Dal Belvedere di San Benedetto tutto lo splendore di Modica si apre davanti ai miei occhi, senza lasciare spazio a indugi. Le centinaia di case scavate nella pietra si mostrano arroccate sulla collina, restituendo un’immagine simile al più classico dei presepi natalizi. Malgrado sia ottobre inoltrato, il caldo possiede ancora ampiamente l’isola, e i raggi del sole si fanno sentire quando l’orologio segna le 13:30. Il paradisiaco sapore di un pranzo a base di specialità locali, con la pasta al macco di fave a farla da padrone, primeggia ampiamente sulle papille gustative, addolcito dal più classico dei cannoli. La Trinacria ti allevia e coccola anche quando non glielo chiedi, riportandoti con semplicità sulla sua terra, tra le sue bellezze. Fra la sua gente sempre ospitale e ben disposta, vogliosa di far conoscere i luoghi natii ma anche di esaltare quel sentore comune – la sicilianità – che qua, come forse in pochi altri posti d’Italia, riesce a unire anche una regione storicamente divisa da forti e indelebili rivalità campanilistiche. Di fronte a me vedo il Duomo di San Giorgio, col classico stuolo di turisti a fare andirivieni sui suoi scalini. Mentre altrettanti curiosi si perdono per i vicoli del centro storico, o “assaltano” il Castello, arrivando sulla sua cima e osservando il panorama speculare rispetto al mio.

A meno di un anno di distanza sono ancora una volta in Val di Noto. Dopo Ragusa, questa volta è il turno di Modica. Pur “odiandola” ripetutamente, do atto a Ryanair di aver rivoluzionato anche la mobilità interna. Basti pensare che in questo fine settimana posso permettermi il lusso di calcare il manto verde del San Nicola di Bari al sabato, per Altamura-Monopoli, e il mattino seguente raggiungere lo scalo catanese di Fontanarossa in un’ora scarsa. La stanchezza non manca, ma le due ore di pullman che dal capoluogo etneo mi conducono a destinazione vengono giocoforza utilizzate per riposare e riprendere quantomeno le energie utili ad affrontare un’altra giornata intensa. Non chiedetemi perché mi ritrovi qui: ho semplicemente scandagliato l’app di Tuttocampo, imbattendomi nella sezione “Dilettanti” e nel Girone A dell’Eccellenza Siciliana. Alla costante ricerca di stadi, città e tifoserie non ancora viste. Pertanto l’apparizione di questa sfida è stata a dir poco provvidenziale! Peraltro poter vedere uno stadio vecchio stampo come il Vincenzo Barone, è quasi un privilegio in un momento storico come questo, dove si cerca a tutti i costi di delocalizzare gli impianti o utilizzarne l’obsolescenza come scusa per vietare trasferte o giocare a porte chiuse.

Sempre dal Belvedere di San Benedetto, il Barocco Siciliano – quello che ha caratterizzato la ricostruzione di tutta la parte orientale dell’isola dopo il terribile terremoto del 1693 – risplende, fondendosi appieno con il passato remoto di un insediamento di cui si hanno i primi segni di antropizzazione oltre quattromila anni fa e dove, in pieno centro storico – nel Rione Vignazza -, si possono osservare i resti di una necrepoli, detta del Quartiriccio. Quasi inutile sottolineare come anche questa porzione di isola sia stata testimone di culture, popoli, scorribande e genti. Già nota per essere in mano ai sicani, l’area dove oggi sorge la città venne occupata successivamente dai siculi, discesi dal Lazio, per poi passare sotto l’egemonia dei greci, che la ribattezzarono Μότουκα, dei romani, con i quali divenne Mothyca e degli arabi, che a loro volta la appellarono Mudiqah. Sempre bello, quanto suggestivo, pensare a come il nostro Paese, in alcuni luoghi soprattutto, sia tutt’oggi ancora scrigno di millenarie civiltà umane, nonché dei loro usi e dei loro costumi. Con i suoi 53.000 abitanti, dopo il capoluogo, è il centro più grande della zona. Una grandezza non certo casuale o soltanto figlia dell’estensione moderna – che ha dato vita a quartieri “nuovi” e popolosi come quello della Sorda -, ma anche di un passato che ha visto Modica essere capoluogo dell’omonima contea, una delle più grandi e ricche di tutto il Sud Italia. Nata nel 1282, dopo la liberazione dell’isola dai saraceni e successivamente ai Vespri Siciliani, moti con cui buona parte della nobiltà isolana si ribellò al dominio angioino, fruendo dell’aiuto aragonese.

In questa domenica ottobrina, con il flusso turistico discreto ma non invasivo come nei mesi estivi, è quasi rilassante osservare signori e ragazzi modicani sostare nei bar e negli eleganti quartieri per concedersi un aperitivo prima del pranzo. Qualcuno, passando nel Rione Vignazza, mostra orgoglioso la propria sciarpa. Questa è una delle roccaforti del tifo e dell’orgoglio rossoblù, tanto da esser rappresentata dallo striscione del medesimo gruppo in ogni gara, interna ed esterna, disputata dalla compagine siciliana. Malgrado siamo solo a inizio campionato, la partita di oggi è senza dubbio importante per il prosieguo del campionato. Di fronte c’è il Vittoria, altro sodalizio che da qualche anno è uscito fuori dal torpore e dai fallimenti – dopo i fasti del professionismo tra la fine degli anni ’90 e la metà dei duemila -, vincendo lo scorso anno il campionato di Promozione e presentandosi ai nastri di partenza di questa stagione come una delle pretendenti al successo. Tra le due tifoserie corre buon sangue, anche in chiave anti-ragusana, pertanto lo spettacolo che si annuncia oggi al Barone è pacifico e festivo. E anche se, lo ammetto, non sono un folle amante delle partite con tifoserie gemellate o amiche, per una volta sono comunque contento di non dovermi preoccupare per forzature o mala gestione dell’ordine pubblico da parte dei soliti noti.

Vorrei dire che il pallone in “riva al Moticano”, comincia a rotolare nel 1932, ma sarebbe un’espressione non propriamente corretta da un punto di vista… “geologico”. Sì perché una delle particolarità di questo posto è che la fiumara conosciuta, per l’appunto, come Moticano, è stata interrata praticamente da un secolo e oggi corre sotto il Corso Umberto I, continuando poi, fuori città, la sua discesa verso il mare, attraversando prima Scicli. Questo corso d’acqua nasce dall’unione di due torrenti – lo Janni Mauro e il Pozzo dei Pruni – che si uniscono proprio sotto la Torretta dell’Orologio del Castello. Fino all’inizio del secolo scorso, il centro storico di Modica era caratterizzato dalla presenza di ben ventitré mulini, nonché diciassette ponti che la rendevano, di fatto, una sorta di Venezia siciliana. I nuovi piani regolatori e la volontà di interrare questi letti d’acqua, anche per evitare le soventi inondazioni, hanno reso impossibile anche solo immaginare suddetto scenario. Sta di fatto, tornando a noi, che, la prima “idea” di football a queste latitudini risale al 1932, quando nasce la Vis Modica, che tuttavia non prende parte a nessun torneo ufficiale fino al 1937/1938, disputando solo kermesse e gare amichevoli e stanziando il suo terreno di gioco nel quartiere della Sorda, allora poco popolato e con ampi spazi. Tanto è vero che negli anni successivi su quello spazio si svilupperà l’attuale stadio Barone, con il tempo, poi, inglobato da case e costruzioni. Oggi vero e proprio gioiellino in grado di reincarnare appieno i tipici impianti siciliani, quelli che un tempo erano caratterizzati dal fondo in terra battuta, che spesso e volentieri, venendo letteralmente bruciata dal sole, diveniva di colore marrone/rossiccio.

Il Modica, che negli anni ha subito vari cambi di denominazione e fallimenti, riesce ad approdare al professionismo (in C2) per la prima volta nella stagione 1981/1982, retrocedendo, però, subito in Serie D. Copione che si ripete nel 2005/2006, quando i rossoblù tornando mestamente tra i dilettanti dopo una sola stagione. Da allora poche altre apparizioni in D (l’ultima nel 2010/2011) e tanti campionati regionali, per una piazza che – paradossalmente, coma avremo modo di vedere – ha conosciuto la sua crescita ultras proprio con il nuovo millennio. Facendo nuovamente cenno alla questione stadio, è giusto ricordare come sul finire degli anni ’90 il Comune inaugurò un nuovo impianto, successivamente intitolato al compianto massaggiatore Pasquale Scollo. Una struttura eretta poco distante dal Barone, ma in un luogo più spazioso e consono al transito dei tifosi e alla gestione dell’ordine pubblico. Tuttavia, l’ennesimo fallimento, nel 2016, e la ripartenza dalla Prima Categoria, convincono la nuova dirigenza a fare ritorno al vecchio campo, con lo Scollo che lentamente viene abbandonato all’incuria, divenendo, di fatto, inagibile. Attualmente sono in corso dei lavori di recupero, che dovrebbero restituire alla città lo stadio, nuovamente funzionante e agibile. Non tutti i mali vengono comunque per nuocere: personalmente non posso negare che assistere a questa partita tra le quattro mura del Barone sia senza dubbio più esaltante.

Quando manca un’ora al fischio d’inizio sono già numerosi i tifosi che brulicano attorno al perimetro dello stadio. Sciarpe, bandiere, entusiasmo e botteghini presi d’assalto. Da Vittoria sono attesi in trecento, che andranno a completare uno scenario da categoria superiore. Per l’occasione i gruppi di casa hanno organizzato una coreografia, con l’intento di coinvolgere più persone possibili e accendere la loro gradinata. Il tifo organizzato rossoblù, ormai da qualche anno, rappresenta un punto fisso e di riferimento per tutta la Modica sportiva. Basti pensare che dalla ripartenza dell’attuale sodalizio, gli ultras sono diventati anche proprietari del logo, un aspetto non da poco considerando la facilità con cui oggi le società falliscono e, spesso, personaggi di dubbia provenienza tengono in ostaggio gli elementi basilari per cui un club è conosciuto e si identifica. Poter disporre in prima persona dello stemma, significa non perdere, a prescindere da ogni avvenimento, quello che forse è il primo elemento in cui ogni sostenitore si riconosce e rispecchia la tradizione della propria squadra. Un qualcosa che chiaramente è stata possibile grazie alla bella sinergia che negli anni si è instaurata tra la componente ultras e il resto della tifoseria modicana.

Quando si parla di tifo – un po’ come per altri aspetti della società italiana – bisogna sempre tener conto di come cambiamenti e novità si verifichino spesso “verticalmente”, da nord verso sud. Non è un caso, ad esempio, che il seguito organizzato nasca nel settentrione, per poi dilagare a macchia d’olio verso il mezzogiorno. Inoltre, se si parla di Sicilia, è necessario tener conto della difficoltà logistica che per anni ha attanagliato – e in parte ancora oggi attanaglia – i ragazzi con la sciarpa al collo e non solo. Spostarsi dall’isola, andare in trasferta quando si gioca in campionati nazionali, ma spesso anche muoversi all’interno della stessa regione, non è propriamente semplice e veloce. Questo per dire che anche a queste latitudini, prima di osservare un modo più composito, continuo e assiduo di militare dietro pezze e striscioni, è occorso aspettare il periodo a cavallo tra gli anni novanta e i duemila. Chiaramente anche qua negli anni ottanta ci furono i primi vagiti, nella fattispecie con gli striscioni dei Commandos e degli Ultras – primi esperimenti “rudimentali”, ma sicuramente importanti da un punto di vista dell’incremento del folklore -, succeduti poi dalla Falange negli anni novanta, con chiara ispirazione all’omonimo gruppo guidato a Catania da Ciccio Famoso. Il vero e proprio “cambio di marcia” avviene dal 2004, quando il Modica torna in Serie D dopo vent’anni e una nuova generazione si impone di costruire qualcosa che si rifaccia maggiormente al modus vivendi curvaiolo, ormai sviluppatosi e in voga in quegli anni. Nascono la Ultras Centurie e le Brigate, che cominciano a seguire la squadra dentro e fuori assiduamente, creando materiale per la prima volta. La Falange continua ad affiancare i gruppi neonati, mentre fanno la loro apparizione anche altre insegne più “piccole” come Ultrà Dente (che prende il nome dal medesimo quartiere) e Skizzati. Nel 2010, quando gli ingranaggi sono ormai oleati e molti dei ragazzi hanno maturato la giusta esperienza. Brigate e Ultras Centurie si fondono, dando vita agli Ultras Modica 1932. Un gruppo che fino al 2017 guida il tifo rossoblù, rendendosi protagonista di un altro salto in avanti per qualità e quantità, subendo anche diversi episodi repressivi, su tutti le oltre venti diffide piovute dopo gli incidenti di Noto, nell’aprile 2011. Lo scioglimento del gennaio 2017 porta la Gradinata a una necessaria, e ulteriore, trasformazione. Nascono i Sostenitori, da cui poco dopo usciranno però alcuni componenti dando vita al gruppo Tradizione. Questo binomio, che con il tempo ben si amalgama, riuscendo a far tornare su ottimi livelli la tifoseria, subendo tuttavia un ulteriore “scossone” a seguito del Covid, quando in rapida successione vengono sciolti prima i Sostenitori (ottobre 2021) e poi Tradizione (maggio 2022), lasciando spazio a un altro gruppo da poco nato, il Rione Vignazza. Nel marzo 2023 fa la propria apparizione lo striscione Modica 1932, che raccoglie molti dei vecchi con un passato in Sostenitori e Tradizione. Dall’inizio dello scorso campionato, ai due gruppi summenzionati si aggiungono anche i ragazzi di Zona 167, che attualmente “ultimano” il terzetto alla guida del contingente ultras modicano.

Anni di militanza, storie di vita al seguito del Modica e anche affermazione e nascita di rivalità e amicizie. Chiaramente, in tema di acredini, la prima non può che essere quella con Ragusa, con le due città divise da soli quindici chilometri e da secoli di storia che le ha viste contrapposte. Un odio che sicuramente ha influito anche nell’instaurazione del forte rapporto di amicizia (il più vecchio) con gli ultras vittoriesi, anch’essi acerrimi rivali dei ragusani. Altre amicizie importanti sono quelle con Acireale e Nola. Mentre rivalità sentite, oltre a quella con Ragusa, sono con Siracusa, Gela, Enna e Paternò. Il quadro descritto, dunque, ci parla di una tifoseria attiva e viva, che malgrado i molti cambiamenti in termini di nomi e striscioni, ormai da anni cerca di portare avanti un discorso curvaiolo seguendo determinati dettami. Va sempre ricordato che siamo in una zona della Sicilia, la Val di Noto, non certo funestata da chissà quale humus sociale problematico o stradaiolo, cosa che se da un punto di vista della tranquillità gioca a favore di chi vi risiede, sicuramente sotto l’aspetto del controllo sociale esercitato da commissariati e Questure, comporta invece spesso atteggiamenti a dir poco asfissianti, considerati i pochi problemi a cui badare in una zona turistica e a tratti borghese. Si percepisce anche vedendo l’esagerata minuzia con cui alcuni funzionari riprendono l’esterno dello stadio e tampinano ogni movimento dei tifosi, anche in una giornata dove la cosa più grave che può succedere è la sbornia da parte di qualcuno (sic!).

Quando decido di varcare i cancelli ed entrare allo stadio, in pochissimo tempo ritiro la pettorina e mi ritrovo sul manto verde. La prima cosa su cui mi cade l’occhio, inevitabilmente, sono le decina di persone appollaiate sui balconi dei palazzi circostanti, in attesa di assistere gratuitamente al match. Visione sempre celestiale, che rimanda al calcio di un tempo e trasmette quel calore necessario a illudersi che il pallone sia ancora qualcosa di lontanamente romantico. Gli ultras modicani sono intenti a ultimare i preparativi per la coreografia, mentre i vittoriesi stanno montando un lungo striscione di solidarietà per i gemellati igeani, che in settimana hanno annunciato la loro sospensione dopo aver ricevuto dieci, pretestuose, diffide per cori contro le forze dell’ordine. Provvedimenti che, sommati ai venti Daspo ricevuti lo scorso anno dopo alcuni tafferugli con i supporter acesi, hanno avuto il chiaro e mirato intento di smantellare ogni forma di tifo organizzato a Barcellona Pozzo di Gotto, togliendosi così direttamente il problema della gestione dell’ordine pubblico allo stadio. Oltre allo striscione, i biancorossi rimarranno in silenzio per quindici minuti, sempre per mostrare vicinanza ai loro amici. Si tratta della prima volta al cospetto dei vittoriesi, di cui ho lontani ricordi nei campionati di C2 a inizio anni duemila. Nel mio piccolo è emozionante poter vedere all’opera un gruppo che, malgrado le tante problematiche relative a fallimenti e ripartenze della propria squadra, è riuscito a riprendersi e tornare sulle gradinate con i propri storici drappi. In tal senso, nel mio personale Sicilian Tour, non mancherà occasione di assistere a una partita casalinga degli ipparini, che in questi ultimi anni sono tornati a riempire abbondantemente il Gianni Cosimo, anche grazie a una squadra allestita finalmente in maniera competitiva.

La musica irrorata dalle casse cessa e le due squadre fanno capolino dagli spogliatoi. Il big-match di giornata sta per iniziare, mentre dalla gradinata di casa – gremita fino all’ultimo spazio disponibile, cala lentamente la coreografia, dove un centurione pronto alla battaglia campeggia sul telo centrale, “guarnito” dalla scritta Modica Patri Nostra, affissa lungo tutto il settore. L’impatto è più che buono e mi preme sottolineare come lo spettacolo sia stato realizzato interamente a mano: vernice, bombolette, idea grafica e tanto sudore. In un mondo di stampe e font a dir poco inguardabili, l’ingegno e la fatica sono sempre e comunque da premiare. A questo punto anche il confronto canoro può prendere vita, con i rossoblù che cominciano subito alla grande con cori tenuti a lungo e spesso seguiti dall’intera tribuna. Finora avevo visto i modicani una sola volta, lo scorso anno in quel di Pompei. E mi avevano fatto un’ottima impressione per quanto riguarda il tifo, malgrado il pesante caldo e la cospicua distanza. Oggi si confermano con una performance davvero di alto livello, caratterizzata per altro dalle bandiere sventolate per tutti i novanta minuti e da esultanze corpose ai tre gol con cui i rossoblù ribaltano l’iniziale vantaggio avversario e conquistano tre punti d’oro. L’età media tra le fila modicane è a occhio e croce dai 35 anni in giù, cosa che pensandoci bene corrisponde fedelmente alla “genesi” del movimento ultras locale e che permette di non trovarsi di fronte a una gradinata “anziana”, semmai fa ben sperare notare diversi ragazzini – alcuni dei quali anche con simpatici stendardi in mano -, scatenati durante la partita e fin troppo esuberanti nei momenti di tifo. Al 15′, come detto, inizia anche il tifo degli ospiti. Devo dire che per tutta la partita sarà molto difficile scattargli foto a causa della conformazione del settore e degli striscioni che li coprono parzialmente. Tuttavia i vittoriesi, che colorano il proprio spazio con un paio di bandieroni, si cimentano in una performance di tutto rispetto, riuscendo spesso a coinvolgere anche il pubblico “normale” e calando leggermente nella ripresa, quando la squadra va sotto per 3-1. Bello notare, tra loro, molta gente grande di età, ma anche diversi giovani, evidentemente vogliosi di portare avanti la tradizione ultras cittadina dopo anni di buio.

Al triplice fischio è, dunque, il Modica a imporsi per 3-2, trovando il tripudio del proprio pubblico. La squadra va a raccogliere ovazione e incitamento da parte della gradinata, che ribadisce la voglia di vincere e tornare, dopo tanti anni e dopo lo spareggio perso lo scorso anno contro il Pompei, in Serie D. Applausi anche per il Vittoria, tuttavia. Il campionato è lungo e per ambo le squadre ci sarà una strada irta di difficoltà prima di raggiungere qualunque traguardo. Prima che gli striscioni vengano smontati e la fase di deflusso inizi il suo corso, le due tifoserie si scambiano rispettivi cori di stima, unendosi in un paio di canti contro Ragusa. Ho ancora un’oretta prima che il mio pullman per Catania parta. La prima cosa da fare è cercare un biglietto per la mia collezione: stavolta, fortunatamente, non bisogna neanche faticare. Di insulsi ticket fatti online e stampati ce ne sono pochissimi, la possibilità di acquistarli al botteghino ha fatto sì che la maggioranza dei presenti scegliesse tale opzione. Nella via che costeggia lo stadio le due tifoserie si intrattengono, rinsaldando la storica amicizia e cantando per i propri colori e per i diffidati. Il sole è ancora alto ma adesso comincia a nascondere i suoi raggi dietro ai palazzi, lasciando una certa frescura prendere possesso di alcuni anfratti. Cosa strana pensando ai tratti quasi afosi vissuti in questo pomeriggio.

Quando mi avvio verso la fermata dei pullman, vedo passare davanti ai miei occhi, per l’ennesima volta, il profilo del bellissimo centro storico di Modica. Tra poco me lo lascerò alle spalle e non mi resterà altro che il ricordo di questa magnifica zona della Sicilia. Potrò ritrovare il sapore di questi posti nelle poesie e negli scritti di Salvatore Quasimodo, uno che di queste strade e di questa terra era figlio e che la onorò alla grande, portandola sino al gradino più alto del Premio Nobel, nonché nelle sue raccolte che a più riprese rievocavano la sua infanzia sull’isola e le figure più importanti che ne caratterizzarono l’esistenza. E ad oggi sembra riecheggiare alla perfezione una frase contenuta in “Lamento per il Sud”, uno dei suoi più celebri componimenti: “L’uomo grida dovunque la sorte d’una patria”. Potrò ritrovare il sapore di Modica nella sua celeberrima cioccolata, mangiata ed esportata in tutto il Mondo. Perché come sempre ogni viaggio lascia una sua scia. I suoi sapori. I suoi odori. Ci penso mentre il pullman si inerpica sulle colline, scendendo poi verso Pozzallo, dove moltissimi ragazzi salgono, per riprendere, l’indomani, la loro vita universitaria a Catania. Il torpedone imbocca l’autostrada e io crollo letteralmente in un sonno che attendeva solo il minimo abbassamento d’adrenalina. Dormo fino all’arrivo, quando, tuttavia, altra strada ancora mi attende e mi riserva emozioni e storie. Mi concedo una granita pistacchio e caffè, nell’attesa. Gli zuccheri adatti a carburare e sentirsi ancor più benvoluto in questa terra che anche oggi mi ha dato tanto in termini di umanità ed esperienze!

Simone Meloni