La nona giornata del campionato lucano di Eccellenza propone una sfida molto interessante: Lavello – Vultur Rionero. Spinto dal desiderio di vedere un nuovo stadio e due tifoserie rivali, decido di affrontare le tre ore e mezza di viaggio per raggiungere la Basilicata dal Lazio meridionale, dove abito.

Lavello, con i suoi 12.000 abitanti circa, è un centro molto importante della regione, considerate le dinamiche di insediamento della zona, in cui si registra una prevalenza di piccoli paesi, spesso classificabili come borghi. Questa cittadina occupa la sesta posizione nella classifica dei comuni della regione per popolazione, alle spalle di Potenza, Matera, Policoro, Melfi e Pisticci. Rionero la segue immediatamente al settimo posto, avendo pochi abitanti in meno (per la precisione, 12.944 contro 12.499). Lavello e Rionero, insieme a Melfi e Venosa, sono dunque i nuclei abitati preminenti della punta settentrionale della Basilicata, la cui morfologia ondulata, puntellata di pale eoliche, si appiattisce poi nel vicino Tavoliere. Siamo in provincia di Potenza, ma la Puglia è veramente dietro l’angolo. Per raggiungere Lavello dall’Italia centrale si esce allo svincolo di Candela della Napoli – Bari e i primi cartelli stradali che osservo, arrivato a destinazione, indicano Canosa e Barletta.

Il territorio che sto visitando rappresenta dunque la Lucania di confine. Lo è fin dall’antichità, quando queste terre, accarezzate dall’Ofanto e ombreggiate dalla mole del Vulture (il mons Vultur dei nostri antenati), erano l’area di transizione dall’universo sannitico a quello dei Dauni. Proprio il poeta augusteo Orazio, nativo della vicina Venusia, nei Sermones si interroga sulla propria identità, dichiarando di non sapere se definirsi apulo o lucano, un’ambiguità che è stata condensata nella formula Lucanus an Apulus anceps. Ad ogni modo, Lavello è da identificare con un oppidum,probabilmente dauno,che nelle fonti cartografiche e archivistiche antiche era menzionato con il nome di Forentum, di cui i Romani si impossessarono nel IV secolo a.C.

Lavello fu centrale nel Medioevo, quando era sede di una diocesi (soppressa nel 1818) suffraganea di quella di Bari, a ulteriore conferma del secolare legame con la confinante regione. La sua seguente storia preunitaria fu segnata dall’appartenenza al Regno di Napoli e dal dominio di diverse famiglie feudali, dai Del Balzo-Orsini fino ai Caracciolo.

Di Lavello non mi incuriosisce soltanto la geografia, ma anche, ovviamente, tutto ciò che ruota intorno al calcio. Prima di tutto lo stadio, intitolato a Franco Pisicchio. Ha una capienza di 1.200 spettatori e presenta un’unica gradinata, divisa tra i locali e gli ospiti, lunga e in cemento, una tipologia di spalti che ho sempre apprezzato. Il manto è in erba naturale e tutt’intorno corre una pista d’atletica, che agevola il compito dei fotografi.

Mi intriga, poi, la realtà ultras locale, che negli ultimi anni è stata protagonista di un’ascesa evidente, parallelamente alle vicende calcistiche del Lavello, che ha anche raggiunto la D. È da aggiungere, poi, che la tifoseria ospite, quest’oggi, porta un nome che ha una certa importanza nel panorama regionale e meridionale. Dunque, quella odierna non può che essere la giornata giusta per scoprire questo nuovo posto.

Quando entro allo stadio, come da previsione, rimango affascinato dal suo volto consunto dal tempo, che mi trasmette l’idea di un calcio autentico e fortemente legato alla comunità. Noto con molto piacere che gli ultras del gruppo “Gioventù lavellese” stanno distribuendo la loro nuova fanzine, che proprio oggi debutta sui gradoni del “Pisicchio”. La loro dedizione è encomiabile e vedere dei ragazzi giovanissimi che nel 2024 destinano ancora tempo e risorse alla realizzazione di questo giornalino, che per anni ha accompagnato le domeniche dei “curvaioli”, non può che generare ottimismo e fiducia in chi si interroga sul futuro del nostro cinquantennale movimento. Riesco a scambiare quattro chiacchiere con loro, venendo a contatto con una realtà che vive ultras sette giorni su sette, facendo dei propri amici una seconda famiglia e del proprio ideale una vera e propria bussola. L’altra compagine del tifo gialloverde si chiama “Ultras Lavello”, ed è composta da gente più grande, che ha tuttavia instaurato un positivo binomio con le nuove leve.

Anche oggi, pertanto, volti di varie età, molti giovanissimi, si ritrovano sui gradoni di casa per sostenere il Lavello, colorando il settore con bandiere, stendardi e pezze, una della quali sbeffeggia un’insegna del tifo rionerese. I lavellesi offrono un tifo caratterizzato da tanti cori prolungati, alcuni dei quali in dialetto, e prendono di mira per tutta la partita i loro rivali, considerandoli inferiori ai loro gemellati potentini. Non mancano i battimani e i cori intonati abbracciati.

Come anticipato, il settore ospiti quest’oggi vede la presenza di una tifoseria di rilievo, che dopo lo scioglimento dei “Vecchi Tempi”e le notevoli difficoltà degli ultimi anni, ha avuto la forza di ripartire e di mantenere viva la tradizione ultras in un centro in cui la cultura del tifo è sempre stata viva. A Lavello si presentano i due gruppi “Senza Sal”e “Rionero Ultras”. I rioneresi, sistemate le proprie pezze sulla vetrata, cantano per tutta la partita, prediligendo cori a ripetere e sventolando il bandierone con l’effigie del brigante Carmine Crocco. Rispetto ai lavellesi mi sembrano avvertire meno questa rivalità e ribadiscono sempre la loro fratellanza con Potenza a ogni provocazione avversaria al riguardo.

In campo il livello tecnico non è altissimo. Le due squadre sono al centro della classifica e il risultato finale è un pareggio senza marcature. Nel finale si registra anche un po’ di movimento nel settore di casa, visto che i locali si dirigono verso la recinzione che li separa dai rioneresi.

Mentre i tifosi intonano gli ultimi sfottò, mi reco all’uscita, dando un ultimo sguardo a questo bellissimo stadio. Torno a casa davvero felice, con gli occhi catturati dalle splendide colline di questo lembo di Lucania al confine con la Daunia e l’Irpinia. Mi sento fortunato per aver visto da vicino queste due ottime realtà che ogni domenica sostengono i propri colori in ogni angolo della Lucania.

Testo e foto di Andrea Calabrese