Sono da poco passate le 12 dell’8 settembre 1943. Mancano solo poche ore alla firma dell’armistizio da parte del governo Badoglio, mentre Frascati è impegnata nel celebrare la Festa della Natività. Nessuno può esser cosciente di trovarsi esattamente in mezzo alla storia, senza possibilità – purtroppo – di fermarla o arginarla. La cittadina tuscolana è ormai da diverso tempo base per numerosi contingenti militari tedeschi, grazie alla sua posizione strategica tra le due strade consolari Casilina e Appia. Nonché alla sua vicinanza con Roma. Milletrecento bombe (per una cifra pari a trecentocinquantatré chili di esplosivo) vengono sganciate dagli Alleati (che in realtà già lo erano, considerato che l’armistizio era stato deciso, ma non ancora ratificato, cinque giorni prima) sulle teste dei frascatani, trascinandosi fino a Velletri, per distruggere parte della Via Appia e impedire ai nazisti di portarsi verso la Campania, facilitando così lo sbarco americano in quel di Salerno. Quella che nella storia dei Castelli Romani è stata dapprima parte dell’antica città di Tuscolo e, successivamente, una località “ludica”, cara anche al turismo dell’800 e celebre per gli scorci su Roma, viene pesantemente danneggiata, costringendo ben settemila persone a scappare – rifugiandosi nelle campagne e nelle grotte – e mietendo ben seicentosei vittime tra i civili. Questa premessa è doverosa, perché l’esordio del campionato di Promozione Laziale 2024/2025 avviene proprio nel giorno in cui si commemorano gli ottantuno anni dai tragici eventi bellici. E ancor più significativa perché in campo scendono le rappresentative di due tra i comuni più colpiti e danneggiati dai raid. Non a caso anche lo speaker, prima del calcio d’inizio, ci tiene a sottolineare che se alle 12,07 (orario del primo bombardamento) le squadre dovessero essere in campo (anziché negli spogliatoi per l’intervallo) il direttore di gara provvederà a fermare per sessanta secondi l’incontro.

Volendo spostare il discorso su note certamente più leggere, la prima sorpresa di giornata ce l’ho avvicinandomi allo stadio frascatano (il Comunale VIII Settembre, che dedica per l’appunto il nome a suddetta data) e scorgendo da fuori una masnada di ragazzi assiepati dietro uno striscione che riporta il nome della città. Un paio di anni fa ebbi modo – dopo un LVPA-Sora – di approfondire la storia di questo club, letteralmente martoriato dagli scempi del calcio moderno (che trova nel versante laziale-romano una delle sue peggiori espressioni) e definitivamente ucciso dalla – fortunatamente “fu” – Lupa Roma nel 2017, quando il football di Frascati conobbe la sua prima e sventrante morte. Un colpo basso alla tradizione di un sodalizio nato tardi, è vero, nel 1974, ma capace di disputare due campionati di C2 sul finire degli anni settanta e ricoprire sempre un ruolo di primo piano nel panorama dilettantistico della regione.

Negli ultimi anni sono stati fatti diversi tentativi per riportare in auge nome e bagaglio calcistico della LVPA. In ordine cronologico, dunque, la società che mi ritrovo di fronte questa mattina è l’ultimo di essi. In questo scenario, come si potrà ben comprendere, non è affatto facile dar vita a un seguito organizzato. Già ci troviamo in un’area che è legata con un vincolo di sangue a Roma, sia per un fattore di vicinanza che per una diffusa emulazione e venerazione di tutto quello che avviene nell’Urbe, se poi ci si aggiunge lo smantellamento sportivo di cui sopra, è fin troppo elementare capire perché di ultras qui ci sia sempre stato poco. Inoltre Frascati, con tutta probabilità, è quella che più di tutte ha subito un vero e proprio inglobamento con la Capitale, fino a diventarne quasi estrema periferia. Basti pensare che per coprire la distanza che intercorre tra casa mia (che è ancora all’interno del Grande Raccordo Anulare) e lo stadio, impiego soltanto quattordici minuti. E comunque, più complessivamente, malgrado la discreta tradizione calcistica di molte società, ai Castelli si è sempre faticato moltissimo nell’intessere un discorso continuativo sugli spalti.

Non me ne voglia qualcuno se la mia memoria gioca brutti scherzi, ma su due piedi, ad esempio, ricordo al seguito della LVPA un paio di gruppi (Gruppo Noise e Banda Manolo) ormai più di quindici anni fa. Mentre nel post Covid qualcosa già sembrava essersi smosso, soprattutto durante il campionato di Serie D, due stagioni fa, quando uno sparuto numero di ragazzi provò ad animare le gradinate. Oggi il contingente di casa si schiera, come detto, dietro uno striscione nuovo di zecca, cominciando a farsi sentire già in fase di riscaldamento. Ovviamente è davvero troppo presto per dare qualsiasi giudizio, soprattutto in virtù della discontinuità che spesso caratterizza questo genere di situazioni, tuttavia osservare come una manciata di ragazzi – quasi tutti molto giovani – abbia deciso di mettersi dietro alcune pezze per sostenere il nome della propria città, è rincuorante.

I cori vengono ripresi dalle due curve capitoline o dalle hit più in voga nel momento (un po’ come con l’aspetto total black che sembrano volersi dare), ma tutto sommato ci può stare. Inutile girarci attorno, ultras è un fenomeno di costume e anche di emulazione. Se già in passato a creare ed inventare erano comunque “pochi”, oggi – nell’era dell’omologazione imperante e dell’abbattimento di qualsiasi creatività – la cosa è ancor più difficile. In questi casi si deve anche avere la fortuna di inglobare all’interno del proprio gruppo ragazzi vogliosi di “andare contro” e mettere al centro del progetto il proprio marchio di fabbrica. Ma ripeto: siamo in un contesto sociale dove tra qualche anno sarà anche difficile tener viva l’identità frascatana, quindi ai nastri di partenza io posso solo augurare il meglio a chiunque provi a sovvertire il corso naturale delle cose. E comunque, complessivamente, la loro performance non è affatto male: striscione iniziale per spronare i giocatori in vista dell’avvio del torneo, bandierine più un bandierone, manate, cori ripetuti e spesso ritmati da un tamburo e tanta buona volontà. Lasciatemi fare solo una considerazione: se tutto questo avviene è perché il bagaglio costruito e lasciato ai posteri dal movimento ultras è un qualcosa di molto più grande di quanto si pensi. In grado di cavalcare di generazione in generazione, sebbene le differenze ci siano e spesso finiscano proprio per creare contrasti tra le stesse, con i più vecchi che – secondo me erroneamente – tendono a disconoscere tutto quello che è successivo alla loro militanza.

Dicevo dell’interessante – almeno da un punto di vista geografico – sfida che mette di fronte due centri divisi da ventuno chilometri e rappresentanti uno il versante nord est dei Castelli Romani (Frascati) e l’altro quello sud ovest (Velletri). Chi guarda la piana del Tevere, chi guarda quella pontina fino al Circeo. Un modo per ricordarci quanto queste antiche terre dove insediamenti e città erano presenti già prima di Roma, siano da sempre crocevia per la Capitale e le sue vicissitudini. Quando la sfida è da poco iniziata, al di fuori dello stadio si sentono esplodere un paio di petardi, seguiti dal coro con cui gli ultras veliterni annunciano il loro arrivo. I rossoneri sono ormai una realtà alquanto rodata nel panorama laziale e per loro inizia una nuova annata dove consolidarsi e portare avanti un progetto di curva che ha piantato radici davvero importanti presso la loro città. Alcuni funzionari della polizia li accolgono agli ingressi, senza tuttavia fare particolari storie. So che questa dovrebbe essere la normalità, ma considerati i numerosi casi in cui gli animi si scaldano senza alcun motivo e persino in situazioni davvero tranquillissime, forse vale la pena sottolinearlo. La Banda Volsca prende posto nello spazioso settore ospiti e comincia sin da subito a sostenere la VJS con un paio di bandieroni, alcune bandierine e tanta voce.

La mattinata afosa non aiuta a stemperare le fatiche e una volta tanto, in ambo i settori, vedo sfilare più bottiglie d’acqua che bicchieri di birra (sic!). Anche tra le fila ospiti fanno capolino un paio di ragazzini, che brandiscono con orgoglio sciarpe e bandiere, roteandole in cielo e partecipando ai cori. Il tutto è sempre bello perché semplice, non artefatto. Direi quasi un legame mai cambiato tra tutti i primi gesti che abbiamo compiuto in uno stadio. Inoltre per dare linfa a tutto quello che è stato costruito questi anni al seguito della VJS, sarà fondamentale coinvolgere sempre e continuamente ragazzi e giovani, sebbene i rossoneri possano contare su una partecipazione trasversale e sentita più unica che rara per una regione come il Lazio, che giocoforza gravita attorno a Roma e ai suoi individualismi e alla sua centralità, anche nello sport.

In campo le squadre non regalano grandi emozioni e alla fine il direttore di gara dichiara la fine delle ostilità sul più classico degli 0-0 di inizio stagione. I giocatori si portano sotto i rispettivi settori, per prendere applausi e incoraggiamenti dalle tifoserie. Poi lentamente l’VIII Settembre comincia a sfollare e anche io mi dirigo trafelato verso la macchina, per ridiscendere velocemente a Roma. Ragionando, con la Tuscolana che mi passa velocemente sotto i piedi, mi dico che queste sono partita da fare sempre, anche quando generalmente si cercano i grandi eventi o si assiste alle finali europee. In queste mattinate trovi l’essenza, distanti dai fronzoli e dai lustrini di un certo tipo di calcio, ma anche di un certo tipo di tifoseria. All’orizzonte le nuvole si fanno sempre più nere e d’improvviso la cappa di calore svanisce sotto un possente acquazzone estivo, ricordandomi quanto la bella stagione sia agli sgoccioli, pronta a cedere il passo alla stagione delle partite!

Simone Meloni