Per il posticipo serale del lunedì sera, la lanciatissima Lazio di mister Baroni ospita un Cagliari invischiato nella lotta per non retrocedere e reduce da due sconfitte consecutive. Un testa-coda che calcisticamente sembra non avere storia, mentre dal punto di vista delle gradinate è senza dubbio un confronto stimolante, tra due realtà che per ragioni differenti hanno scritto e scrivono tutt’oggi importanti pagine del nostro tifo organizzato. Per l’occasione l’Olimpico accoglie circa 36.000 spettatori, di cui almeno duecento di fede rossoblù, numero che giudico comunque di tutto rispetto: se è vero, infatti, che tra loro ci sono molti fuori sede, emigrati sulla terraferma, è altrettanto inappuntabile la difficoltà nel seguire il Casteddu al di fuori della propria regione, soprattutto in giorni e orari lavorativi. Ma del resto questi non sono mai stati problemi delle Leghe, ormai supine a qualsiasi esigenza, purché non sia quella dei tifosi.
Come accennato, dopo l’avvio sprint dei padroni di casa, c’è molto entusiasmo sulla sponda biancoceleste del Tevere e già in fase di riscaldamento, la Nord comincia a incitare i propri giocatori, che con un successo si porterebbero al terzo posto, pari merito con altre squadre. Sempre in fase di riscaldamento, sia in Nord che in Sud, vengono esposti alcuni striscioni per Flavio, sfortunato ragazzo scomparso qualche giorno prima a causa di una rara malattia neurodegenerativa. In sua memoria suonano le note di “La più bella di tutte quante”, scritta e cantata da Aldo Donati, con l’Olimpico che nel finale si scioglie in un applauso. A questo punto le squadre fanno capolino dagli spogliatoi, preparandosi a entrare sul terreno di gioco, una volta tanto con divise classiche e senza bislacchi colori: Lazio in maglia celeste con bordi bianchi, Cagliari con maglia bianca e inserti rossoblù. Quando la normalità fa notizia, verrebbe da dire!
La Nord parte subito forte, mettendosi in mostra con manate che coinvolgono tutto il settore, cori a rispondere e un tifo a tratti spumeggiante, esaltato dal colore prodotto dalla miriade di bandiere, bandieroni e stendardi. Molto belle le tre sciarpate eseguite durante tutti i novanta minuti, ennesima conferma di quanto la sciarpa – strumento semplice me eterno – faccia la differenza e sia un oggetto simbolo del tifo da stadio. Il buon piglio di una Lazio battagliera esalta l’ambiente e alla fine la prova degli ultras biancocelesti sarà veramente buona, con il picco toccato dopo l’esultanza sul gol del definitivo 2-1, siglato da Zaccagni su calcio di rigore. Oltre ai tanti cori contro i rivali cittadini e alla corale “esecuzione” dei Giardini di Marzo, non manca il ricordo di Gabriele Sandri, di cui a breve ricorrerà il diciassettesimo anniversario dall’omicidio compiuto dall’agente Spaccarotella. Un ricordo che chiaramente mai si è spento e sempre rimarrà indelebile nel cuore non solo dei laziali, ma di tutto il movimento ultras nazionale.
Per quanto riguarda il settore ospiti, come detto sono circa duecento i cagliaritani presenti. Sistemati dietro la consueta pezza da trasferta degli Sconvolts, gli isolani si producono nella “solita” performance fatta di cori secchi e a ripetere, mostrando verve e intensità per tutti i novanta minuti. Sporadicamente offendono anche i dirimpettai, trovando una loro risposta soltanto negli ultimi minuti di gioco, quando la Nord si fa sentire con un sarcastico “Sei venuto cor traghetto, pecoraro maledetto”. Sempre simpatico cogliere lo sfruttamento dello stereotipo su cui le nostre curve fanno leva per offendersi a vicenda, un vero e proprio “patrimonio” dietro cui talvolta si nascondo rivalità centenarie, segnate da una moltitudine di storie legate al campanile. Chiaramente, in questo caso, lo sfottò è molto più legato al regionalismo, ma è sempre efficace e sottolinea ancora una volta il cliché tra la metropoli e il resto del Paese. Spiegazione per chi erroneamente travisa: non sto incensando né l’una, né l’altra. Semmai entrambi i modi di prendersi in giro, che ormai vengono sovente presi troppo sul serio, tanto da produrre reazioni scandalizzate da parte di qualche giornaletto.
Al triplice fischio sono i biancocelesti a esultare, applaudendo la propria squadra per la fondamentale vittoria. Incoraggiamento anche da parte dei rossoblù, un coscienzioso atteggiamento da parte di chi sa che il campionato è ancora lungo e le difficoltà fanno parte del percorso che porta alla salvezza. I laziali si preparano adesso alla sfida interna contro il Porto, in programma tre giorni dopo e caratterizzata dalla chiusura di una parte della Curva Nord per presunti cori razzisti nella gara contro il Nizza (cori che in realtà, pur essendo presente, non ho minimamente udito, come avrò modo di dire successivamente nell’articolo del match in questione…). Lo stadio si svuota lentamente, con la “mannaia” del ritorno verso casa dovuta a una città alle prese con i pesanti e invadenti lavori per il Giubileo, che ormai da mesi ne condizionano anche le basilari vie di comunicazione e trasporto. Vera e propria spada di Damocle che pende sulla testa di migliaia di abitanti dell’Urbe.
Simone Meloni