Il primo step da superare, in questo sabato di metà settembre, è arrivare a destinazione. Chi viaggia su rotaia sa bene quanto passare da una costa all’altra della Calabria sia cosa tutt’altro che veloce e agevole. Per carità, per me che amo situazioni estreme, sicuramente il regionale Lamezia-Catanzaro Lido e quello che, percorrendo l’anacronistica linea jonica, mi dovrebbe portare a Crotone sono senza dubbio uno stimolo in più per viaggiare. Quindi non mi lamento degli elevati tempi di percorrenza e mi godo il panorama, che dapprima taglia in due la provincia catanzarese e poi mi porta a pochi chilometri dal mare, penetrando in quella crotonese. Sono stato già due volte allo Scida, ma stavolta è diverso. Allora si trattava di due partite di massima divisione, con città e tifoseria che erano novelle per la categoria, traboccando ovviamente di entusiasmo e riempiendo le gradinate in ogni ordine di posto. Oggi che i rossoblù sono tornati in Serie C, so che al loro posto troverò quelli che da sempre vanno al di là del risultato sportivo e mettono la sciarpa al collo a prescindere. Dal mio punto di vista – quello di uno che non ama particolarmente il carro dei vincitori – è senza dubbio più interessante questa partita. Anche perché di fronte ci sarà una tifoseria, quella messinese, a dir poco navigata, oltre che martoriata dalle sfortune societarie e da un andamento calcistico che ormai da quasi vent’anni tiene i peloritani incollati alla mediocrità. Mettiamoci poi che tra le due fazioni esiste una rivalità di vecchia data e gli ingredienti per un pomeriggio interessante ci sono tutti.

Si gioca di sabato alle 18. Uno dei tanti orari strampalati imposti da una Lega ormai schiava delle televisioni, esattamente come le sorelle maggiori di A e B. Con l’aggravante che tutta questa folle modulazione infrasettimanale delle partite in funzione delle dirette, non trova minimamente riscontro presso i fruitori calciofili. Del resto, se già vedere una partita di massima serie è spesso uno scempio dal punto di vista tecnico, chi può interessarsi a sfide sovente oscene, in campionati che offrono davvero pochi spunti anche sotto il profilo della competitività. Non me ne voglia nessuno, ma guardando il Girone A, per esempio, e togliendo quelle poche piazze storiche e passionali, chi può provare interesse in match che anni fa avremmo tranquillamente incasellato in qualche sperduto girone dell’Eccellenza? Non so se qualcuno ha davvero una risposta alla sequela di scelte illogiche che vengono prese, ma sicuramente a rimetterci sono sempre e solo i tifosi. Che soprattutto in queste categorie dovrebbero essere portati sul palmo di mano e trattati con i guanti, essendo gli unici, veri, fruitori fedeli del “prodotto”. Ma a giudicare da quanto sopra non solo si fa finta di non saperlo, ma si fa di tutto per evitarne l’afflusso allo stadio. Perché voglio rifiutarmi di credere che leghe e federazioni non sappiano che di sabato, lunedì, martedì o mercoledì la gente può, al limite, anche lavorare (sic!).

Siccome piove sempre sul bagnato, finita la polemica sulla Serie C galoppina delle televisioni, quest’oggi va sottolineata l’ondata repressiva che qualche giorno prima ha colpito la Curva Sud, con una pioggia di Daspo sulla testa di diversi ragazzi, colpevoli di aver contestato la squadra in maniera troppo veemente lo scorso anno a Picerno. Ci sarebbe da ridere, se il fatto non facesse inorridire. Ricordandoci ancora una volta come questa guerra senza confini intrapresa nei confronti di qualsiasi movimento aggregativo si serva ormai di ogni tipo di strumento. Dai più raffinati a quelli più basici. L’importante è diffidare. Diffidare, diffidare e diffidare ancora. Un sistema quasi sempre perfido e perverso, che anche dopo esser stato scontato continua con i suoi effetti inibitori e limitativi nella vita di comuni cittadini. Ormai persino la punizione per l’innocua accensione di torce e fumogeni al gol sembra esser un qualcosa di “normale” se paragonato a queste nuove frontiere draconiane. Sta di fatto che la Sud ha emanato un comunicato, informando tutta la tifoseria dell’accaduto e invitandola a non lasciare soli gli ultras. Quando si parla di realtà come Crotone, bisogna sempre pensare che non servono centinaia di Daspo per mettere a repentaglio la vita di un settore, è sufficiente un’opera oculata e lungimirante.

Venendo alla partita: gli spettatori sono 3.822, di cui un centinaio provenienti da Messina. Un numero che non è affatto negativo: parliamo di una città che conta circa sessantamila abitanti, una provincia molto piccola e soprattutto giovane (istituita solo nel 1992) e una squadra che fino alla stagione 1997/1998 non era mai andata oltre la Serie C2. E sì, anche io sono della scuola di pensiero che “si sostiene a prescindere dal risultato”, ma non neghiamocelo: i risultati e le vittorie servono eccome. Innanzitutto a creare una base di tifosi che poi tramanderà la fede di generazione in generazione. Oggi club come Ascoli, Avellino, Pisa, Catanzaro e Cesena, possono contare su un vasto numero di tifosi anche grazie agli anni della Serie A. Stagioni che peraltro si incastonavano in un periodo storico dove aggregazione, piazza e stadi erano il pane quotidiano, cosa che sicuramente oggi è ben diversa. Tuttavia la vittoria avvicina il bambino, quello magari più indifferente o il semplice scettico. E se la scintilla scatta può divenire un qualcosa di contagioso. Se si parla di numeri in trasferta, inoltre, non va affatto sottovalutata la posizione di Crotone, servita praticamente solo dalla Statale 106 che la collega a Reggio Calabria e a Taranto, e la Statale 107, che permette di connettersi con l’A2, distante oltre cento chilometri. Fattori non da poco nel computo totale del campionato. Fattori che, inoltre vanno anche letti nell’ordine di un torneo che, come già sottolineato, non nutre alcun rispetto nei confronti del tifoso in tema di orari e giorni in cui si giocano le partite.

Quando entro allo Scida avverto sempre una sensazione di dispiacere per come è stato conciato ai tempi della A. L’aggiunta pacchiana – e inutile – di ulteriori gradinate in curva e nella tribuna coperta, ha infatti peggiorato esteticamente l’impianto e, sebbene questi settori “extra” non siano agibili, sembra anche aver prodotto una dispersione del pubblico. Resta, di fondo, la totale inutilità degli stessi, in uno stadio che originariamente aveva una conformazione alquanto bella e raccolta, perfetta per il calcio se si aggiunge la recente eliminazione delle barriere. Dopo aver ritirato facilmente la pettorina, posso mettere piede sul manto erboso, notando subito lo striscione e tutte le pezze della Curva Sud rovesciate per protesta e il gruppo – ex Assenze Arbitrarie – fuoriuscito dal progetto unitario curvaiolo e tornato nuovamente nel Distinto. Quando manca proprio poco al fischio d’inizio anche i siciliani fanno il loro ingresso nel settore ospiti. Dopo i primi scambi di vedute con i padroni di casa, i messinesi appendono tutte le loro pezze, cominciando a farsi sentire. Per l’occasione la trasferta è stata limitata ai soli possessori di tessera del tifoso, stessa prescrizione adottata qualche settimana prima per la medesima partita in Coppa Italia, allorquando i giallorossi disertarono lo Scida per i soli cento biglietti concessi. Idiota decisione griffata Osservatorio molto probabilmente legata ad alcune tensioni registrate lo scorso anno nella fase di deflusso dei peloritani. Acredini che costarono loro ben quattordici diffide.

Durante il valzer delle offese vengono spesso chiamati in causa i catanesi, storicamente in buoni rapporti con i supporter pitagorici. Durante i primi 45′ sia i ragazzi in Distinti che la Curva Sud si mettono in mostra quasi esclusivamente con cori contro la repressione e per i diffidati, mentre nella ripresa si sosterrà una squadra che in campo fa la voce grande e si impone 2-0. Chiaramente, anche in una giornata di difficoltà e rabbia per la tifoseria di casa, si percepiscono le differenze tra le due entità ultras che occupano diversi settori dello stadio. Posto che essere gruppo guida non è mai facile e per forza di cose si deve trovare un forma per garantire la partecipazioni al tifo anche delle frange meno calde, è palese come i ragazzi tornati quest’anno in tribuna ricalchino appieno il discorso di militanza già intrapreso anni addietro da Gioventù Pitagorica prima e Assenze Arbitrarie poi. Per quanto riguarda il settore ospiti, i messinesi offrono la solita, continua, prova di tifo. Malgrado la gara incolore della loro squadra e il momento non certo idilliaco. Va ricordato, infatti, che i giallorossi da inizio stagione hanno deciso di non entrare al San Filippo per protestare contro il presidente Sciotto. Una contestazione che ha ancor più infervorato l’ambiente ma che ha ancora una volta ricordato quanto il patrimonio del tifo organizzato sia fondamentale per la città di Messina, che dall’ultimo anno di A in poi ha visto distruggere passo dopo passo ogni sua speranza di rinascita e rilancio. Tra società mai veramente ambiziose e uno stadio divenuto obsoleto e malvisto a pochi anni dalla sua apertura. Il dato di fatto è che gli ultras sono stati gli unici a esserci e a far sentire la loro voce.

Al fischio finale, ahimè, devo lasciare la pettorina e correre alla stazione, per non perdere l’ultimo treno di ritorno. Mentre mi affanno verso il convoglio, da lontano sento il pubblico di casa festeggiare soddisfatto, mentre tutto attorno allo stadio macchine e motorini si portano verso le zone più “in” per passare il sabato sera. Come avevo detto in fase di apertura – ed esattamente come mi aspettavo – questa esperienza crotonese è molto diversa dalle altre. Sicuramente più completa e ricca di spunti. Sicuramente più “a portata d’uomo”. Perché poi l’essenza di un posto, della sua tifoseria e delle sue sfumature, la noti quando le luci del palcoscenico si abbassa e restano i veri protagonisti di ogni commedia, di ogni film e di ogni spettacolo. Io credo che negli anni Crotone abbia comunque sviluppato un suo nocciolo ultras saldo, magari non ampio in fatto di numeri, ma radicato sul territorio e in grado di dare continuità al movimento cittadino. La difficoltà starà nel mantenere vicine allo Squalo persone al di fuori dei circuiti curvaioli, qualora a lungo termine i risultati sportivi non dovessero arrivare. Ma oggi è difficile delegare questo compito alle tifoserie organizzate, letteralmente inghiottite dalle loro faccende e, purtroppo, anche dalla continua lotta per una sopravvivenza che non è affatto scontata. Quando il regionale proveniente da Sibari arresta la sua corsa e mi fa salire, la notte è ormai padrona del cielo, tanto da non permettermi la visione degli sporadici sprazzi di mare. Il mio sabato sera passa così sulle rotaie. E la cosa grave è che ne vado anche orgoglioso!

Simone Meloni