In una domenica caratterizzata dal primo abbassamento delle temperature di una certa consistenza, dopo i lunghi e afosi mesi estivi, che ha addirittura portato con sé qualche nevicata sull’Appennino abruzzese, mi reco in Campania per una doppietta molto interessante: ho in programma di assistere, al mattino, alla sfida del girone B del campionato di Promozione tra il Pianura e la Boys Caivanese, per poi dirigermi, qualche ora più tardi, a Sarno, dove è previsto l’incontro di Serie D tra la Sarnese e il Terracina.

Pianura è un quartiere di circa 55.000 abitanti dell’area ovest di Napoli, che raggiungo uscendo allo svincolo di Agnano della Tangenziale partenopea. Questo agglomerato di case e palazzi si trova nell’area dei Campi Flegrei, il cui nome è di origine ellenica: l’aggettivo tradisce in modo evidente la sua connessione con il verbo greco phlego (φλéγω per gli amanti della lingua di Platone e Aristotele), il cui significato è “bruciare”, “ardere”. I Campi Flegrei, dunque, non solo altro che i “campi che ardono”.

È noto il vulcanismo di questa zona, che agli occhi di chi raggiunge Pozzuoli e il litorale di Liternum venendo da Napoli si presenta verde e ondulata, per l’alternanza di colline e crateri. Proprio ai piedi di una di queste montagnole, che gli antichi chiamavano Mons Gaurus, si combatté una famosa battaglia tra i Romani e i Sanniti, che si innesta nell’orizzonte degli scontri militari della Prima guerra sannitica (343 – 341 a.C.).

Il magnifico scenario che osservo mentre mi dirigo a Pianura è chiuso dal promontorio di Capo Miseno, che è visibile anche dal Lazio meridionale. Il suo nome richiama la leggenda di Enea, il mitico eroe troiano protagonista dell’avventuroso viaggio da Ilio/Troia, in fiamme per la distruzione compiuta dagli Achei guidati da Agamennone, Menelao e Odisseo/Ulisse, fino alla foce del Tevere. Secondo il mito, durante la traversata tirrenica, il suo trombettiere, Miseno, sfidò con il proprio strumento Tritone, figlio del dio del mare Poseidone/Nettuno e della nereide Anfitrite, che con il suo corno di conchiglia era in grado di placare le tempeste marine. Miseno, per punizione, fu scaraventato in mare dalla furia divina e il suo corpo fu seppellito dai compagni proprio alla punta del rilievo che chiude il Golfo di Napoli verso la costiera domiziana. Nell’ansa orientale formata dal promontorio, poi, svettano i resti di una delle aree archeologiche più affascinanti della Campania, quella delle terme romane di Baiae, nota località di villeggiatura a due passi dall’antico Portus Iulius, che Ottaviano Augusto promosse a sede della flotta militare dell’Urbe (Classis Praetoria Misenensis).

Restringendo la focale sull’attuale quartiere di Pianura, il suo territorio nell’antichità era percorso, con ogni probabilità, da una strada che collegava Neapolis con Cumae, altra città importantissima del mondo antico: fondata nell’VIII secolo a.C. da coloni greci di Calcide ed Eretria, due città dell’isola greca dell’Eubea poco distanti da Atene e dall’Attica, fu il centro più settentrionale della Magna Grecia e a lungo, prima dell’ascesa di Roma, segnò il limite tra il mondo etrusco e quello greco occidentale. Gli antichi vi localizzavano l’oracolo della Sibilla, una profetessa in grado di annunciare il futuro. Le sue sentenze erano raccolte nei Libri Sybillini, che avevano un ruolo importantissimo nella religione pubblica romana, tanto da essere affidati a quindici sacerdoti. L’antro della Sibilla, attraversato da cento cunicoli sotterranei, si apriva nei pressi del tempio del dio Apollo, divinità protettrice della musica, della poesia e della medicina, che dettava i suoi responsi alla sacerdotessa. Secondo il mito, come raccontato nel libro VI dell’Eneide di Virgilio, fu proprio la Sibilla a fornire a Enea le istruzioni per scendere negli Inferi, ossia nel mondo dell’Oltretomba, il regno di Ade/Plutone e di Persefone/Proserpina, dove poté rivedere gli affetti del passato ma anche gli eroi che avrebbero reso grande Roma. Non è, questa di Enea, l’unica catabasi raccontata dalla letteratura greco-romana: se è vero che, secondo gli antichi, il guardiano Cerbero non permetteva la risalita a chi varcava i confini del mondo del pianto, alcuni personaggi di grande fortuna letteraria e iconografica hanno tuttavia avuto il privilegio di rivedere la luce dopo la discesa nelle tenebre: oltre a quella del troiano, che sarà di ispirazione per la Commedia di Dante, si ricordano le catabasi del tracio Orfeo, dell’ateniese Teseo e di Eracle/Ercole, l’eroe famoso per la sua forza e per le sue fatiche. L’importanza di Cumae non è legata solo alla mitologia: dall’alfabeto greco che era utilizzato in questa polis, sarebbe derivato, filtrato da influssi etruschi, quell’alfabeto latino che è oggi diffuso in tutto il mondo.

Tornando a Pianura, alcuni resti archeologici presenti in questo quartiere, in particolare il mausoleo del periodo romano, offrono un contributo alla ricostruzione della topografia del comprensorio flegreo nell’antichità. Il nome di Pianura dovrebbe alludere alla conformazione morfologica del posto, che si presenta appunto pianeggiante, anche se lambito dalle modeste elevazioni già descritte. In epoca medievale e moderna Pianura era uno dei 36 casali delle campagne che circondavano Napoli. Questi borghi agricoli, nel Novecento, sono stati raggiunti dall’espansione edilizia del capoluogo, che li ha inglobati nel proprio perimetro trasformandoli in quartieri periferici. Una traccia di questi antichi insediamenti si trova nel nome del comune di Casalnuovo, posto a nord del centro partenopeo.

Pianura, dunque, è la prima meta della mia lunga giornata campana. La sfida tra il Pianura e la Boys Caivanese si disputa alle 10:30 del mattino, un orario perfetto per i “cacciatori di doppiette”, un po’ meno ovviamente per i tifosi. Arrivo nei pressi dell’impianto del quartiere un’oretta prima del calcio d’inizio, potendo così effettuare un giretto nei suoi dintorni, dove osservo delle scritte riconducibili alla realtà ultras locale. Lo stadio Simpatia è collocato tra i palazzi e ha una capienza di circa 1.500 spettatori. Gli spalti sono addossati a un solo lato, ma sono suddivisi in due settori scoperti, con due entrate separate.

Il calcio, a Pianura, ha vissuto il suo momento più alto nella stagione 2009-2010: la squadra campana, dopo sei anni di successi che l’avevano portata dalla Prima Categoria all’Interregionale, quell’anno arrivò seconda nel girone H del campionato di Serie D con 70 punti all’attivo, alle spalle dei corregionali del Neapolis, arrivati primi con 79 gettoni. Nei successivi play-off del girone i biancocelesti superarono il Sant’Antonio Abate e il Forza e Coraggio, poi nel triangolare della fase nazionale estromisero il Casale e la Santegidiese. In semifinale i campani incrociarono quel Carpi che qualche anno dopo sarebbe approdato in Serie A. I biancorossi furono sfidati un doppio confronto entrato nella storia: dopo la sconfitta subita in Emilia con cinque reti di scarto, il Pianura ribaltò il risultato nella sfida casalinga del 20 giugno 2010, giocata proprio al Simpatia e terminata con un rocambolesco 8-2, che aprì ai partenopei le porte della finale contro il Matera. I lucani si imposero nello spareggio di Chieti, ma nel corso dell’estate al Pianura si presentò la grande occasione di giocare in Lega Pro – Seconda Divisione tramite ripescaggio. Quando la promozione era ormai prossima a concretizzarsi, le problematiche legate allo stadio Simpatia, ritenuto non adeguato al professionismo, e l’impossibilità di trovare un altro impianto in città per il naufragio delle ipotesi San Paolo e Collana (Vomero), determinarono non solo la rinuncia al professionismo, ma anche la mancata iscrizione al campionato di Serie D. L’esito negativo della vicenda aprì una grande ferita nel tessuto sportivo del centro campano. Nonostante quella cocente delusione, tuttavia, il calcio a Pianura è ripartito con una nuova proprietà e oggi il sodalizio biancoceleste è una realtà stabile del calcio regionale.

Per la mia prima volta al Simpatia scelgo la sfida contro una squadra di grande tradizione del calcio campano: la Boys Caivanese, fondata nel 1908, è una delle società più antiche della Campania e può fregiarsi della partecipazione a undici campionati di Serie D. La ciliegina nella storia dei gialloverdi è il trofeo della Coppa Italia Dilettanti 2002, ottenuta sconfiggendo il Monfalcone nella finale di Calenzano. Della Caivanese, però, ricordo come se fosse ieri un’altra sfida, che allora, ragazzino di seconda media, vidi con grande passione in TV, grazie alla diretta Rai: il 4 maggio 2003, per una beffarda combinazione del destino, i gialloverdi, secondi in classifica nel girone G del campionato di Serie D, sfidarono proprio alla penultima giornata, in trasferta, la diretta concorrente alla promozione in C2, l’Isernia. Con una vittoria i molisani strapparono ai rivali il sogno dello sbarco tra i professionisti, ma quell’annata rimarrà comunque per sempre nei ricordi del popolo caivanese. Sono trascorsi tanti anni da quel campionato: la Caivanese milita nei tornei regionali da molto tempo, ma a una piazza con questa tradizione sportiva la Promozione sta certamente stretta.

Insomma, al Simpatia si affrontano due club blasonati, ma soprattutto ho l’opportunità di vedere contemporaneamente all’opera due gruppi ultras al seguito delle rispettive squadre. Il Pianura è sostenuto da un gruppo molto compatto e con buoni numeri, che sistema sulla recinzione molte pezze, tra cui quella degli amici di Qualiano. L’apporto vocale e l’atteggiamento sugli spalti dei ragazzi di Pianura mi ricordano molto le due curve del Napoli. Cori secchi, manate, diverse luminarie accese, una bandierina e, in generale, uno stile sobrio sono i loro elementi distintivi.

Nella parte opposta della gradinata gli ultras ospiti cantano dietro lo stendardo “Caivano”. Il loro repertorio canoro varia da quello delle curve partenopee ai cori ripresi dalla Sud stabiese. Dal punto di vista visivo si compattano bene e colorano anche il settore, oltre che con un po’ di pirotecnica, anche con due sbandierate effettuate in due momenti distinti nel corso della partita. La loro squadra li premia espugnando il Simpatia con una vittoria di misura, che suscita chiaramente la delusione dei sostenitori di casa, che chiedono di più.

Si conclude così una bella mattinata di tifo, che ha visto due tifoserie gridare a gran voce il nome del proprio quartiere e della propria città nonostante la contemporanea partita del Napoli a Cagliari. Il bello dell’hinterland partenopeo è, a mio parere, proprio questo: pur con la massima serie a portata di mano, in tantissime realtà l’amore e l’attaccamento ai colori della propria comunità sono ancora dei valori forti e irrinunciabili.

Testo e foto di Andrea Calabrese