Partiamo da una notizia che dovrebbe essere scontata ma che negli ultimi tempi sembra sempre più l’eccezione: trasferta aperta ai tifosi ospiti (con il limite di trecento biglietti) malgrado la rivalità, sebbene l’acquisto dei biglietti sia consentito ai soli possessori della famigerata – nonché rinata – tessera del tifoso. Quello strumento che qualche prode ministro anni fa spacciò come indispensabile per partecipare a tutte le trasferte, anche quelle più a rischio, salvo poi venire smentito dalla realtà dei fatti. Quella che ormai parla della maggior parte dei settori ospiti chiusi anche in caso di lieve inimicizia tra le due fazioni, in chiaro ossequio a chissà quale direttiva nazionale con la quale ci si è premurati di dare una stretta ai viaggi dei tifosi, in modo da arrivare tra qualche anno a un numero prossimo allo zero degli stessi – almeno dalla C in giù – e potersi finalmente fregiare di aver risolto la “piaga ultras”. Pertanto vale la pena godersi queste ultime briciole e dare importanza anche a match che qualche anno fa rientravano nell’ordinaria amministrazione sull’asse rivalità/amicizie/indifferenza. Nella fattispecie, poi, lo scorso anno agli irpini era stata vietata la presenza allo Scida per “punizione” dopo alcune intemperanze registrate a Benevento.
Dopo una bella mattinata di mare sulla costa jonica, grazie a un ottobre che da queste parti sa ancora d’estate, posso avviarmi verso la città pitagorica e arrivare nei pressi dello stadio quando manca poco più di un’ora al fischio d’inizio. Il pool di menti eccelse che amministra la Serie C e stringe accordi con piattaforme e televisioni, ha fatto sì che questo incontro si giocasse in un “succulento” lunedì sera alle 20:30. Perché, come dicono loro, il “calcio è della gente”. Infatti è così tanto della gente che per ragazzi e ragazze costretti a macinare oltre ottocento chilometri in una giornata lavorativa dev’essere proprio un’esperienza popolare e a misura d’uomo. Se ci fermassimo a ragionare, tralasciando un discorso che lambisce fede, militanza e orgoglio per la propria terra, l’unica soluzione davvero ponderata sarebbe lasciarli giocare un campionato a stadi completamente vuoti. Sarebbe curioso vedere come porterebbero avanti un’eventuale “sostituzione” in una categoria come la terza serie, con partite dal dubbio livello tecnico ed esiti dei tornei che spesso rasentano il ridicolo. Ma i conti sono presto fatti: togliete dagli attuali stadi dei tre gironi le curve e la componente del tifo organizzato e probabilmente avrete una somma di pubblico che non arriva neanche a quella che il campionato di baseball (con tutto il rispetto) totalizza in un anno. Questo però i “padroni del vapore”, intenti spesso a condannare un paio di torce finite in campo o un coro politicamente scorretto, evitano ovviamente di sottolinearlo. Costoro preferisco spesso fare campagne pubblicitarie dove torce, fumogeni e striscioni sono in primo piano. Perché, sì sa, a livello di impatto visivo gli ultras fanno comodo, anche se utilizzando certi loro comportanti stanno in teoria facendo apologia di quello che per loro è un reato (sic!).
Venendo alla sfida di questa sera, i presenti sono 4.083, di cui 193 provenienti dalla Campania. Le due squadre stanno passando momenti tutt’altro che rosei, con l’Avellino che ancora deve conquistare la sua prima vittoria in campionato. Dicevamo della rivalità fra rossoblù e biancoverdi. Un’antipatia che parte da lontano, snodandosi anche attorno alle rispettive amicizie (su tutte Catania per i calabresi e Messina per gli avellinesi) e di conseguenza rivalità. Tra le fila campane è passata certamente alla storia la trasferta della stagione 2002/2003, quando oltre 10.000 supporter del Lupo seguirono la squadra nella sfida decisiva per la promozione in B, che al termine arrivò grazie a un gol di Salvatore Marra. Altro calcio e altra epoca geologica per il tifo, certamente: malgrado siano passati “soltanto” ventuno anni, quel modo libero ed esuberante di poter seguire i propri colori per lo Stivale sembra essere lontano almeno mezzo secolo. Come detto già in occasione della sfida contro il Messina, la conformazione del “nuovo” Scida, con l’aggiunta di ulteriori sedute in curva e nella tribuna coperta per l’approdo in Serie A, ha reso questo impianto apparentemente dispersivo, tanto che il numero tutto sommato buono portato dal pubblico di casa, a prima vista sembra essere inferiore a causa della dispersività di cui sopra.
Anche quest’oggi la Curva Sud espone tutto il suo materiale al contrario, in segno di protesta per la valanga di diffide piovute recentemente per la contestazione perpetrata alla squadra in quel di Picerno, sul finire della passata stagione. Capovolta è anche la celebre frase “Se mai qualcuno capirà, sarà senz’altro un altro come me”, cantata da Rino Gaetano nella sua “Ad esempio a me piace il Sud”. E proprio sulle note di “Ma il cielo è sempre più blu” – una delle hit del cantante crotonese – le due squadre scendono in campo, con tutti i presenti che cantano, seguendo gli altoparlanti. Alla mia sinistra anche stasera sono presenti i ragazzi ex Gioventù Pitagorica/Assenze Arbitrarie, tornati da qualche tempo in Gradinata, mentre quando la partita inizia degli ultras avellinesi ancora non v’è traccia. Ovviamente, pure qua, sta andando in scena l’altro atteggiamento ormai consolidato nella maggior parte dei nostri stadi: perquisizioni millimetriche, riprese videocamera alla mano e ingresso posticipato malgrado si siano pagati biglietti per assistere all’incontro per intero. Nessuno mette un dubbio la prevenzione, ma visto come vanno poi talvolta le cose, viene il dubbio che più che di essa, si tratti di repressione al limite del gratuito. Il segnale è chiaro e forte: “Anche se vi apriamo la trasferta, non vi ci vogliamo e facciamo di tutto per scoraggiarvi!”. Ormai penso lo abbiano capito anche i muri.
Gli ultras presenti in Sud cantano seguendo il ritmo del tamburo e i dettami dei lanciacori posizionati sul palchetto posto in zona centrale. Volendo fare un appunto: vista la conformazione del settore – lungo e alto – forse sarebbe meglio disporsi maggiormente nella zona centrale, formando una sorta di quadrato e dando più compattezza al tifo. Questo è chiaramente un mio parere strettamente personale, che non tiene conto di eventuali dinamiche o motivi per i quali la disposizione del tifo organizzato rossoblù avviene in questa maniera. Dietro di me i ragazzi della gradinata si danno da fare, cantando per tutto il tempo e scandendo diversi cori per il movimento ultras e in favore dei diffidati. Quando il cronometro segna il 20′, ecco lentamente arrivare gli ultras biancoverdi. Dopo essersi radunati all’inizio della scala che porta al settore ospiti, gli avellinesi entrano tutti insieme, beccandosi con il pubblico di casa che ovviamente fischia e inveisce nei loro confronti. “Salutate la Magna Grecia” è il coro forte e chiaro eseguito dalla Sud, a ricordare il glorioso passato cittadino.
Dopo aver sistemato la pezza e spiegato tutti i consueti bandieroni, gli irpini cominciano a macinare tifo. Sono dell’idea che da un punto di vista estetico, i biancoverdi siano nettamente migliorati con pezze e bandiere, almeno rispetto a quando portavano il lungo striscione con il nome della città. Inoltre tanti ragazzi sembrano esser entrati appieno nelle dinamiche curvaiole, gestendo anche il megafono sotto la “supervisione” dei più grandi. I dissapori e gli insuccessi sportivi, paradossalmente, hanno contribuito a fortificare lo zoccolo ultras, che oggi agisce in modo granitico e positivamente automatizzato. Quella che ne viene fuori è una gran bella performance di tifo, come sempre caratterizzata da tanto colore, un buon utilizzo della pirotecnica, manate e cori tenuti a lungo. In campo i ragazzi di Biancolino vanno in vantaggio sul finire del primo tempo, dilagando poi nella ripresa e imponendosi con un roboante 0-4. Primi tre punti in trasferta del torneo a coronare una serata più che ottima per quanto riguarda il settore ospiti. Sempre molto bello, comunque, assistere allo scambio di invettive tra le due fazioni, proprio quello che qualcuno ormai vorrebbe evitare anche sotto forma verbale. Lo sfottò, magari anche un po’ ruvido, è diventato materia per educande o per isterici scribacchini da quattro soldi, che ne enfatizzano un valore violento che nella maggior parte di casi vedono e percepiscono solo loro. In effetti, a pensarci bene, il modo di intendere lo stadio da parte degli ultras è totalmente fuori luogo rispetto a una società che apparentemente vorrebbe dirsi civile e rispettosa, ma che nei suoi contenuti mal cela una povertà disarmante!
Al triplice fischio ci sono fischi per un Crotone stasera disastroso, mentre gli uomini in maglia verde vanno a raccogliere il plauso della propria gente, mostrando una maglia per Raffaele, sfortunato ragazzo che prima della gara con il Foggia è stato protagonista di un violento incidente stradale proprio nei pressi del Partenio, finendo in terapia intensiva e venendo estubato solo nei giorni scorsi. Per lui la Sud era rimasta spoglia e silente durante la gara contro i Satanelli. Dopo gli ultimi screzi verbali e le ultime torce accese nel settore ospiti, anche io posso cominciare ad avviarmi verso l’uscita. Sono le 23 e il termometro segna ancora 22 gradi, tanto è vero che sono costretto a riporre la mia giacca e rimanere a maniche corte. La serata è così bella che mi concedo qualche minuto sulla spiaggia per osservare il firmamento e divertirmi a individuare quelle poche costellazioni di cui ho reminiscenza dalle scuole superiori, nonché i sempre individuabili Giove e Marte. Dopodiché posso solo seguire i “consigli” di Morfeo e gettarmi tra le sue braccia, quantomeno per avere energie a sufficienza l’indomani, ancora nel bel mezzo della Calabria e del suo mai banale territorio.
Simone Meloni