Una promessa che è un debito e alla quale non avevamo ancora potuto assolvere per questioni di tempo, di spazio e di impegni che quotidianamente questa rivista ci dà. Lo facciamo solo oggi, rendendo disponibile anche sul sito e per tutti questa lunga e bella intervista alla “Fossa dei Leoni” della Fortitudo Bologna di Basket. Per noi è una delle migliori di sempre, unica nel suo genere visto che mai a nessuno la “Fossa” si era concessa e si era così aperta. Per chi non lo avesse ancora fatto, ne consigliamo la lettura. La stessa era raccolta e divisa in tre parti nei numeri 2013-18, 2013-19 e 2013-20: visto che tutto quello che quotidianamente e da dieci anni vi offriamo è gratuito, se volete sostenerci, potete acquistare il dvd con tutti i numeri di “Sport People” dal 2003 ad oggi. Per maggiori informazioni, consultate la pagina “Arretrati”.
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Cominciamo dalla fine. Ma non dalla “fine fine”, bensì dal punto a cui si è arrivati dopo una serie di vicissitudini degne del miglior romanzo thriller (o meglio ancora, di un legal thriller).
Domenica 10/02/2013, “Final 8” di Coppa Italia a Milano, nella cornice dell’imponente Forum di Assago, si incontrano in finale Mens Sana Siena e Pallacanestro Varese, ossia il top del basket italiano. In palio c’è la conquista della Coppa Italia e, sugli spalti, è in programma il confronto tra due tifoserie storiche del movimento ultras cestistico.
Ad un certo punto, in un settore del palasport posizionato sotto il tabellone elettronico, una porzione di spalti che fino a quel momento era sempre rimasta deserta, all’improvviso si riempie di gente, di colori e di vessilli, sono bianco-blu, nulla a che vedere con i colori delle squadre impegnate in campo in quel momento.
Chi sono? E cosa ci fanno qui?
La comparsa di uno striscione in balaustra chiarisce tutto. È quello storico della Fossa dei Leoni 1970, subito seguito da un enorme copricurva che riproduce la F scudata, gli storici simboli che da sempre identificano la società Fortitudo Bologna e i suoi sostenitori. Saranno 250, forse 300 persone, giovani della Fossa ma non solo. In effetti era da un po’ che girava voce su questa possibile “improvvisata” ma nessuno ci credeva davvero, pensando invece all’ennesima provocazione del tifo bianco-blu, nel tentativo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei vertici federali sul dramma sportivo che stanno vivendo da circa tre anni e cercare così di smuovere le coscienze del mondo della pallacanestro verso una situazione che ha dell’assurdo e che, davvero, non si era mai vista prima.
Una situazione in cui era accaduto di tutto. Addirittura che, a fronte di una storica e gloriosa società del basket italiano che correva il rischio di essere dichiarata fallita dai tribunali ma che, si badi bene, non era ancora definitivamente morta (seppur sospesa dalle attività agonistiche), qualcuno aveva pensato bene di darle il colpo di grazia e celebrarne il funerale anticipato, dapprima dando vita ad una specie di squadra-fotocopia, che la ricordava nel nome e nei colori pur essendo in realtà la ex squadra di basket di Ferrara, perciò assolutamente priva del sostegno della maggioranza della tifoseria fortitudina; e successivamente cancellando dalla scena sportiva l’unica altra compagine, la Eagles Bologna, che invece derivava dalla Fortitudo originale e perciò ne garantiva la continuità rispetto alla storia della stessa F scudata, tanto da raccogliere il consenso di un’altra parte della tifoseria bianco-blu, quella organizzata che si riconosce sotto le insegne della Fossa dei Leoni 1970.
Alcuni mesi fa, avevamo incontrato alcuni rappresentanti della Fossa per una chiacchierata che ci aiutasse a conoscerli meglio.
Ve la proponiamo di seguito, con l’augurio che a questa ne possano seguire in futuro molte altre ancora.
1. La Fossa dei Leoni segue la Fortitudo fin dal lontano 1970, il che lascia pensare che siate stati voi il primo gruppo ultras a nascere nella città di Bologna. Vero o falso?
Come nucleo la Fossa è stata la prima, di pochi anni rispetto ai Commandos e alle Brigate, usciti nel 1972, gruppi che daranno poi vita ai Forever Ultras. Se si parla di longevità allora sì, la Fossa è attualmente il gruppo ultras più vecchio ancora in circolazione nella nostra città, essendo nati nel 1970, anche se non siamo a conoscenza di striscioni recanti il nostro nome già in quel periodo.
2. Bologna la “dotta”, Bologna la “grassa”, Bologna la città delle Due Torri… ma Bologna è, soprattutto, la città del basket e del dualismo Fortitudo–Virtus: com’è vissuta la rivalità nel tessuto cittadino? C’erano quartieri dove era netto il predominio di una o dell’altra squadra? C’era, almeno in origine, anche una differenza di estrazione sociale tra gli appartenenti alle due tifoserie?
La rivalità cittadina oggi è vissuta in maniera differente rispetto, ad esempio, agli anni ‘80 quando in occasione del derby cittadino, se ci si incontrava per strada, era naturale che partissero insulti dall’una e dall’altra parte e da lì, spesso, era facile arrivare a “darsele”.
Oggi le cose sono un po’ cambiate anche perché è cambiata la realtà sportiva cittadina e noi, che a livello sportivo e societario stiamo vivendo un momento difficile, abbiamo altre problematiche con cui confrontarci. Di conseguenza il derby è passato in secondo piano.
A livello di suddivisione geografica del tifo, si può dire che il centro di Bologna è sempre stato più virtussino, mentre la periferia e la provincia hanno avuto molti più feudi fortitudini, alcuni dei quali anche molto importanti, Casalecchio di Reno in primis.
La differenza sostanziale a livello di tifo è però più nel tessuto cittadino, con la Virtus sostenuta perlopiù dai borghesi, dagli “zanari” come li chiamiamo noi a Bologna, mentre la Fortitudo è stata sempre più la squadra dei ceti popolari, in particolare i ragazzi della Fossa che sono da sempre considerati i “maragli”, che in bolognese sta per quelli a cui piace fare casino. Una differenza che, anche al giorno d’oggi, è ancora presente anche se non più marcata come un tempo. Va comunque detto che il loro pubblico, come comportamenti all’interno del palasport, continua ad essere quello più compassato e moderato mentre il pubblico fortitudino ha mantenuto la sua indole casinara e irruenta.
Sì, in effetti almeno da questo punto di vista non è cambiato niente.
3. Se si guarda alla storia della Fossa, viene naturale definirla un gruppo numeroso e passionale ma anche estremamente turbolento, spesso coinvolto in episodi di violenza. Cosa rende la Fossa, nel mondo del basket, così simile sotto certi aspetti ai gruppi ultras calcistici delle grandi metropoli italiane o di certe città del Sud?
La Fossa, fin dalle sue origini, ha sempre avuto la caratteristica di essere un gruppo che non si tira indietro rispetto alle situazioni violente o comunque di caos. Questo nel corso degli anni ha sicuramente attirato tante persone, soprattutto giovani, che sapevano di potersi trovare di fronte a situazioni “borderline” o comunque fuori dagli schemi della classica partita di basket.
Questa caratteristica della Fossa, nel corso degli anni ce la siamo sempre portata dietro anche perché, per diverso tempo, il gruppo non ha mai esercitato un grosso controllo rispetto alla gente che frequentava il nostro stesso settore ma poi, con gli anni, ci si è dati delle regole di comportamento, anche se è bene precisare che, pur non avendo mai voluto escludere la possibilità di ricorrere alla violenza in presenza di determinate circostanze, quello della violenza è stato sempre più un fatto spontaneo che partiva dall’iniziativa di singoli individui piuttosto che da una premeditazione del gruppo stesso.
Anche in questo la Fossa si discosta molto dalla maggioranza dei gruppi che seguono il basket e rientra nel circolo ristretto di quei pochi gruppi che, forse a causa dell’indole stessa dei propri componenti che perlopiù avevano una provenienza di tipo calcistico, riteneva normali e tollerabili certi comportamenti che al giorno d’oggi verrebbero classificati come violenti ma che, soprattutto negli anni ‘70 e ‘80, erano la normalità per chi frequentava gli stadi e spesso venivano ripetuti anche al palazzetto dove, peraltro, il controllo sociale da parte delle forze dell’ordine era ancora poca roba rispetto al calcio.
A tutto ciò si aggiunga quanto già detto circa l’indole e l’estrazione sociale del tifoso medio della Fortitudo che, in quanto “maraglio”, è portato naturalmente ad assumere atteggiamenti e comportamenti “sopra le righe”.
4. Qual’è stato nel passato e qual’è ancora oggi il rapporto della Fossa con la politica in curva?
Una delle regole fondamentali della Fossa è quella di tenere la politica al di fuori del gruppo. Pertanto la Fossa è un gruppo assolutamente apolitico e questa è una delle regole basilari, se non la prima regola, che inculchiamo soprattutto nei più giovani.
Questo affinché all’interno del gruppo ci possa essere omogeneità e unità di intenti tra tutti i ragazzi e le ragazze che lo frequentano.
Questo principio fondamentale, applicato con costanza nel corso del tempo, ha dato i suoi frutti se è vero che dopo tanti anni siamo ancora in piedi, e va sottolineato che in Fossa si sono avvicendate tante persone con idee spesso diametralmente opposte ma che sono riuscite a convivere pacificamente anche se non sono mancati i momenti di confronto (e anche di scontro) al nostro interno.
Malgrado tutto, la regola della apoliticità è stata sempre portata avanti con grande coerenza.
5. Vi sono state o vi sono ancora delle rivalità con altre tifoserie dovute agli opposti schieramenti politici?
Non da parte nostra, che non abbiamo mai creato rivalità di questo tipo, proprio per i discorsi fatti sopra.
Ma è pur vero che alcune tifoserie storicamente schierate a destra, come ad esempio quella di Varese ma non solo, hanno identificato la nostra tifoseria come sinistroide in quanto proveniente da una città, Bologna, storicamente di sinistra, dando vita ad una rivalità politica che da noi non è mai stata percepita e riconosciuta come tale.
Così come è una leggenda metropolitana quella secondo cui la Fossa sarebbe un gruppo di sinistra in contrapposizione rispetto ai Boys della Virtus che vengono identificati come gruppo di destra.
Ci teniamo a ribadire che alla base della nostra rivalità con i virtussini possono esserci le più svariate motivazioni, tranne che quelle politiche.
6. Bologna è una città grande, ma non certo una metropoli, e può vantare una lunga e consolidata tradizione ultras; la presenza contemporanea in città di ben 4 realtà sportive ben distinte (al giorno d’oggi: Eagles, Virtus, BBB e Bologna F.C., senza dimenticare in passato la Zinella nella pallavolo…), con le relative tifoserie e le rispettive realtà ultras ha comportato, secondo voi, una dispersione del potenziale ultras della vostra città oppure è uno stimolo a migliorarsi?
Di fatto, essendoci cresciuti in mezzo, non riusciamo ad immaginare una situazione diversa da questa che hai appena descritto.
Presumibilmente se nella nostra città ci fosse stata un’unica compagine sportiva da seguire, ad esempio il Bologna F.C., forse oggi allo stadio Dall’Ara ci sarebbero ancora più gruppi ultras di quanti non ce ne siano già!
Però a noi piace così com’è e riteniamo che la presenza di più squadre e di più gruppi nella nostra città sia uno stimolo a migliorarsi, soprattutto in certe situazioni, com’è quella nostra del basket, in cui ci sono più squadre, con le conseguenti rivalità cittadine e derby in cui potersi confrontare (è bene ricordare che fino agli anni ‘60 le squadre di basket bolognesi che militavano ai massimi livelli erano addirittura 4, con anche il Gira e la Società Cestistica Mazzini, tutte con un proprio seguito di sostenitori, NdR).
Di sicuro c’è che avere più squadre in sport diversi e ognuna con il suo proprio seguito di sostenitori, offre la possibilità di scegliere tra varie situazioni di curva quella a cui più ci si sente vicini, cosa che in questo momento soltanto poche città in Italia, oltre a Bologna, possono offrire.
7. Una delle caratteristiche delle curve del basket è sempre stata quella di essere frequentate anche da calciofili che spesso ne rinfoltiscono le fila, soprattutto nelle occasioni speciali (derby, partite importanti, etc.): ritenete che anche la vostra curva rientri in questa tipologia o potete dirvi una curva frequentata prevalentemente da ultras e appassionati della F scudata?
Oggigiorno la nostra curva è frequentata prevalentemente da sostenitori della Fortitudo.
Di fatto le contaminazioni tra calcio e basket che potevano esserci negli anni ‘70, ‘80 e forse anche nei primi anni ‘90 ormai sono solo un ricordo del passato.
Ovvio che ogni tanto può capitare l’assiduo frequentatore dello stadio che, per simpatia o per stare assieme agli amici, sceglie di venire a seguire una partita della Fortitudo con noi della Fossa, così come può esserci uno dei nostri che va allo stadio a sostenere la squadra di calcio della nostra città.
Di sicuro, difficilmente oggi si assisterebbe a certe situazioni del passato in cui, specie in occasione di certi derby regionali come quello contro Forlì o contro Modena, le fila dei sostenitori Fortitudini si ritrovavano rinfoltite da ultras del calcio perchè magari ci si aspettava di trovare, dall’altra parte, ultras delle WSB Cesena, piuttosto che delle BGB Modena; e non parliamo di esempi ipotetici ma di situazioni accadute realmente, con tanto di botte da orbi prima, durante e dopo le suddette partite di basket.
8. Che rapporto ha oggi la Fossa con le diverse componenti ultras che sostengono il Bologna F.C.?
Ottimi, anche perché sono radicate ormai da tempo antiche e solide amicizie tra i ragazzi del direttivo Fossa e i ragazzi dei direttivi dei vari gruppi ultras che seguono il Bologna F.C.
9. Avete mai avuto problemi in passato, specie in trasferta, per il solo fatto di essere bolognesi e venire perciò associati agli ultras del Bologna calcio? Magari in quelle città in cui era più sentita la rivalità calcistica nei confronti dei sostenitori del Bologna FC?
Sì, episodi del genere sono accaduti, anche più di una volta.
Di fatto rientrano nelle dinamiche ultras e pertanto da noi sono stati accettati, fatti nostri e fronteggiati così come richiedeva la situazione del momento.
È accaduto a Roma, dove una volta alcuni nostri componenti sono stati accoltellati prima della partita, nel corso di scontri provocati al nostro arrivo nei pressi del palas da individui del posto, presumibilmente legati agli ambienti delle curve calcistiche romane. Situazioni analoghe sono accadute anche a Milano e Trieste.
Del resto, quando si parte per andare in trasferta in una città che non ti è amica, anche situazioni di questo tipo vanno messe in conto.
10. A livello personale, avrete certamente avuto modo, qualche volta, di frequentare anche le curve degli stadi e perciò vi chiedo, quali sono le differenze più significative che avete riscontrato in questi anni tra l’essere ultras nel basket e nel calcio?
Per quel che riguarda il nostro gruppo, la differenza che abbiamo sempre riscontrato è semplicemente a livello di numeri. Nel senso che la passione e l’attaccamento con cui vengono seguiti questi due sport è pressochè identica, con la differenza che mentre ad una partita di serie A di calcio assistono mediamente 20.000 o 30.000 persone di cui 1.000 o 1.500 sono in curva a tifare, nel basket una partita di serie A è seguita in media da 2.500/3.000 spettatori e magari in curva a tifare si è in 200.
Ma non per questo il tifo prodotto dalle curve ne risente in alcun modo, anzi a volte il sostegno all’interno dei palazzetti è addirittura più caloroso, grazie anche alle particolari caratteristiche strutturali dell’impianto di gioco, che amplifica la potenza dei cori.
Allo stesso modo la vicinanza degli spalti rispetto al campo fa sì che i giocatori di basket siano maggiormente condizionati dal tifo a favore o contro che arriva dalle curve.
Un altro falso mito da sfatare, almeno per ciò che riguarda la nostra realtà, è quello secondo cui il tifoso di basket sarebbe meno passionale e più “borghese” rispetto a quello che segue il calcio. Non è assolutamente vero. La cosa in cui si differenzia, per assurdo, è che d’inverno noi giochiamo comunque in ambienti chiusi mentre allo stadio sei sottoposto sempre alle peggiori condizioni climatiche! Allora, per questo sì!
11. Ritenete che le caratteristiche comportamentali tipiche del movimento ultras, storicamente di stampo calcistico, siano tutte riproducibili anche nell’ambito dell’ambiente palasport, oppure ci sono delle sostanziali differenze tra l’essere ultras al seguito di una squadra di calcio e l’esserlo al seguito di una di basket?
Le dinamiche ultras all’interno di un palasport sono pressochè le stesse rispetto alle curva degli stadi, salvo qualche ovvia eccezione, si pensi ad esempio alla pericolosità nell’accendere una torcia o un fumogeno nell’ambiente chiuso di un palazzetto (anche se, a dire il vero, in passato è stato fatto anche questo e in certi paesi, tipo Grecia, Serbia e Turchia è facile che accada con regolarità).
Ovvio anche che trattandosi di un ambiente più ristretto rispetto allo stadio, al giorno d’oggi può subire un controllo sociale maggiore da parte delle forze dell’ordine, anche se va detto che certe forme di repressione che vediamo negli stadi sono arrivate solo di striscio all’interno dei palazzetti, spesso come decisioni estemporanee di una locale questura o caserma che decidono di loro iniziativa di applicare certe restrizioni come, per fare un esempio, il divieto di introdurre all’interno del palas tamburi, megafoni o aste di bandiera, mentre per gli striscioni dei gruppi solo raramente sono stati fatti problemi e, al momento, non c’è alcun bisogno di richiedere permessi o autorizzazioni per esporli, diversamente rispetto ad eventuali striscioni contenenti messaggi di offesa o di contestazione che possono essere introdotti solo attraverso trucchi e stratagemmi.
Stesso discorso vale per quella oscenità chiamata “Tessera del Tifoso”, che quando è stata proposta dal Viminale alla Federazione Italiana Pallacanetro e alla Lega Basket ha ricevuto un secco rifiuto.
12. Molti gruppi ultras calcistici si sono sciolti per passare ad un tifo, almeno esteticamente, più anglossassone, abbandonando i vecchi striscioni in virtù di “pezze” e stendardi meno visibili, deresponsabilizzando così gli stessi componenti dei gruppi. La repressione ha giocato la propria parte ma è innegabile, anche prima del divieto dell’introduzione degli striscioni negli stadi di calcio, una crisi generazionale degli storici gruppi ultras. Nel basket sembra che ciò non abbia ancora preso piede: se la repressione ha già da tempo mosso i primi passi, i gruppi ultras cestistici non ci pensano minimamente ad abbandonare gli storici striscioni. È questione di tempo oppure pensate che i gruppi storici si evolveranno mantenendo inalterata la propria identità?
Attualmente anche nel basket sta avvenendo ciò che da anni ormai avviene nelle curve del calcio, dove i gruppi storici talvolta decidono di abbandonare la scena a causa della repressione e delle difficoltà nel garantire un ricambio generazionale adeguato. È chiaro poi che questo tipo di discorso si riflette anche sul ricambio generazionale all’interno delle curve del basket, motivo per cui negli ultimi anni si è assistito allo scioglimento di diversi gruppi ultras storici della pallacanestro, come avvenuto a Caserta, Pesaro, Siena e Varese giusto per citarne alcuni.
Certo, a volte è più facile piegare lo striscione e liberarsi di tutta una serie di responsabilità per mettersi a fare i “casuals”, ma è anche una cosa che bisogna sentire dentro.
Da parte nostra una cosa del genere sarebbe molto difficile in quanto l’attaccamento al nome del gruppo e l’identificazione nello striscione sono ancora fortemente sentiti.
13. Informazione e disinformazione, la differenza non è mai stata così labile quando gli organi di informazione tradizionale hanno trattato l’argomento ultras, un mondo fatto di paradossi e contraddizioni ma anche di leggi non scritte ma conosciute e spesso rispettate dai più. Eppure per antonomasia la parola ultras viene sempre accostata alla violenza, tralasciando tutto quel sottobosco esistente che non si può certamente ignorare. Dove arrivano, secondo voi, le colpe di un tipo di informazione incapace di capire un fenomeno complesso nel suo insieme e dove arrivano le colpe di alcuni ultras volutamente arroccati su posizioni intransigenti che non vogliono aprirsi ad un confronto schietto e leale? Che rapporti avete con i mezzi d’informazione cittadini?
Sulla prima di queste due domande ci sarebbe da organizzare un dibattito di mezza giornata.
Ad ogni modo, secondo noi uno degli aspetti del problema sta nel fatto che, nel corso degli anni, soltanto pochi e isolati operatori dell’informazione e nessuno delle istituzioni hanno provato a conoscere e capire la vera natura e la consistenza del movimento ultras, trattandolo come un qualsiasi movimento giovanile di passaggio.
Al contrario si è badato più a demonizzarlo, mettendo in risalto soltanto uno dei suoi tanti aspetti, ossia la violenza, trasmettendo così all’opinione pubblica un’immagine spesso completamente distorta di un movimento di aggregazione che ha ormai più di quaranta anni di vita alle spalle.
La violenza, presente del resto in molti altri ambiti della nostra società, non è altro che uno degli aspetti più marginali del movimento ultras ma che si presta ad una spettacolarizzazione che, da una parte, permette agli organi di informazione di creare la notizia e, dall’altra, concede alle istituzioni il pretesto per giustificare provvedimenti repressivi attraverso i quali dimostrare a quella stessa opinione pubblica che il vero problema della società, la causa di tutti i loro mali, sono solo gli ultras, contro i quali si sta già combattendo e perciò tutto è sotto controllo.
Dall’altra parte della barricata è pur vero che, anche a causa di questi motivi, ormai da tempo il movimento ultras, o perlomeno una parte di esso, si è arroccato su posizioni di intransigenza che non fanno però che rafforzare agli occhi del comune cittadino una certa immagine distorta che stampa e istituzioni da tempo cercano di affibbiargli.
Per quel che riguarda invece i rapporti tra la Fossa e gli organi di informazione locali, possiamo tranquillamente affermare che al momento sono pessimi, di scontro aperto, dopo che nel passato si era riusciti a instaurare rapporti tranquilli.
Ciò a causa del modo in cui i mezzi d’informazione bolognese hanno trattato la questione relativa alla crisi societaria che ha colpito negli ultimi anni la Fortitudo, rispetto alla quale la loro posizione è nettamente in contrapposizione rispetto alla nostra, anche se questo non ha impedito a qualcuno di loro di provare ugualmente a strumentalizzarci.
Proprio per evitare ciò, abbiamo deciso di non farci inghiottire dal calderone mediatico affidando la trasmissione del nostro pensiero ai soli nostri mezzi di comunicazione (sito web, fanzine, programma radiofonico autogestito).
14. Quanto ha contribuito la fanzine “Fossa”, nel corso degli anni, ad ampliare la base del gruppo, così come a far conoscere e condividere il vostro pensiero e le vostre scelte anche al resto della tifoseria biancoblu?
Ritenete che se oggi il vostro gruppo è quello che è agli occhi del popolo fortitudino, il merito sia da attribuire anche all’organo di controinformazione che vi siete sempre impegnati a realizzare e diffondere?
Dal 1987 la fanzine “Fossa” è il mezzo di informazione per antonomasia del nostro gruppo, prova ne è il fatto che pur non uscendo con cadenza regolare ha ormai abbondantemente superato i 100 numeri.
Prima dell’avvento di internet era l’unico e solo modo per conoscere le iniziative del gruppo, oltre chiaramente ai contatti personali con i ragazzi del direttivo.
Attualmente, oltre alla fanzine, autogestiamo un programma radiofonico e abbiamo un sito web attivo anche se riteniamo ancora oggi la nostra fanzine come lo strumento più adatto per fare controinformazione.
Ti dirò di più, storicamente la fanzine è stata forse uno degli elementi che più di ogni altro ha contribuito ad allargare la base del gruppo, diffondendone il pensiero anche tra coloro che non vivevano la curva sette giorni su sette, limitandosi a frequentarla solo il giorno della partita ma che poi, grazie alla nostra fanzine, sono entrati in sintonia con la Fossa e da lì in avanti hanno cominciato a frequentarla costantemente, entrandone a far parte.
Inoltre, anche quando questa sorta di “reclutamento” non è avvenuto, riteniamo comunque che la diffusione della nostra fanzine abbia comunque contribuito a creare e rafforzare una sorta di coscienza collettiva fortitudina, oltre che a far conoscere il nostro gruppo e le sue vicende al di fuori delle mura cittadine e prima ancora dell’avvento di internet.
Solitamente il compito di scrivere la fanzine è affidato a varie persone tra quelle che compongono il gruppo, anzi spesso rientra tra i compiti affidati ai ragazzi più giovani, e il fatto che ci siano tante teste al lavoro piuttosto che sempre i soliti “scrittori” lo rende ancora oggi il modo migliore per conoscere le attività e il pensiero della Fossa da più punti di vista.
Spesso la gente chiede informazioni sulle prossime uscite della fanzine e questo ci ha spinti a renderla disponibile anche sul nostro sito web da cui, chiunque, può scaricarla e leggerla in qualsiasi momento.
15. Nel 2000 siete stati protagonisti di un film in cui, assieme alla regista Enza Negroni, avete cercato di condensare e raccontare l’essenza del vostro essere ultras.
Ritenete ben riuscita quell’operazione? Che ricordo avete di quell’esperienza e che cosa vi ha lasciato? Vi hanno preso parte esclusivamente i componenti del gruppo oppure c’erano anche degli attori professionisti?
Quella del film fu un’esperienza significativa per la Fossa, prima di tutto perché ci permetteva di rompere gli schemi classici del gruppo ultras, andando oltre le attività tradizionali che vengono realizzate dalla curva.
Di certo fu un’esperienza che ci permise di allargare i nostri orizzonti, ma non fu certo un episodio isolato visto che quasi in contemporanea realizzammo anche un primo libro in cui si ripercorrevano i primi 30 anni di storia del gruppo.
Poi, negli anni successivi, abbiamo ripetuto esperienze analoghe, come ad esempio la realizzazione di un Dvd celebrativo per i 40 anni di vita della Fossa, o la realizzazione di un secondo libro ancora più ricco di materiale originale rispetto al primo (soprattutto foto e articoli di giornali) e, addirittura, un CD audio in cui sono raccolti i cori della nostra curva assieme ad alcuni pezzi che ci sono stati dedicati da gruppi musicali della scena rock bolognese.
Ritornando al film girato nel 2000, ricordiamo che c’erano giusto 2 o 3 attori “veri” mentre tutti gli altri interpreti furono scelti tra i ragazzi che facevano parte del nostro gruppo.
La trama non è altro che uno spaccato di vita della Fossa, raccontata da diverse angolazioni e non nascondiamo che, all’inizio, ossia quando ci fu proposto il progetto, noi per primi eravamo molto scettici soprattutto perché non sapevamo come sarebbe stato accolto al di fuori del nostro ambiente.
Col senno di poi, possiamo dire tranquillamente che si è trattato di un’esperienza positiva perchè il film è riuscito a raccontare fedelmente la Fossa e la prova ne è il riscontro favorevole che nel corso degli anni abbiamo raccolto in giro per l’Italia da tutti quegli ultras che avevano avuto modo di vederlo.
Un’esperienza, quindi, che ricordiamo con grande piacere, soprattutto perché involontariamente ha rotto alcuni nostri schemi mentali molto rigidi.
16. Per un gruppo così longevo come la Fossa, quant’è importante poter contare ancora oggi sulla presenza della “vecchia guardia”, magari addirittura sugli stessi fondatori del gruppo? Ce ne sono ancora di questi “ragazzi coi capelli bianchi” che vengono con voi in Fossa? O che perlomeno si interessano ancora alle vicende del gruppo, magari intervenendo nelle decisioni dello stesso, seppure non più coinvolti direttamente in prima persona?
Se parliamo dei fondatori del gruppo, ossia dei ragazzi del 1970, attualmente non ce ne sono più che frequentano attivamente la Fossa anche se, almeno fino al momento precedente la sparizione della Fortitudo dai campionati, e la successiva spaccatura tra Eagles Bologna e F(errara) Biancoblu, erano ancora presenti al nostro fianco e condividevano con noi passioni, gioie e dolori.
Sono invece ancora presenti al nostro fianco parecchie “penne bianche” che hanno scritto pagine di storia del nostro gruppo dagli anni ‘80 in poi e che ancora oggi ci aiutano a definire le linee guida della Fossa. Si tratta di personaggi fondamentali per la vita del gruppo, di cui difficilmente si potrebbe fare a meno, anche se la cosa possiamo dire sia reciproca.
17. Quali sono i gruppi ultras che avete visto all’opera nel corso degli anni, sia al PalaDozza, sia in casa loro, che vi hanno maggiormente impressionato? E quali quelli che, secondo voi, si sono mantenuti costantemente su buoni livelli malgrado il trascorrere del tempo e i ricambi generazionali?
Non ci piace fare delle classifiche sull’argomento ma nel corso degli anni si sono costantemente mantenuti su buoni livelli i ragazzi di Varese, malgrado il succedersi dei vari gruppi alla guida della loro curva; stesso discorso per gli Eagles Cantù; così come i ragazzi di Caserta, che dalla serie A alla B1 hanno sempre trasformato il loro palas in una bolgia e portato cifre considerevoli di loro sostenitori in trasferta. Sempre su buoni livelli e costanti nel tempo anche i ragazzi di Pesaro, almeno fino a che è stato attivo l’Inferno Biancorosso, con cui abbiamo avuto modo di confrontarci (e scontrarci) fin dai primi anni ‘70.
Negli ultimi anni ci avevano favorevolmente impressionato anche i ragazzi del Commandos Tigre di Siena, con ottime prove a livello di tifo soprattutto in casa loro.
Andando poi indietro nel tempo, ricordiamo positivamente i trevigiani, specie negli anni d’oro in cui la loro curva era guidata dalla Gioventù Biancoverde.
Ma quelli che ci hanno veramente impressionati, soprattutto quando abbiamo avuto modo di vederli da vicino, sono stati senza alcun dubbio i gruppi ultras greci. Davvero impressionanti, anzi sarebbe meglio dire inarrivabili.
18. Chi sono i gemellati della Fossa, in Italia e in Europa? Ci sono stati, nella vostra storia, rapporti di amicizia che hanno significato molto per voi ma che poi, per vari motivi, si sono interrotti bruscamente o si sono persi col passare del tempo?
Attualmente i nostri gemellati in Italia sono i ragazzi di Caserta (il cui gruppo principale, l’Inferno Bianconero, si è sciolto alla vigilia del campionato in corso, NdR), di Roseto (nello specifico il gruppo dei Rosetani, attualmente non attivo al seguito della squadra che milita nel campionato DNB, NdR), di Reggio Calabria (il gemellaggio era con i ragazzi dei disciolti Total Kaos ma continua ad essere onorato da chi attualmente segue e sostiene la squadra reggina, NdR) e di Cento.
In Europa, invece, abbiamo un gemellaggio molto sentito con i ragazzi Baski degli Indar Baskonia di Gasteiz.
Tutte queste amicizie sono ancora oggi molto sentite dalla Fossa e vengono tenute in vita, malgrado le differenti categorie e le nostre avverse vicissitudini, grazie anche ai forti legami personali che si sono instaurati nel corso degli anni e che legano molti di noi ai ragazzi e alle ragazze dei gruppi che abbiamo appena citato.
Molto forte, anche se non si può parlare di un vero e proprio gemellaggio, è anche l’amicizia che ci lega da diversi anni ai ragazzi dell’Onda d’Urto e dei Viking di Imola.
Se parliamo invece di amicizie che si sono interrotte nel corso degli anni, ricordiamo quelle con i milanesi, a fine anni ‘80 inizio anni ‘90 e con i veneziani nei primi anni ‘80.
19. Nella storia del movimento ultras cestistico italiano siete stati tra i primi a recarvi in trasferta nei palasport del Sud Italia: c’è mai stata una trasferta in cui vi siete davvero trovati in difficoltà? Quella volta in cui avete sinceramente temuto di rimetterci sciarpe, striscione e… pure le penne?
Sinceramente no, malgrado la Fossa abbia cominciato a recarsi in trasferta al Sud già fin dalla metà degli anni ‘80.
Sicuramente, a livello di ultras del basket, siamo stati tra i primi a recarci in città come Caserta e Napoli, spingendoci fino a Trapani e Marsala in epoche in cui anche a livello di ultras del calcio erano davvero in pochi a seguire la propria squadra in trasferte così lontane.
Della trasferta a Marsala, in particolare, ricordiamo un episodio divertente, in cui tutto il nostro gruppo rischiò di finire “al fresco” perchè nel corso di una perquisizione fummo trovati in possesso di coltelli che, ad onor del vero, servivano ad affettare i salumi che ci eravamo portati dietro per rifocillarci durante il lungo viaggio. E, a dirla tutta, una volta giunti nel palas marsalese, fummo trattati con rispetto dai tifosi locali, cosa che del resto è accaduta anche quando siamo andati a Trapani.
Possiamo quindi affermare che, fatta eccezione per qualche momento di tensione vissuto in trasferta a Napoli ma che comunque non è mai sfociato in episodi di violenza, nelle nostre trasferte al Sud abbiamo ricevuto accoglienze sicuramente migliori rispetto a quelle che ci sono state riservate nella maggior parte dei palazzetti del Centro e del Nord.
20. A partire dagli anni ‘90 siete stati uno dei primi gruppi ultras del basket a recarsi frequentemente in trasferta all’estero, tanto in Eurolega quanto in Coppa Korac: qual’è stato il palasport straniero che vi ha più impressionati per numeri, calore e colore? E, sempre parlando di trasferte al di fuori dei confini nazionali, che differenze avete trovato, sia dal punto di vista logistico che da quello ambientale, tra i palazzetti esteri e quelli italiani?
Sicuramente i palazzetti greci, turchi e dei paesi della ex-Jugoslavia sono quelli che ci hanno maggiormente impressionati per il calore e la passione del pubblico in generale, oltre che per l’enorme sostegno prodotto dalle frange più calde della tifoseria.
Gente davvero passionale, capace di seguire le partite saltando e cantando per la propria squadra dal primo all’ultimo secondo.
Del resto, non è un caso se sono state poi queste le tifoserie straniere con cui abbiamo avuto i più grossi contrasti, in particolare con gli sloveni di Lubiana con cui ci si è scontrati in diverse occasioni sia da noi a Bologna, che da loro, oppure ad Istanbul e Zagabria.
Al contrario, nel resto dell’Europa abbiamo incontrato spesso atmosfere più simili a quelle che si possono vedere in campionati professionistici come la NBA americana, con palasport pieni ma di pubblico poco caloroso e, quando ci sono, gruppi organizzati poco consistenti e quasi sempre isolati in qualche angolo remoto del palasport di turno.
21. Siete stati spesso autori di coreografie imponenti e spettacolari, talvolta anche goliardiche. A quali di queste siete maggiormente affezionati? Quali vi hanno creato i problemi più grossi oppure avreste voluto fossero riuscite meglio? E soprattutto, qual’è quella che ancora non siete riusciti a realizzare?
Una delle coreografie meglio riuscite di sempre rimane senza dubbio quella in cui nella nostra curva riproducemmo lo stemma dei cugini della Virtus utilizzando… i nostri fondoschiena! Come si dice in questi casi, minima spesa massima resa. Sia dal punto di vista organizzativo che da quello dei costi economici.
Un’altra coreografia che ci piace ricordare, è quella che fu fatta utilizzando le strisce di carta che componevano ben due scenografie. Da un lato la scritta “Fossa dei Leoni” e dall’altro, una volta girate le strisce, la scritta “Orgoglio Fortitudo”. Fu un lavoro davvero massacrante ma che ci ha dato veramente una grande soddisfazione.
Ce ne sarebbero poi anche altre che abbiamo realizzato ma le due appena citate sono sicuramente quelle che ricordiamo più volentieri.
Per quel che riguarda poi le coreografie meno riuscite, ce n’è stata giusto una ma… preferiamo non svelare qual è, perché di fatto nessuno se n’è mai accorto.
Infine, per concludere l’argomento coreografie, sì, c’è un’idea a cui abbiamo sempre pensato ma che non siamo mai riusciti a realizzare e che un giorno speriamo di poter far diventare realtà.
22. C’è stato nel corso degli anni un ricambio generazionale significativo all’interno della Fossa? E se sì, com’è stato gestito, visto che come gruppo non sembrate averne risentito in negativo, essendovi mantenuti sempre su buoni livelli sia in termini quantitativi che qualitativi?
Se per significativo s’intende un gruppo consistente di facce nuove a cui ad un certo punto si sono affidate le redini del gruppo, allora no.
La Fossa è un gruppo che va avanti da anni con una base che è rimasta sempre la stessa e a cui, di quando in quando, si aggiunge qualche faccia nuova. Chiaramente, il fatto di essere da tanto tempo insieme comporta tanti aspetti positivi ma anche qualche limite. Di sicuro riteniamo che sia una fortuna per la Fossa il fatto di poter contare su di un gruppo ben amalgamato che si frequenta da lungo tempo perché ciò consente ai più giovani di entrare e assimilare lo spirito della Fossa, prima di diventare loro stessi parte del gruppo.
Certo, il fatto di non avere un consistente e continuo ricambio generazionale al nostro interno, alla lunga potrebbe comportare qualche difficoltà. Ma, al momento, la cosa non ci preoccupa. Anzi, paradossalmente abbiamo avuto più ragazzi giovani che si sono avvicinati alla Fossa in quest’ultimo anno in cui abbiamo militato nella quarta serie del basket italiano (lo scorso campionato 2011/2012, NdR) dopo che eravamo precipitati dalla serie A alla terza serie prima, e dopo essere rimasti un anno intero senza una squadra da seguire, poi, piuttosto che gente nuova che si era avvicinata al gruppo negli anni passati in cui, al contrario, eravamo ai massimi vertici del basket professionistico italiano ed europeo.
Il perché di questa situazione paradossale non siamo ancora riusciti a spiegarcelo, ti dico solo che al ritorno da una delle nostre ultime trasferte, dopo che eravamo stati eliminati dalla corsa alla promozione, ci si raccontava e si riteneva pazzesco come un gruppo come quello attuale potesse ritrovarsi a militare in una categoria così bassa. Tieni presente che era una situazione molto particolare, in cui ci giocavamo il tutto per tutto contro una squadra forte e in una trasferta che ci era stata vietata (Lucca, NdR) ma alla quale abbiamo comunque partecipato, presentandoci ugualmente e riuscendo ad entrare tutti. Abbiamo perso ma a fine partita abbiamo ugualmente festeggiato i nostri giocatori, ringraziandoli per l’impegno profuso durante tutto l’anno, consapevoli che quello che ci aspettava, nella migliore delle ipotesi, era un altro anno in questa categoria.
Tutto questo per farti capire che è proprio in momenti come questo, quando si è letteralmente nella merda, che torna a venire fuori il vero “Spirito Fortitudo” che è una delle caratteristiche della nostra tifoseria, la quale riesce sempre a dare il meglio di sé nelle situazioni peggiori e più complicate. Si spiegano anche così, ad esempio, gli oltre mille spettatori di media presenti quest’anno al PalaDozza per seguire una squadra di quarta serie e gli oltre cinquanta di media in trasferta, in un clima di grande entusiasmo che, appunto, ha fatto avvicinare anche diversi ragazzi giovani al nostro gruppo.
Per assurdo, se fossimo stati ancora in serie A e con una squadra “normale”, forse non avremmo avuto tutto questo.
Speriamo solo che tutto questo patrimonio di entusiasmo che siamo riusciti a creare, non vada disperso a causa delle vicende che riguardano la nostra società.
Per quel che riguarda, invece, il modo in cui siamo riusciti a gestire il ricambio generazionale, possiamo dire che grossa parte del merito va riconosciuta agli stessi ragazzi che si sono avvicinati alla Fossa, perché hanno avuto l’umiltà e la pazienza di entrare nel gruppo “in punta di piedi”, sapendo di dover “fare la gavetta” e rispettando quelle che sono le regole e le gerarchie presenti all’interno del gruppo stesso. Da parte dei più vecchi della Fossa c’è sempre la volontà di “lavorare”, a livello umano, per far crescere i ragazzi più giovani e coinvolgerli attivamente nelle attività del gruppo, ma dalla nostra abbiamo la fortuna che quei pochi che entrano in Fossa si dimostrano poi dei ragazzi davvero in gamba.
Va poi anche detto che oggigiorno è forse un po’ più facile fare la gavetta all’interno della Fossa, contrariamente a quanto avveniva negli anni ‘80 e ‘90, quando il gruppo era forse un po’ più chiuso rispetto ad oggi e metteva duramente alla prova le nuove leve prima di accettarle definitivamente al proprio interno. Erano tempi in cui, se eri un ragazzo giovane che cominciava a frequentare la Fossa, poteva capitare che dopo dieci riunioni a cui partecipavi nessuno ancora conoscesse il tuo nome e, naturalmente, difficilmente ti veniva permesso di dire la tua. Come si dice da noi, se eri il “cinno” (giovane, NdR) della situazione, rimanevi il cinno per un bel po’.
23. Il mondo del tifo già da diversi anni ha abbandonato la sua originale connotazione esclusivamente maschile per aprirsi al gentil sesso. Anche nel vostro gruppo è presente una componente femminile attiva?
Assolutamente sì, e da parecchi anni. Anzi, si può tranquillamente dire che ci sia sempre stata in Fossa una sezione femminile, la cosiddetta “sezione Banchetto”, perché sono loro che si occupano di gestire il banchetto con il materiale in occasione delle partite in casa. Ad ogni modo, sono sempre presenti in casa, vengono in trasferta, partecipano alle riunioni, alcune di loro fanno anche parte del direttivo e perciò votano su tutte le questioni che riguardano la vita del gruppo; fanno praticamente tutto ciò che fanno i maschi e, anzi, se mai un malaugurato giorno dovessero sparire sarebbe un problema per tutto il gruppo. Per noi la presenza femminile all’interno della Fossa è una cosa del tutto normale perché è sempre stato così e continuerà sempre ad essere così.
24. Qual’è (se c’è) la più grande e sostanziale differenza tra la Fossa di oggi, che sostiene una squadra di giovanissimi nella quarta serie della pallacanestro italiana e che è impegnata a lottare per la sopravvivenza del proprio simbolo, rispetto alla Fossa degli anni dei leggendari campioni, dei successi e delle grandi coreografie?
La differenza sostanziale tra la Fossa attuale e quella di qualche anno fa, sta nel fatto che oggi, oltre alle normali attività di gruppo (organizzazione del tifo, delle trasferte, realizzazione del materiale, della fanzine, etc.) siamo anche impegnati in tutta una serie di attività rivolte a garantire la sopravvivenza della nostra Fortitudo. Ciò ha fatto sì che al nostro interno si sia creata una sorta di “unità” che ha lo scopo di tenere monitorati quotidianamente tutti i movimenti che avvengono attorno alla nostra società, anche per poter essere dei validi interlocutori nei confronti di chiunque si faccia avanti per riportare in vita la nostra Fortitudo. Questa è un’altra di quelle attività nella quale ci siamo impegnati anima e corpo e che va al di là dei classici schemi del gruppo ultras. Quando la Fortitudo è stata esclusa dal basket giocato noi abbiamo deciso di non abbandonarla al suo destino e di impegnarci direttamente per farla restare in vita, anche perché se non avessimo preso questa decisione avremmo dovuto di conseguenza sciogliere la Fossa. Per evitare tutto questo abbiamo scelto di schierarci in prima linea in questa nuova battaglia, che per noi è assolutamente nuova visto che va ben oltre quello che è stato finora il nostro vissuto come gruppo ultras.
Perciò, al momento, siamo impegnati principalmente su questi due fronti, uno prettamente ultras, che ormai conosciamo bene, e un altro, per noi del tutto nuovo, che ha il solo e unico scopo di ridare la Fortitudo ai suoi tifosi, senza nessun secondo fine. Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa nuova battaglia potrebbe metterci in cattiva luce ed esporci a critiche ed attacchi provenienti dall’esterno, da parte di chi ha secondi fini rispetto a noi.
È stato davvero difficile per la Fossa riuscire a sopravvivere come gruppo senza avere una squadra da seguire, tra il 2010 e il 2011, ed è altrettanto difficile oggi lottare giorno dopo giorno per provare a mantenerci in vita e lottare per riavere la Fortitudo. Di sicuro è molto più dura rispetto a quando organizzavamo coreografie o affrontavamo gruppi ultras nemici in serie A.
25. In passato riuscivate a prendere in contropiede i vostri nemici facendo voi per primi autoironia sul fatto che “non avevate mai vinto un c…o” e, malgrado tutto, il vostro tifo era degno di una grande squadra e di grandi risultati, anche ai tempi in cui invadevate Cremona e Reggio Emilia per conquistare la… permanenza in serie A2. Poi, un bel giorno, la maledizione è stata spezzata, è arrivata la prima Coppa Italia, poi il primo scudetto e addirittura il secondo tricolore (al cardiopalma), con annesse partecipazioni all’Eurolega… secondo voi, in quegli anni, è cambiato (e in che misura) lo spirito del tifoso medio fortitudino? E quanto è cambiato il modo di essere dei “fossaioli”?
Sì, sicuramente con la conquista dei primi importanti trofei è cambiato anche il tifoso medio fortitudino, nel senso che per la prima volta si sono avvicinati alla F scudata anche quelli che erano spinti esclusivamente dalla moda del momento, perché finalmente la Fortitudo era arrivata allo stesso livello dei ricchi virtussini e ce la potevamo giocare alla pari. Naturalmente tutta questa gente, non avendo vissuto gli anni della vera Fortitudo, non aveva niente del vero “Spirito Fortitudo”, lo prova il fatto che non appena le cose hanno cominciato ad andare male si sono volatilizzati, e a seguire la Fortitudo sono rimasti quelli di sempre, cioè coloro che la seguivano anche prima dei grandi successi.
Il modo di tifare della Fossa, sostanzialmente, non è mai cambiato anche se a dire il vero abbiamo vissuto un periodo di rilassamento dopo la vittoria del primo scudetto. La Fossa si è trovata in difficoltà per colpa delle solite diffide che hanno colpito il gruppo, privandolo della presenza di persone molto attive ma anche per il fatto di esserci trovati catapultati al centro del palcoscenico nazionale e internazionale, in un ruolo a cui non eravamo abituati. Soprattutto con un gran viavai di campioni ma senza una vera e propria bandiera, cosa a cui siamo molto affezionati e di cui sentivamo un gran bisogno.
A livello di tifoseria in generale, in quel periodo si è forse un po’ perso il senso di quello “Spirito Fortitudo” di cui si era sempre sentito parlare e che, ad un certo punto, solo pochi sapevano spiegare cosa fosse realmente. Oggi, per assurdo, con la Fortitudo finita in disgrazia ci sono maggiori possibilità di ridare vita allo “Spirito Fortitudo”, che non è altro che un sentimento che portano avanti i suoi tifosi, nel bene e nel male, riuscendo a trasmetterlo anche ai giocatori che scendono in campo.
Ecco, c’è da dire che questi ultimi due anni in particolare sono stato determinanti sotto questo aspetto. Prima di tutto perché hanno messo a dura prova il sistema nervoso di tutti noi, che abbiamo dovuto accettare il fatto di seguire una squadra che non era la vera Fortitudo, per quanto fosse la sua naturale continuazione e sicuramente un mezzo per riuscire un domani a riavere la vera Fortitudo. Malgrado ciò, siamo riusciti a fare una stagione e mezza da Fortitudo. La Fossa, in una situazione di difficoltà estrema, è riuscita a tirare fuori il massimo e lo prova il fatto di aver ricevuto dei riscontri estremamente positivi, soprattutto dalla gente comune. E questo ci teniamo particolarmente a sottolinearlo, perché non parliamo del ragazzo che frequenta la Fossa oppure del personaggio noto (imprenditore o politico di turno), bensì dei semplici tifosi che magari all’inizio erano scettici e ci guardavano con diffidenza ma poi, alla fine del campionato, ci sono venuti a dire che si sono divertiti e che tutto sommato avevamo ragione nel volerci togliere di dosso tutta quella gente che al PalaDozza ci veniva solo per moda o per fare numero, senza avere nulla da dare alla causa. Stavolta invece, soprattutto quando ci siamo trovati a giocare nella quarta serie della pallacanestro italiana, nonostante fossimo in pochi e fosse brutto vedere il PalaDozza semivuoto (fatta eccezione per la nostra curva!) in occasione delle gare interne della Eagles, siamo riusciti a creare un’unica entità, noi tifosi tutti, fossaioli e non fossaioli assieme ai giocatori. Siamo partiti senza nemmeno sapere se la Eagles sarebbe riuscita a durare fino alla fine del campionato e man mano che andavamo avanti ci accorgevamo che se al PalaDozza c’erano 1.000 spettatori, 600 o 700 erano con noi in curva. A quel punto abbiamo cercato di eliminare la differenza che c’era stata fino a quel momento tra la Fossa e i semplici tifosi, perché sapevamo che tutti eravamo lì per lo stesso motivo, l’amore per la Fortitudo, la vera Fortitudo. È stato allora che abbiamo cominciato a sentire un po’ più “fossaioli” tutti quelli che venivano con noi al PalaDozza e allo stesso tempo ci siamo sentiti un po’ più semplici tifosi noi, seppure continuavamo ad essere la parte trainante della tifoseria. Si è creata una sinergia davvero forte tra tutti quelli che erano presenti al palazzetto, giocatori inclusi.
Non era la Fortitudo ma siamo riusciti a disputare una stagione e mezza da Fortitudo e questo è quello che resta e ricorderemo sempre della breve esperienza di Eagles.
26. Sappiamo che nel basket il rapporto tra giocatori e tifosi è molto più forte e sentito che nel calcio, anche per merito della vicinanza “fisica” tra gli spalti e il campo di gioco: quali sono i giocatori simbolo nella storia della Fossa? E per cosa li ricordate?
È difficile fare dei nomi perché si finirebbe sempre per fare torto a qualcuno. Di fatto, ogni tifoso fortitudino ha i suoi giocatori preferiti. Ma ce n’è uno che più di tutti ha rappresentato lo “spirito fortitudo” perché è stato un grande lottatore e perché ormai è entrato nella leggenda. Si tratta di Gary “Baron” Schull, ragazzo americano che ha giocato nella F tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70. Di fatto, nessuno degli attuali componenti del direttivo della Fossa lo ha mai visto giocare, seppure lo si è conosciuto di persona quando è tornato in Italia per la presentazione della squadra che allora vinse il primo scudetto e per la festa che si fece in seguito: tutti lo metteranno di sicuro in cima alla classifica della propria squadra ideale perché per tutto il tempo in cui ha giocato nella Fortitudo lo ha fatto da autentico campione, lottando sempre in campo, dal primo all’ultimo secondo di gioco e non tirandosi mai indietro, neanche quando si è ritrovato con la faccia coperta di sangue dopo aver subito un fallo (è accaduto veramente! NdR). Purtroppo ci ha lasciati improvvisamente pochi anni fa, non prima però di aver avuto la possibilità di tornare al PalaDozza per ricevere il tributo di quanti non lo hanno mai dimenticato, inclusi quelli che non l’hanno mai visto giocare. Per il resto, ci sono stati anche altri giocatori a cui il tifoso fortitudino si è sentito particolarmente legato nel corso degli anni, ad esempio i fratelli Douglas, Gilmore, Zatti, Basile, Myers e chi più ne ha più ne metta, ma il giocatore simbolo della Fortitudo rimane indiscutibilmente Schull.
Una cosa di cui andiamo orgogliosi, come Fossa, è stato ricevere attestati di stima ed ammirazione da parte di tanti giocatori che hanno vestito la maglia della Fortitudo così come anche da parte di tanti altri cestisti che ci hanno giocato contro.
27. Due anni fa eravate in B1 e, ad eccezione dei forlivesi, non c’erano molte altre tifoserie degne di nota nel vostro girone, stesso dicasi nel campionato appena trascorso in B2 dove, ad eccezione di Montecatini e Lucca, non avete avuto mai nessun avversario con cui misurarvi sugli spalti: quanto vi manca a livello di gruppo il confronto con altre tifoserie ultras di un certo livello?
Ci manca parecchio il confronto con altre tifoserie, anche solo a livello di cori e di tifo, perché ci priva di quella parte importante della nostra essenza di ultras che ha sempre rappresentato un ulteriore stimolo a fare meglio e a dare di più. Al momento è, di fatto, una delle cose di cui più sentiamo la mancanza. Anche in trasferta dove, fatta eccezione per Lucca e Montecatini, per il resto non abbiamo trovato altre tifoserie con cui misurarci. Malgrado ciò siamo riusciti a rimediare delle diffide anche in qualche palestra di provincia, a dire il vero più per colpa della nostra irruenza, dovuta alla rabbia che stiamo covando da tempo, che non per colpa delle provocazioni delle tifoserie locali.
28. Come già era avvenuto nel torneo di B1 di due anni fa, anche nel campionato di B2 appena terminato la presenza della Eagles sui campi avversari ha coinciso quasi sempre con il record di spettatori e di incassi, dovuti non soltanto alla presenza della Fossa in trasferta ma anche alla curiosità degli stessi appassionati locali di vedere all’opera una tifoseria storica della pallacanestro italiana; eppure, anche in questa categoria vi è stato impedito di recarvi in trasferta: alla luce di tutto ciò, ritenete che la presenza di una tifoseria appassionata e passionale come la Fossa possa rappresentare un bene per le categorie semiprofessionistiche? Oppure pensate che per molti rappresenti solo un fastidioso inconveniente di cui farebbero volentieri a meno?
Questa è una domanda che andrebbe rivolta soprattutto a chi ci ha ospitato nel proprio palazzetto o nella propria palestra durante l’anno. Perché se è vero che, dal nostro punto di vista, non possiamo che trovare stimolante e irrinunciabile la presenza della Fossa in trasferta, è anche vero che dal punto di vista di chi ci ha ospitati non è detto che avessero poi tutta ‘sta gran voglia di ritrovarsi a dover fare i conti con 50 o 100 elementi che ti costringono a seguire la partita tra cori e schiamazzi o con cui dover discutere animatamente perché non gli fai trovare la birra al bar. E che magari creano tensione con la polizia o con i giocatori avversari. Di sicuro c’è che la presenza in trasferta della Fossa ha portato una ventata di novità in parecchi campi del nostro girone ed ha contribuito ad arricchire l’evento-partita che, in quarta categoria, non sempre è così appassionante dal punto di vista tecnico ed emozionale. Da parte nostra non ti nascondo che è stato difficile tifare a squarciagola in posti che spesso erano poco più che delle palestre scolastiche e con nessuno a risponderti dall’altra parte. Però, tutto sommato, pur non avendo mai ricevuto dei gran complimenti o attestati di stima per il nostro comportamento non certo esemplare fuori casa, abbiamo notato spesso una certa curiosità e attenzione da parte del pubblico locale verso questa banda di “furenti” che seguiva la partita a torso nudo, cantando a squarciagola o inveendo nei confronti di arbitri e avversari, con quattro o cinque staffette a fare avanti e indietro dai bar che, di sicuro, incassi così li ricorderanno per anni. Tutto sommato ci siamo divertiti e, allo stesso modo, pensiamo di aver fatto divertire chi ci ha dovuto sopportare in casa propria. Avevamo bisogno di trovare dei momenti in cui spassarcela, per staccare dalle nevrosi della vita quotidiana e, soprattutto, da quelle provocate da tutte le vicende societarie che stiamo affrontando.
Tutto sommato, pensiamo di essere stati uno spettacolo nello spettacolo che ha più divertito che non infastidito quei tifosi locali che hanno dovuto sopportare la nostra presenza. E poi, presi a piccole dosi, siamo anche simpatici.
29. Alla luce degli avvenimenti che hanno coinvolto la vostra società negli ultimi due anni, ritenete che la spaccatura creatasi all’interno della tifoseria biancoblu sia ancora sanabile? Ha danneggiato anche (e se si, quanto?) il vostro gruppo? Avete perso per strada degli elementi conosciuti e attivi nel gruppo che, magari, hanno preferito seguire la società di Romagnoli o non seguire nessuna delle due compagini?
C’è da fare una premessa importante. Non siamo stati noi a volere la spaccatura all’interno della nostra tifoseria. Anzi, abbiamo cercato fin dal principio di evitarla e, per riuscirci, abbiamo avvertito tutti i protagonisti coinvolti nelle recenti vicende societarie che, l’unica cosa che si doveva evitare era distruggere la tifoseria fortitudina, l’unico vero patrimonio che ancora rimaneva della nostra Fortitudo e, anzi, proprio da questo si doveva cercare di ripartire. Non ci hanno voluti ascoltare, pensando che le nostre parole fossero delle stupidaggini e così si è finiti per arrivare ad una frammentazione all’interno della nostra tifoseria. Da lì in poi le posizioni sono state sostanzialmente due. Da una parte noi della Fossa, che abbiamo deciso di seguire una nostra linea di continuità ben precisa insieme a tutti quelli che hanno condiviso la nostra scelta. Dall’altra parte, tutti quelli che hanno scelto di seguire l’altra compagine (ex-Ferrara), sia perché ci hanno visto la possibilità di sbarazzarsi della Fossa per cui non avevano alcuna simpatia, sia perché non volevano avere più niente a che fare con l’ex presidente della Fortitudo, Sacrati (di fatto, colui che ha portato la Fortitudo sull’orlo del fallimento, NdR). La differenza sta anche nel fatto che alcuni hanno visto nell’ex-Ferrara una possibilità per tornare a vedere basket di buon livello, diversamente da noi della Fossa che, pur di provare a dare continuità alla storia della Fortitudo abbiamo scelto di seguire una squadra di ragazzini nella quarta serie del basket italiano.
Difficilmente la frattura che si è creata in seno alla nostra tifoseria potrà essere ricomposta, soprattutto nei confronti di chi ci ha attaccati pubblicamente, definendoci “filo-Sacratiani” o affermando che la nostra scelta era dettata da non meglio precisati secondi fini. Nessun problema, invece, nei confronti di tutti quanti coloro che hanno fatto una scelta diversa dalla nostra, senza per questo attaccare chi, come noi, la pensava diversamente. Non sarà facile ricomporre la frattura ma non escludiamo che, col tempo, ciò possa avvenire.
Tutto questo, fortunatamente, non ha creato spaccature all’interno della Fossa, in quanto tutte le scelte che sono state fatte, sono state votate dal gruppo all’unanimità. È chiaro che tutta questa situazione, a livello personale, può aver generato in alcuni di noi qualche dubbio, accentuato dal fatto di trovarsi da un giorno all’altro in conflitto con chi solo fino a ieri era al tuo fianco per tifare la tua stessa squadra. Però, a livello di gruppo, non ha inciso in alcun modo e fortunatamente non abbiamo visto allontanarsi amici o amiche anche perché, ripetiamo, la scelta circa la linea da seguire come Fossa è stata presa all’unanimità, cosa che da noi succede molto di rado.
30. Quali sono, al momento, le prospettive per una rinascita a breve della vera e unica Fortitudo, per la sopravvivenza della “vostra” Eagles o comunque perché la Fossa possa continuare ad essere ancora presente sugli spalti anche il prossimo anno?
Attualmente la nostra società storica è fallita. Alla squadra che doveva idealmente riportarci alla rinascita della Fortitudo è stata fatta fare la stessa fine per una guerra tutta interna che si sta giocando sulle macerie del nostro mondo. Attualmente siamo senza squadra ma vivi come gruppo. Siamo intenzionati a farla pagare (in termini sportivi) a chi ci ha portato fino a qui. Il nostro obiettivo è durare un minuto più di loro per vederli “morire”, naturalmente, solo e soltanto dal punto di vista sportivo. Dopodichè, ci siederemo al tavolo con chiunque proponga un progetto serio e sostenibile di rinascita per la Fortitudo.
31. Superata la soglia dei 40 anni di vita della Fossa, quali sono gli obiettivi più importanti che ritenete di avere raggiunto come gruppo ultras? E quali quelli che vi prefiggete per il futuro?
Attualmente, l’obiettivo numero uno della Fossa è quello di restituire ai suoi tifosi un qualcosa che sia il più vicino possibile alla Fortitudo, che sarebbe la vittoria più bella per cui festeggiare veramente. Per il resto, come gruppo non ci siamo mai prefissati degli obiettivi da raggiungere se non quelli a breve o medio termine, com’è avvenuto in passato quando ci siamo lanciati in avventure come quella del film, di cui abbiamo già parlato, piuttosto che del libro, o quando abbiamo deciso di realizzare qualche coreografia, così come quando andiamo in onda col nostro programma alla radio tutte le settimane. Tutte cose che cerchiamo di fare nel miglior modo possibile, anche quando si tratta di iniziative che non sono nel nostro bagaglio di ultras ma in cui sappiamo di poter riuscire e che, comunque, essendo esperienze nuove possono aiutarci a crescere.
Se proprio vogliamo parlare di obiettivi a lungo termine, ecco, forse uno ci sarebbe, almeno per quel che riguarda i più vecchi del nostro gruppo. E sarebbe quello di potersi ritrovare a fare l’abbonamento nel parterre sotto la nostra curva, magari dopo 30/35 anni di militanza in Fossa, avendo dietro di noi i nostri figli che, nel frattempo, avranno preso il nostro posto in curva e porteranno avanti il tifo della Fossa dei Leoni al posto nostro. Anche se non escludiamo che le stesse persone che oggi covano questo sogno magari poi si ritroveranno a festeggiare anche i 50 o 60 anni di militanza nella Fossa!
32. Domanda di attualità obbligatoria: la Fossa, come tanti altri gruppi ultras della penisola, si è mossa in prima persona per portare aiuti concreti alle popolazioni emiliane colpite dal terremoto. Potete spiegare le vostre iniziative al riguardo?
Naturalmente, come si può immaginare, siamo stati parecchio colpiti da questo tragico evento, anche perché parecchi di noi hanno parenti, amici o conoscenti che vivono nelle zone colpite dal terremoto anche se, così come è accaduto in occasione del terremoto in Abruzzo, ci saremmo comunque mossi ugualmente. Abbiamo quindi deciso di attivarci in prima persona per andare a valutare le situazioni di criticità rispetto alle quali potevamo dare un aiuto diretto e concreto, piuttosto che affidare i nostri aiuti ad altri, finendo nel calderone delle tante iniziative, senza sapere poi se e quando vanno a buon fine. Per ora (Luglio 2012, NdR) siamo riusciti a raccogliere e portare in un campo di smistamento un container di beni di prima necessità, poi abbiamo dato una mano ai Forever Ultras del Bologna F.C. a raccogliere aiuti fuori dai supermercati e dagli ipermercati, andandoli poi a smistare nei campi delle zone terremotate, oltre a quelli di noi che si sono offerti per partecipare a servizi di vigilanza notturna antisciacallaggio nel Comune di Concordia. In collaborazione con i nostri giocatori, abbiamo organizzato una festa di fine campionato in cui abbiamo messo in palio materiale tecnico della squadra e gadget del nostro gruppo per una lotteria di beneficienza che ci ha permesso di raccogliere una discreta cifra che, a breve, decideremo come destinare. Inoltre, siamo in contatto con i nostri gemellati di Caserta e Roseto che stanno a loro volta organizzando delle raccolte da destinare alle popolazioni delle zone terremotate. Altre iniziative sono comunque in divenire e comunque, da questo punto di vista, non abbiamo intenzione di fermarci perché sappiamo bene che i problemi per chi vive questi drammi non finiscono certo nel momento in cui la terra smette di tremare, anzi è proprio in quei momenti, quando i riflettori dei media si spengono, che c’è bisogno di maggiori aiuti. Ecco, noi cercheremo di farci trovare pronti per questa seconda fase, per aiutare chi è stato colpito da questa tragedia.
33. Per concludere questa chiacchierata, qual’è la domanda che ancora non vi ho fatto e che vi sareste voluti sentire rivolgere?
A dire il vero ce le avete fatte tutte, tanto che ormai abbiamo finito le scorte di birra! A parte gli scherzi, ci piacerebbe, infine, riassumere i momenti chiave della storia della Fossa dei Leoni Fortitudo che sono stati il 1970, anno di nascita della Fossa; il 1986, anno in cui il gruppo decise di seguire in maniera esclusiva e costante la Fortitudo, il che significava prendersi l’impegno di essere sempre presenti in trasferta, su qualunque campo, trasferte al Sud e in Europa comprese, e in qualsiasi giorno della settimana, il che non è facile se si pensa che le squadre di basket spesso disputano turni infrasettimanali di campionato e, in occasione dei playoff, capita di dover andare in trasferta anche per tre volte di fila nel giro di cinque giorni; poi, è chiaro che nel corso degli anni qualche trasferta è capitata anche a noi di “cannarla”, più che altro per problemi tecnici (tipo guasti ai pullman) o giudiziari. Altro momento chiave nella storia della Fossa è stato poi il 1998, anno in cui abbiamo deciso di intraprendere una battaglia civile e legale contro la repressione, a causa del numero spropositato di diffide che avevano colpito il gruppo. Questo momento è stato per noi molto importante perché, partendo da qui, le iniziative del gruppo relative alla lotta per ottenere giustizia dalle istituzioni si sono estese al di fuori del nostro ambito, andando a sposare le battaglie a sostegno della famiglia del povero Federico Aldrovandi, così come è stato per le iniziative rivolte a chiedere giustizia per Gabriele Sandri e, oggi, la battaglia per far sì che anche Paolo Scaroni riesca ad ottenere verità e giustizia da quelle istituzioni che ne hanno segnato per sempre l’esistenza. L’idea era quella di far capire all’opinione pubblica che tutte le ingiustizie subìte dagli ultras oggi, domani potrebbero toccare a qualunque cittadino della cosiddetta società civile. E i casi che ti ho appena citato ne sono, purtroppo, la drammatica testimonianza.
Altre iniziative della Fossa sono state messe in atto per chiedere giustizia, ad esempio, per le vittime dell’incidente aereo in cui persero la vita alcuni studenti del liceo “Salvemini” di Casalecchio di Reno, e da lì in avanti hanno preso il via tutta una serie di altre iniziative attraverso le quali la Fossa si è impegnata nel sociale con varie iniziative che vanno dalle adozioni a distanza, alla raccolta di vestiti per le popolazioni vittime della guerra in Bosnia, così come le raccolte fondi a favore del Telefono Azzurro, come anche a favore di quelle fondazioni che aiutano i più bisognosi, e altre ancora. Tutte iniziative che, di fatto, ci hanno fatto conoscere anche come realtà capace di aggregare persone capaci di impegnarsi nel sociale e non più solo come il gruppo ultras capace solo di creare casini. Tutte cose che, indipendentemente da come veniamo percepiti all’esterno, ci hanno portati ad aiutare chi è meno fortunato e, allo stesso tempo, hanno permesso a molti di noi di crescere sotto il profilo umano.
Epilogo…
Alla vigilia della stagione sportiva 2012/2013, dopo aver ottenuto il ripescaggio nel campionato DNA (la terza serie del basket italiano) e dopo un tira e molla di alcune settimane per capire se la Eagles Bologna si sarebbe potuta iscrivere a questo torneo, la squadra sostenuta dai ragazzi della Fossa ha cominciato la nuova avventura sportiva, salvo poi vedersi improvvisamente cancellare dalla geografia del basket italiano, a seguito del definitivo fallimento della Fortitudo originale decretato dal Tribunale di Bologna e delle relative procedure di liquidazione collegate al fallimento stesso, che hanno portato alla messa in liquidazione della Eagles che, di conseguenza, a fine Novembre 2012 è stata definitivamente esclusa dal campionato DNA 2012/2013. In occasione dell’ultima gara ufficiale della Eagles, disputata in trasferta sul campo neutro di Ferrara contro la neopromossa Mirandola, i ragazzi della Fossa, assieme a tanti altri fortitudini che supportavano il loro progetto, hanno seguito in massa la formazione bianco-blu sostenendola incessantemente dal primo all’ultimo secondo tra cori, sciarpate, battimani e… addirittura torce e fumogeni accese all’interno del palasport ferrarese. Erano almeno in 500 assiepati sugli spalti, giunti a Ferrara per rendere onore ad un altro pezzo di storia della Fortitudo che se ne andava. 81 a 76 il risultato finale con cui i giovani giocatori della Eagles, a loro volta, hanno onorato fino all’ultimo la maglia e i simboli dell’Aquila e della F scudata. Ecco cos’è lo “spirito Fortitudo”.
Malgrado tutto, la Fossa dei Leoni ne esce a testa alta, decidendo di non mollare e, anzi, di continuare a vivere e lottare ora più che mai, con l’unico scopo di smascherare chi ha tramato per distruggere la vera Fortitudo attraverso la creazione di una squadra-surrogato che, di fatto, non è e non sarà mai la vera Fortitudo Bologna.
E così la vita della Fossa va avanti, tra riunioni e iniziative varie e, come da sempre nel loro stile, non manca nemmeno la voglia di stupire.
Torniamo così alla finale di Coppa Italia 2013, che vedeva di fronte Siena e Varese, giocata nella cornice del Forum di Assago, periferia di Milano, quando in un angolo dell’enorme palasport hanno fatto la loro comparsa i sostenitori della Fortitudo che, guidati dai ragazzi della Fossa, hanno manifestato a favore della propria squadra, urlando a squarciagola tutto il loro amore per la F scudata e tutto il disprezzo nei confronti di chi, oggi, vorrebbe che la ex-Ferrara prendesse il posto che fu della vera Fortitudo.
Di fronte ai vertici della pallacanestro italiana, presenti al gran completo, hanno dimostrato per l’ennesima volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’infinita passione che nutrono per la loro squadra e per il basket in generale.
Mostrando nel contempo all’Italia intera, collegata in diretta televisiva, che la Fossa dei Leoni 1970 e lo “spirito Fortitudo” sono ancora vivi e vegeti.
Il resto, fortunatamente, è cronaca recente di questi ultimi giorni, che lascia presagire un lieto fine per tutta questa intricata vicenda.
Dopo mesi di voci e indiscrezioni, ai primi di Maggio comincia a trapelare la notizia secondo cui i vertici della “Biancoblu Basket Bologna” (ex-Ferrara) starebbero trattando per la cessione del titolo sportivo di LegaDue ad un’altra piazza (la più accreditata sembra essere Napoli). Ciò significa che il progetto voluto da Giulio Romagnoli, ma fortemente osteggiato da buona parte della tifoseria fortitudina (tra cui anche la Fossa), sembra essere ormai giunto al capolinea. Del resto, non c’è da meravigliarsi, visto lo scarso appeal che questa nuova squadra ha sempre avuto sul popolo fortitudino. I risultati sportivi altalenanti e il conseguente calo di interesse tra i già pochi spettatori, sembrano aver assestato il definitivo colpo di grazia al progetto “Biancoblu Basket Bologna”.
Pochi giorni dopo è lo stesso Romagnoli a fare chiarezza sul futuro suo e dell’attuale compagine militante in LegaDue, attraverso l’annuncio dell’imminente nascita di una società completamente nuova allo scopo di riunificare la tifoseria fortitudina e recuperare quanto più possibile della Fortitudo storica. Nel contempo, lo stesso Romagnoli dichiara pubblicamente di non voler occupare alcuna carica all’interno della nascente nuova società.
Condizione, quest’ultima, prioritaria per la Fossa che, nel giro di pochi giorni, annuncia ufficialmente e pubblicamente il proprio sostegno al nuovo progetto, a condizione che Giulio Romagnoli tenga fede alla sua promessa di non ricoprire cariche dirigenziali, rimanendo fuori dalla nuova Fortitudo.
Le premesse per un lieto fine, quindi, ci sono tutte.
Ora l’intero movimento cestistico italiano ha bisogno che la Fossa torni a tifare sugli spalti. Ha già visto scomparire troppi gruppi ultras storici che avevano contribuito a scrivere le pagine più belle della pallacanestro italiana.
E allora, avanti Fossa, che la vostra storia continui.
Intervista raccolta da Giangiuseppe Gassi.