san-siro-by-nightScrollando con fare piuttosto tediato i vari stati di amici, pagine sportive/politiche/culinarie/denunciate da Adinolfi, mi sono casualmente imbattuto in un filmato pubblicato da Selvaggia Lucarelli, penna de Il Fatto Quotidiano, opinionista, blogger e tutti i più disparati termini inventati per giustificare una sempre più evidente mania di protagonismo globale.
Raramente, forse ieri per la prima volta, mi son soffermato e ho prestato attenzione ad un post della suddetta, non per scarsa considerazione (t’ho messo il like, Selvaggia!) quanto per l’argomentazione di turno. Insomma: se non parla di calcio, che cosa lo leggo a fare?
L’occhio, difatti, si è spontaneamente e naturalmente soffermato sulle immagini delle scalinate interne agli anelli dello Stadio Giuseppe Meazza in San Siro, dimora dei due club meneghini che proprio ieri ha spento ben novanta candeline. Auguri alla Scala del calcio.
Da buon aspirante giornalista debbo descrivere con chirurgica precisione il contenuto, onde evitare di risultare partigiano nella mia personalissima filippica di stampo demosteniano. Alcuni tifosi interisti sono intenti a festeggiare la clamorosa, sofferta, insperata vittoria sui rivali dell’ultimo decennio: la Juventus.
I primi dieci secondi mostrano una piccola masnada di sostenitori che si avviano verso l’uscita dell’impianto intonando pericolosi e volgari cori verso il club bianconero (maestra, hanno detto la parola che inizia per “me” e finisce con “rda”…); quindi, ad un certo punto, la riproduzione viene appositamente rallentata per consentire l’individuazione di un signor X di camicia vestito, circondato da alcune freccette rosse a mo’ del Barrett M107A1 di uno sniper americano.
Intorno a lui alcuni scalmanati intenti ad aumentare la potenza di quei canti, mentre il signor X sembra essere interessato alla signora Lucarelli, alla quale lancia piccato alcune invettive.
Riprendere senza consenso uno sconosciuto con il cellulare e pubblicarne il contenuto su una piattaforma che genera migliaia di visualizzazioni, non dovrebbe esser lecito. Ma andiamo oltre.

Personalmente non son certo delle affermazioni del signor X, ma tendo a fidarmi del gentile racconto della blogger e quindi mi limiterò a copia/incollare il post:

Ieri sera sono andata allo stadio a vedere Inter-Juventus.
Avevo regalato due posti in tribuna al mio fidanzato juventino ed ero contenta di tornare allo stadio dopo un paio d’anni che latitavo.
Specifico che ero contenta nonostante sia genoana e il calcio mi interessi quanto il reparto sifoni di Bricofer. In tribuna rossa il tifo era composto soprattutto da interisti mescolati a non molti juventini con aria scornata.
Il clima era tranquillo anche se io, giuro, faccio fatica ad accettare che nel 2016 ci sia ancora gente che dalla curva fa “Uh uh uh uh” ogni volta che un Asamoah qualunque tocca palla.
La partita è finita 2-1 per l’Inter, lo stadio era in festa e mentre scendevo dalla torre della mia tribuna (torre che si affacciava alle rampe della curva) ho assistito ad uno spettacolo pietoso. Lo so che sarà la prassi, lo so che ora direte “Eh, capirai che novità”, però sì, per me in un certo senso è una novità perché ad oggi non mi era mai capitato. I tifosi della curva, quelli che avevano solo da festeggiare e tornare a casa, hanno cominciato a inveire contro di noi che scendevamo dall’area della tribuna. Noi, per la cronaca, eravamo qualunque cosa: interisti, juventini, donne, bambini, turisti che erano a vedere la partita, gente a cui piace il calcio e basta, genoane a cui non frega un cazzo del calcio come me. Per tutta la discesa dalle scale ho visto tifosi urlarci di tutto, prendersela verbalmente con un bambino in compagnia del papà e con la maglia della Juve, mostrarci sciarpe con scritto “Juve ti odio”, “Juve merda” e così via. Allora ho preso il telefonino e ho ripreso lo spettacolo deprimente. Nel video che posto qui potete ammirare un tifoso che mi urla “puttana” e “‘sta troia” con la bava alla bocca. Tra l’altro pure sulla fiducia, anche perché non conosceva né la mia vita sessuale né la mia fede calcistica che tutto sommato poteva pure essere la sua. Ecco. Quando mi date della femminista 2.0, riguardatevi questo video, riguardatevi la faccia del tizio e ditemi se noi donne dobbiamo difenderci da questi uomini di merda o dobbiamo accettare l’idea di sentirci dare delle troie per ogni pensiero postato qui o per aver passato due ore allo stadio. Ripeto, per quel che mi riguarda, nessuna pietà.
p.s.
Il tifoso era interista ma so bene che quella categoria di tifosi è assolutamente trasversale e mi sarebbe potuto capitare ovunque, da nord a sud. Purtroppo”.

Mi preme ordunque precisare alcuni passaggi, cercando di analizzare diversi fenomeni legati a mera ignoranza. Sia nel suo significato ancestrale, ovvero quello di ignorare appunto determinate cose, sia nella sua deformazione di assenza d’istruzione.
Procederò step by step, riga per riga; onde evitare di saltare qualche concetto.

A) L’assenza da circa due anni dallo stadio sottintende precedenti escursioni in simili luoghi e quindi una determinata conoscenza del fenomeno legato alla passione calcistica; dubito quindi che nelle sue passate esperienze la signora Lucarelli non si sia mai imbattuta in scene “borderline” rispetto al mondo ovattato e cieco di chi non sembra voler constatare la realtà delle cose.

B) Considerando il punto A, mi stupisco perciò di questa improvvisa indignazione verso gli “Uh uh uh” nei confronti di Kwadwo Asamoah, mezzala sinistra dello scacchiere di mister Allegri. Bada bene mio caro lettore, il razzismo spesso è negli occhi di chi guarda e va distinto esso dalla goliardia più demenziale tipica di determinati spaccati sociali. Un esempio per facilitarvi la comprensione: ho un amico di colore e lo chiamo fraternamente “negro”. Sono razzista?
Il mio amico di colore quando andava allo stadio, specialmente verso un ex numero 45 di Milano e dintorni, ha intonato i suddetti “Uh uh uh”. Di sua spontanea volontà. È anch’egli un razzista?
A voi la risposta.
Stupisce inoltre il fatto che, nonostante la presenza di svariati impiegati federali e delle forze di Polizia, nessuno abbia messo a referto tali cori né tantomeno lo speaker dello stadio, come da prassi, abbia invitato i tifosi ad interrompere tali ululati.
Ripeto, non è mia intenzione far l’avvocato del diavolo, ma almeno suonare una campana opposta. Quello sì: è una deformazione professionale.

C) Tralasciando la menzione alle sciarpe con scritto “Juve ti odio” e così via (libertà di espressione, codesta sconosciuta), mi auguro che nessuno se la sia presa con un bambino in presenza del papà. Sarebbe sicuramente una cosa di cattivo gusto, deprecabile se così fosse. Mi fido di te, Selvaggia, ma anche qui riaffiora lo stupore. Una persona di una certa intelligenza si sarà resa conto in vita sua che in ogni riunione di migliaia di individui possano figurare emeriti imbecilli, o solo io mi guardo avanti e non cammino osservando le punte delle scarpe? È così al supermercato, in banca, a scuola, a messa, in Parlamento, in redazione, dal panettiere, al ristorante…

D) Con “nessuna pietà” cosa vorrà intendere? Questo è un bel dilemma, perché ad esempio la eco mediatica potrebbe che ne so, far balzare alla mente di qualcuno di applicare misure deprecabili per deprecabili termini. Chi scrive è un ragazzo nato in mezzo alle donne, che vive di luce riflessa rispetto ad esse e passerà la sua vita con un’appartenente a questa magnifica specie. Speriamo, di cuore. Ecco, ogni tanto mi è successo (spesso) di insultare e affibbiare tali epiteti ad una donna che mi ha tagliato la strada, ad una professoressa che mi ha bocciato, alla poliziotta della Municipale che mi ha fatto la multa, a mia sorella, ad una ex. Questo cosa fa di me, un mostro da decapitare in pubblica piazza?
Ripeto perché ci tengo a non esser frainteso: la misoginia è una colata di sterco. Ma forse anche qui, essa è negli occhi di chi guarda e lontana da quelli di chi è semplicemente in preda ad un atteggiamento che cozza con la morale comune. Esistono e respirano come noi, se vogliamo farli diventare come noi, dobbiamo farli sentire tali. Non esiliarli o mandarli alla gogna mediatica.

E) Cosa avrà imparato mister X oggi, dopo la pubblicazione di questo video?
Nulla. Al massimo, se riconosciuto, sarà bersagliato di insulti quotidiani da qualche suo attento lettore. Li legge i commenti ai suoi post spero, perché non più di una settimana fa parlava, giustamente, di pericolo cyberbullismo legato ad una vera vicenda tragica. Ecco, sta alimentando un fuoco piuttosto intenso. Ci rifletta, è troppo arguta per non notarlo.

F) Non sta a me insegnare l’autodifesa ad una donzella. Affatto. Mi limito però a farle notare che nel nostro Paese dei balocchi, le donne devono fronteggiare resistenze in ambito lavorativo legate ad esempio alla maternità, subire le umiliazioni sessuali di una nazione schiava delle mafie e della prostituzione, combattere per il diritto ad essere lesbiche, ad aver una piena reversibilità della pensione, difendersi dalle violenze di uomini troppo piccoli per chiamarli tali. E mi fermo qui, ne conosce più di me di questi problemi.
Sarà forse che, in nome del Femminismo, ci siano tematiche più serie di un insulto di cattivo gusto da meritare cotanta attenzione?
Se dovessimo fare video per ogni scena quotidiana del genere, glielo dice un nervoso guidatore cresciuto a traffico e sampietrini, passeremmo la vita su uno smartphone commentando lo schifo di mondo in cui viviamo.
Molti replicheranno: “Eh, ma così giustifichi tutto? Sei un giustificazionista?”.
Nossignori. Vorrei spiegarvi il perché di questa risposta, ma dovremmo passare insieme almeno 4 ore davanti ad un paio di pinte per capire insieme le nostre concezioni di ciò che ci circonda.
Semplicemente ci sono altri sistemi. Uno su tutti: la cultura.

G) E concludo (menomale, direte in massa). Pubblicando tale video avrà previsto la reazione dei massmedia, mi auguro. Ebbene, elenco alcuni titoli con le relative testate: “Selvaggia, guerra allo stadio” (Leggo.it), “Momenti di ordinaria follia a San Siro” (Adnkronos), “Selvaggia Lucarelli pubblica il video degli ultras che la insultano”.
Guerra, follia, ultras. Potrebbe sembrare una climax considerando l’accezione negativa di cui è stato investito l’ultimo dei tre termini.
Il classico ragionamento per cui: X insulta S, X va allo stadio, gli ultras vanno allo stadio, X è un ultras = gli ultras fuori dagli stadi.
Chapeau, un assist alla Totti per il solito qualunquismo da strapazzo.
Peccato che “ultras” significhi altro, ad esempio raccolta fondi e aiuto alle popolazioni in difficoltà, da L’Aquila ad Amatrice, passando per l’Irpinia e l’Emilia.
Oppure aggregazione, senso di comunità, divertimento, svago e ancora violenza e becerismo. Sì anche loro , e vanno analizzate anch’esse e capite fino in fondo per limitarle, se si vuol far ciò. Ma soprattutto sono fenomeni da studiare.
Studiare.

“Fa bene”, la risposta della signora Lucarelli ad un follower che ha annunciato al mondo il fatto di non portare i figli allo stadio onde evitare contatti con quella parte sporca puzzolente e rozza del mondo: “quella categoria di tifosi”. Mica di uomini.
Io vi dico che fa male a rispondere così. Da ragazzo che a sette anni ha messo piede per la prima volta in uno stadio, da ex praticante di uno sport (il rugby) perennemente sulla punta della lingua di chi vuol screditare il calcio (fidatevi, sarà pur nobile ma se non avete mai fatto una mischia o mai scazzottati e calpestati in una ruck, beh,evitate di elogiarne la natura), da aspirante giornalista e amante dei fenomeni sociali di massa: fa male.
Lo stadio è un luogo dove portare i bambini, ne ho visti tanti nella mia Curva e a nessuno di loro è successo nulla. Anzi, i loro occhi son rimasti folgorati da tante cose belle e quelle brutte, gli hanno solo permesso di farsi le ossa e capire che no, l’Eden l’abbiamo perso da tempo.

Gianvittorio De Gennaro.