Terzo turno casalingo consecutivo per la Roma di Juric, che dopo Udinese e Athletic Bilbao, ospita il Venezia dell’ex Di Francesco. Per l’occasione giungono dalla Laguna oltre trecento tifosi, un numero senza dubbio più che buono per la tifoseria veneta, che viene sistemata nella parte alta del settore. Finalmente, ci sarebbe da dire! Dopo anni in cui agli ospiti è stata destinata la zona più bassa, con l’effetto “fila indiana” dovuto all’obbligo di disporsi per lungo più che per largo, a causa della presenza di steward impegnati a tenere il più possibile i tifosi lontani dalla Nord, si è tornati a sistemare i gruppi provenienti da fuori sopra al boccaporto del Distinto, favorendone la compattezza (nella speranza che non sia un unicum). Non è un caso che una tifoseria storicamente brava nel tifare, si esalti ancor più dietro le proprie pezze, accompagnando perfettamente la grande prova della propria squadra con un tifo continuo, colorato e molto intenso. Da segnalare, tra le fila arancioneroverdi, la presenza dei gemellati cosentini e dell’Honvéd Kispest, celebre squadra di Budapest che diede i natali calcistici a un “certo” Ferenc Puskas.

Dopo i primi 15’ di silenzio, la Sud apre le danze con una cartata retrò e un tifo che si attiene sugli ottimi livelli già evidenziati tre giorni prima, nella gara di Europa League contro l’Athletic Bilbao. Tante manate, cori lanciati con decisione e la sacrosanta richiesta di rallentare il ritmo, per favorire la lunghezza dei canti ma anche per darsi forza nel cantarli. Purtroppo – e non ho mai capito appieno il perché – negli anni questa usanza di accelerare durante le fasi di tifo ha pervaso molte curve italiane, producendo spesso un risultato disastroso. Solo il fatto che si provi a “disinnescarlo” merita un plauso, sebbene richiederà diverso tempo. Tra i diversi cori “storici” che i ragazzi con il megafono hanno cercato di reintrodurre, una particolare nota la voglio dedicare a quello sulla base di “Auld Lang Syne” (in Italia conosciuta come “Il Valzer della Candele”). Strofe che nella loro semplicità (“La nostra fede mai morrà/Canteremo noi ultrà/E insieme a te saremo allor/Forza Roma vinci ancor”) mi hanno sempre colpito, esprimendo concetti basici per qualsiasi tifoso di calcio. Non venendo cantato da diversi anni, forse qualcuno più giovane non ne conoscerà l’esistenza. Proprio per questo è ancor più apprezzabile il tentativo di “restituirgli vita”. Senza dubbio ancor più bello sarebbe se eseguito roteando le sciarpe, come veniva fatto diversi anni fa. Sta di fatto che la Sud di quest’anno sembra voler essere maggiormente empatica con le fasi della partita, cambiando cori e atteggiamenti in base al corso della stessa. Atteggiamento che è senza dubbio fondamentale per stimolare i presenti e farli sentire parte integrante dello spettacolo.

In campo il Venezia riesce a trovare il vantaggio sullo scadere del primo tempo e nella ripresa avrebbe anche l’opportunità di raddoppiare, mettendo una seria ipoteca sui tre punti e confermandosi bestia nera per la Roma. Tuttavia ci pensano prima Cristante e poi il giovane Pisilli a ribaltare il risultato nel finale, facendo esplodere un Olimpico che al triplice fischio festeggia incredulo la vittoria sulle note di “Grazie Roma”. Soddisfazione ma distanza dalla squadra che sembra mantenersi intatta, con i giocatori nuovamente rimandati indietro. Applausi e cori, ovviamente, anche su sponda lagunare. Gli ultras unionisti non possono che battere le mani a una squadra che sicuramente non avrebbe meritato di uscire battuta dalla Capitale e alla quale, probabilmente, sarebbe stato stretto anche il pareggio. Finisce con gli ultimi cori contro tra due fazioni che storicamente non si amano e non perdono l’occasione per ricordarlo. Un’acredine che affonda le sue radici nel “secondo” anno di A dei veneti (1999/2000), quando, anche dopo vari cambiamenti occorsi all’interno della curva giallorossa, si ruppe immediatamente una sorta di rispetto che si era creato l’anno precedente. Parliamo comunque di un’era geologica fa, di cui restano solo ricordi, aneddoti e foto. Che di tanto in tanto fa piacere ritirar fuori, almeno per ricordare parte della genesi di un movimento che aggrega giovani da oltre cinquant’anni.

Simone Meloni