Il treno è per Milano, ma la destinazione non è il Derby: c’è un regionale in più da prendere, di dieci minuti. Monza. Famosa per il Gran Premio, e poi cos’altro? Sì: l’ultimo sfizio di Silvio Berlusconi, che col fido Galliani ha portato la squadra locale in A. Una sorta di Milano Tre, per stare in tema. Ma orgogliosamente brianzola. E quindi eccomi per la prima volta al Brianteo (che poi sarebbe U-Power, ma rimango romantico). 

La cittadella è caruccia, trasuda Sacro Romano Impero: deve piacere il gotico. Lo stadio invece non so perché, mi ricorda un po’ il Mapei Stadium di Reggio Emilia: trattasi del classico gigante perso nella campagna. Per dire: dietro la bella tribuna rifatta da capo a piedi, c’è un casolare del tipo Romagna Mia. Solo che siamo in odore di Brianza. 

A livello climatico si sta bene, la pioggia finalmente è un lontano ricordo; c’è un caldo ancora vagamente estivo, ma temprato dall’autunno imminente. Ribadisco: bella la tribuna, maestosa, ma forse davvero troppo alta. Sembra di stare su un altro pianeta rispetto al campo (e alle curve, che sono praticamente sotto il livello del mare). Ma nel complesso certo, c’è di peggio. Anche in serie A. 

Capitolo Monza: come fa una squadra a dieci minuti di treno da Milano ad avere seguito? Miracoli del calcio italiano. Da quelle parti lo ripetono in tutti i modi, di non essere una succursale di Milan o Inter. Di certo c’è una cosa, e cioè che quest’anno tutte le attenzioni sono rivolte alla partita col Como, il derby. Ci sono scritte un po’ ovunque, e anche allo stadio i cori non mancano.

In generale, comunque, il pubblico di casa non delude: il sostegno non manca mai, ed è spesso originale. Il “ti ringrazio mio Signore”, provoca la mia centesima conversione (la prima fu quando sentii “Io credo risorgerò” degli Hellas. Che belli, irriverenti e punk, sono i cori di Chiesa allo stadio!).

Sugli ospiti bisogna essere molto onesti: il numero non è neanche malaccio (siamo circa sui 1.500), ma il sostegno vocale è per così dire… discontinuo. Si vede che tutte le attenzioni sono rivolte su Anfield, e forse anche naturale così. Ma è una scusa che vale solo in parte. Alla fine comunque è grande gioia per il gol di Castro. Giusto qualche coro contro tra le due parti, ma nulla di che. Nei pensieri dei monzesi c’era per lo più  il Como. In quello del Bologna, la città dei Beatles.  

Testo di Stefano Brunetti
Foto di Luigi Bisio