. Questo è il loro posto, davvero in C sembravano come un elefante in un negozio di cristalli. Avrebbero anzi tutto il potenziale per guardare ambiziosamente più in là, come la loro squadra ha permesso spesso loro di fare, “come a Magdeburgo nel ’76”, parafrasando un loro coro cantato quest’oggi, allusione alla storica partecipazione alla Coppa UEFA. Poi, però, arriva il secondo tempo ed evidenzia i soliti limiti.

La ripresa, infatti, comincia al piccolo trotto, mostrando un certo appagamento per il risultato ed un conseguente calo di tensione e adrenalina. Intendiamoci, i cesenati non smettono mai di cantare, la continuità è indiscutibile, il livello dei cori però vive di ondate, di “strappi”. Ci pensa la rete dell’argentino Schiavi ad accorciare le distanze, rimettere in discussione la gara e riaccendere gli animi. Molto belle le manate dei padroni di casa, che con ritrovato vigore chiamano la squadra a un maggiore impegno onde evitare il definitivo ritorno avversario. Il “Cesena mio unico amore” suona la carica anche al resto della Curva, che come la squadra in campo dà fondo a tutte le sue energie nell’ultimo quarto d’ora, realizzando un’ultima parte di gara sicuramente superiore e più degna del loro nome.

Una rondine non farà primavera ma la squadra di mister Mignani, dopo le vittorie in Coppa Italia contro Padova in casa e Verona al Bentegodi, sembra aver fatto quello scatto di maturità tale da scacciare i fantasmi del recente passato e resistere al forcing avversario, mettendo i primi tre preziosissimi punti in cascina. Non è stato semplice attuare una mini-rivoluzione di una squadra che ha asfaltato la scorsa Serie C, c’è voluto un certo coraggio nel mettere alla porta il tecnico e alcuni uomini chiave di quell’impresa. In fondo non è nemmeno questo lo spazio giusto per parlare di questioni tecniche, ma sicuramente, dopo il lungo calvario per tornare da dove s’era perso tutto, i tifosi meritano che non tali scelte siano quelle giuste e che non ci siano intoppi di sorta.

Il triplice fischio finale dà il la alla festa, con la squadra che – prima di tornare negli spogliatoi – rinnova il rito del “Romagna mia” sotto la Curva e con la Curva. In questa notte più di luna piena che “stellata stellata” i buoni auspici ci sono stati e si sono visti tutti, in campo e sugli spalti. Non resta che aspettare e sperare che i sogni traditi possano essere in qualche modo finalmente risarciti.

Infine, concludendo con il secondo tempo dei carraresi, anche loro seguono un po’ lo stesso canovaccio della fase finale della prima frazione, accompagnato da un tifo sì continuo ma non più ugualmente carico come all’inizio. La rete del 2-1 al 55′ ha invece l’effetto di un balsamo sulle loro corde vocali: ritrovano volume, non perdono mai continuità ma è solo qualche particolare acuto a farli tornare alla ribalta, come quando – intorno al 65′ – insistono sullo stesso coro accompagnato da battimani facendosi particolarmente apprezzare. Chiudono applaudendo la squadra e scambiandosi ultimi improperi con i locali, ai quali si accodano reinterpretando il “Romagna mia” finale in chiave offensiva. Al primo tempo notevole fanno da contraltare i secondi quarantacinque più regolari, in una prestazione che complessivamente resta comunque positiva. Per fortuna questo incontro fra due neopromosse in B esula dalla retorica prezzolata dei media, che pompano “miracoli sportivi” in stadi semivuoti e per lo più silenti. Carrara come Cesena hanno pienamente meritato in questo impegnativo scenario della cadetteria.

Matteo Falcone