Si torna a calcare i campi dell’Europa League, con la Roma che fa il suo esordio interno con l’Athletic Bilbao, per una sfida inedita che – tuttavia – non potrà ripetersi al ritorno nel Nuovo San Mamès “a causa” della nuova formula delle coppe europee, che prevede una classifica unica tra tutte le partecipanti e otto sfide (rispetto alle sei che si giocavano fino allo scorso anno prima della fase a eliminazione diretta) contro altrettante squadre diverse. Se questo cambiamento epocale sarà vincente, ce lo saprà dire solo il tempo. Di sicuro la competitività dei tornei continentali già era stata intaccata qualche decennio fa, proprio quando vennero istituiti i raggruppamenti, allargando il numero delle partecipanti ma favorendo, lentamente e paradossalmente, il successo, quasi sempre, dei soliti club. Soprattutto in ChampionsLeague. Dunque, senza voler criticare aprioristicamente, attendiamo fiduciosi alla finestra. Sebbene riporre fiducia e speranza nei massimi organi calcistici europei equivalga sovente a trovare brutte sorprese dietro l’angolo!

Per l’occasione, poco prima del fischio d’inizio, la Sud espone uno striscione con cui lascia intendere che la protesta contro giocatori e società, iniziata pochi giorni prima in campionato, proseguirà ancora una volta con i primi quindici minuti in silenzio e senza vessilli. Stavolta il dissenso non è appoggiato dai club, che sin da subito affiggono le loro insegne, ma solo da tutti i gruppi e gruppuscoli di estrazione ultras disseminati tra Curva Nord e Tribuna Tevere. Di contro, nel settore ospiti, prendono posto circa 2.5000 supporter baschi, che vestiti tutti con la maglia del club e “dotati” di numerose ikurrine (le bandiere basche), provano a mettersi in mostra sin da subito con qualche battimani dietro allo striscione degli Herri Norte Taldea (Gruppo Popolare Nord, tradotto), insegna che dal 1982 guida il settore più acceso dei Lehoiak (Leoni). Un gruppo che negli anni si è contraddistinto per la sua marcata natura hooligan (basti pensare che a fine anni ottanta il direttivo originale si divise in Taldea e Boys, con i secondi intenzionati ad avviare un discorso di tifo all’italiana, che vennero successivamente cacciati dalla più numerosa fazione di stampo britannico e stradaiolo) e per le numerose iniziative di stampo politico su fronte antifascista e indipendentista basco. Un modo di vivere le gradinate che onestamente non riesce a esaltarmi (sicuramente saranno bravi in altro, non lo metto in dubbio. E sicuramente parliamo di una realtà proveniente da un’area sociopolitica storicamente molto particolare, dove la lotta al centralismo madrileno non poteva non entrare anche nelle curve e in generale nelle tifoserie di quella regione) e che durante i novanta minuti li farà sentire giusto un paio di volte, oltre all’esultanza per il gol del pareggio allo scadere. Si mettono in evidenza all’inizio, quando il drappello di hooligan schierati nella parte bassa accende qualche torcia, lanciandola in campo, e dopo la rete del pari, quando pensano bene di utilizzare la pirotecnica per attingere alla vicina – e pacifica – Tribuna Monte Mario.

Quando il tabellone scandisce il 15’, nel settore caldo del tifo romanista ecco fare capolino striscioni, bandieroni e pezze. Al cielo si leva forte e potente il classico “Quando l’inno s’alzerà”, che fa da proscenio a una serata in cui il tifo giallorosso si distinguerà per una notevole intensità e una buona potenza. Rispetto alle prime due gare iniziali, i lanciacori sembrano aver nettamente incrementato il feeling con il resto del settore, stimolando i presenti alla “vecchia maniera”, vale a dire parlando e comunicando, leggendo gli striscioni che vengono esposti e soprattutto rispolverando parte di un repertorio corale che negli anni ha sempre attecchito facilmente e aiutato i romanisti a farsi sentire. So bene che ormai da qualche anno vanno di moda canti ripresi dal Sudamerica, composti da un’infinità di parole e spesso difficilmente assimilabili in una curva di cinquemila persone. Per questo penso che il riportare alcune “hit” del passato, più brevi e incisive, sia a dir poco fondamentale per garantire la riuscita della performance. Particolare attenzione viene data anche alle manate, con la “pretesa” che tutti vi prendano parte, formando quel muro umano che ha storicamente contraddistinto la Curva Sud. Il resto è fatto dal colore e dai muretti, che sembrano non solo partecipare, ma anche aiutare i ragazzi situati in basso, coinvolgendo così ancor più gente. Va sempre tenuto presente quanto, nel 2024, nelle realtà metropolitane e in settori divenuti ormai “immensi”, sia difficile coordinare e plasmare il tifo. Difficile ma non impossibile ovviamente. E i ragazzi con il megafono in mano hanno un ruolo tanto fondamentale quanto ostico e complesso. Una responsabilità che magari diamo quasi per scontata quando assistiamo a un match da spettatori “esterni” o in altri luoghi di uno stadio, ma cruciale anche per il ruolo che assume sulla disputa dei ventidue in campo. Da segnalare la presenza dei sambenedettesi – con pezza Banda Raia – tra gli ultras capitolini.

Come spesso accade, in Europa c’è un maggiore utilizzo di torce e fumogeni, che infatti fanno la loro apparizione qua e là, non solo in Sud. Anzi, è il gruppo posto in Nord lato ospiti a fare un certo utilizzo di questo materiale, restituendo un bel colpo d’occhio e colorandosi con numerose bandierine e bandieroni quando il fumo si dirada. Molto bello e originale il due aste con la scritta gialla “Azione di forza” su campo verde. New entry di questa stagione che conferma l’ottima cura che questo gruppo ha per il proprio materiale. Anche per loro una prestazione notevole, con tifo per tutto l’incontro e numerose manate che finiscono per coinvolgere diverse centinaia di persone. Anche quest’anno, quello spazio che dopo lo spostamento degli ultimi gruppi che l’hanno occupato era rimasto per diversi anni spento e tranquillo, la Nord si conferma movimentata e fondamentale per completare i momenti di picco di un ambiente che, seppur umorale e a volte isterico, si cinge sempre attorno ai propri colori.

Come detto, in campo le due squadre impattano sull’1-1, con i baschi che riprendono la Roma, andata in vantaggio nei primi 45’ con il gol di Dobvyk. Un risultato che di certo non soddisfa il pubblico di casa, a differenza di quello biancorosso che esulta per l’ottimo punto ottenuto lontano dal Nuovo San Mamès. Finisce con la Sud che rimanda indietro la squadra, intenta a ringraziarla al grido di “Tifiamo solo la maglia”. Nel prossimo turno i capitolini dovranno vedersela con gli svedesi dell’Elfsborg, in un match che li costringe già a vincere e ottenere l’intera posta in palio per non mettere a serio rischio il discorso qualificazione.

Simone Meloni