La sfida del campionato di Promozione tra il Pianura e la Boys Caivanese, andata in scena allo stadio Simpatia, è appena terminata. Mentre i caivanesi festeggiano la vittoria corsara nell’Ovest partenopeo e i giocatori di casa rientrano negli spogliatoi a capo chino, ritiro il documento e mi rimetto in auto per raggiungere Sarno, la seconda tappa della mia domenica campana, dove alle 15:00 è previsto l’incontro di calcio tra la Sarnese e il neopromosso Terracina, in programma per la seconda giornata d’andata del girone G del campionato di Serie D.

Impiego una quarantina di minuti per arrivare nell’Agro nocerino-sarnese dai Campi Flegrei. Percorrendo la Tangenziale di Napoli in direzione est, ammiro l’eccezionale panorama del centro storico napoletano, poi del Golfo, infine dei paesi vesuviani. In prossimità di Sarno il paesaggio inizia a cambiare: la linea frastagliata dei rilievi che circonda la cittadina, annuncia la fine dell’area pianeggiante della regione e l’inizio di quella montuosa, che raggiunge le massime elevazioni al confine con il Molise (Matese), in Irpinia e nel Salernitano.

Nell’antichità questi rilievi erano popolati dalle tribù sannitiche di lingua osca dei Caudini, dei Pentri e degli Irpini, perennemente attratte proprio dalla sottostante e fertilissima pianura, non a caso chiamata dai Romani Campania felix, poi Terra di Lavoro fino al Novecento. Per i popoli appenninici essa rappresentava il naturale sbocco per alleggerire la pressione demografica sulle modeste risorse dell’Appennino, tramite le migrazioni rituali del Ver sacrum. Prima della conquista romana, esistevano, insomma, da un lato una Campania osco-sannita (ma sarebbe più appropriato chiamarla Sannio), dall’altro una Campania etrusca (Santa Maria Capua Vetere) e greca (Napoli e Cuma).

Anche nell’Alto Medioevo, precedentemente all’unificazione normanno-sveva, questi monti fecero da barriera tra due universi ben distinti: l’area longobarda, quindi germanica, rappresentata dal Ducato di Benevento, e il mondo bizantino dei Ducati di Amalfi e Napoli. Dunque, se la Campania costiera ha sempre avuto forti legami soprattutto con la cultura ellenica (antica e medievale), quella interna si innesta pienamente in quella sorta di Commonwealth prima osco, poi longobardo, che abbraccia anche il Molise e l’Abruzzo. Al netto dell’unificazione del Meridione rappresentata dal secolare Regno di Napoli, iniziata, come visto, con i Normanni e gli Svevi e consolidata da Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Austriaci e Francesi, credo che, ragionando in termini di fenomeni di lunga durata, le diverse esperienze cui ho fatto cenno abbiano comunque lasciato un’impronta nella configurazione antropologica della regione, che mi è sempre apparsa fortemente differenziata, al suo interno, tra la parte montuosa, appunto, e quella litoranea.

Quando sto per arrivare a destinazione, scorgo la punta del pizzo Alvano, tristemente legato alla tragica frana del 1998 che distrusse Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano. Ho poco a tempo a disposizione, quindi rinuncio con rammarico alla visita del centro storico, dovendo espletare le pratiche per accedere al manto verde; in compenso, entro velocemente nel terreno di gioco, rimettendo così piede nella pancia del Felice Squitieri a distanza di sei anni, quando venni da queste parti per un Sarnese-Cavese, sempre di Serie D, di cui ricordo soprattutto il boato degli ospiti al gol metelliano che fissò il rocambolesco 3-4 finale.

Mentre le gradinate dell’impianto granata si popolano, nel settore degli ultras locali, collocato nella gradinata scoperta, leggo lo striscione: “Serietà, attaccamento e sudore per la nostra ragione di vita. Onorate la città ad ogni partita”. Al suo fianco vedo delle pezze, tra cui quella dei Garnet Brothers Sarno. Contemporaneamente, i primi terracinesi iniziano a entrare nel settore ospiti, anch’esso collocato nella gradinata scoperta, ma separato dal lato casalingo da una zona cuscinetto posta tra due barriere. Sul lato corto del campo, sovrastato dai palazzi, il murales Sarnica civitas, un omaggio alla storia di questa cittadina, di origine medievale, in cui si trovano le sorgenti del fiume Sarno, che sfocia nel Tirreno, tra Castellamare di Stabia e Torre Annunziata, dopo un breve percorso di circa 24 km. Il Sarno è citato da Virgilio nel VII libro dell’Eneide: il poeta mantovano, elencando gli alleati di Turno, antagonista del troiano Enea da poco sbarcato nel Lazio, cita Ebalo, re di Capri, isola legata al popolo dei Teleboi, della regione greca dell’Acarnania; per lo scrittore augusteo, questo sovrano, che era figlio di Telone e di Sebete, una ninfa generata dall’omonimo fiume che scorre nei pressi di Napoli, estese il proprio dominio fino alle “piane bagnate dal Sarno”. Anche Lucano, poeta latino del I secolo d.C., lo cita nel secondo libro del poema epico intitolato Bellum civile, che ha per argomento la guerra civile fra Giulio Cesare e Pompeo.

Tornando alla partita, i tirrenici si presentano in Campania in buon numero, sistemandosi dietro le pezze Curva Mare e Diffidati con noi. I laziali tornano al di sotto del Garigliano dopo diversi anni: se l’ultima trasferta in terra campana, per loro, è stata quella a Torre del Greco nel settembre 2013 per il primo turno di Coppa, bisogna tuttavia risalire ai primi anni Duemila, quando la Serie D era chiamata Campionato Nazionale Dilettanti, per una partita di campionato. L’estate vissuta dai ragazzi di Terracina è stata a dir poco travagliata: dopo i trionfi della precedente stagione, rappresentati dalla vittoria del campionato di Eccellenza laziale e dalla conquista della prima Coppa regionale della loro storia, l’entusiasmo per il ritorno in una categoria nazionale dopo quasi un decennio è stato spento dall’incertezza societaria che ha accompagnato i caldi mesi estivi, proprio alla vigilia del centenario che cadrà nel 2025. Gli ultras biancocelesti, pur nell’amarezza generale, sono comunque sempre stati vigili, scendendo in piazza e tappezzando la città con striscioni a tema. Per loro fortuna, quando mancava poco all’esordio in Coppa contro l’Acerrana, pur con notevole ritardo è stato finalmente definito l’organigramma societario ed è iniziato l’allestimento della squadra. La prima uscita, come pronosticabile, si è conclusa con la netta vittoria del sodalizio acerrano al Colavolpe, ma già alla prima di campionato contro la Gelbison, giocatasi sempre ai piedi del Tempio di Giove fanciullo, i tigrotti hanno ottenuto un incoraggiante pareggio, in una partita che ha visto una Curva Mare in grande spolvero, con numeri importanti e un tifo caldissimo.

Alle 15:00, dunque, le squadre entrano finalmente in campo: mentre lo speaker invita il pubblico della tribuna coperta a mostrare i cartoncini con i colori della Sarnese, gli ultras campani cantano e sventolano i bandieroni, i terracinesi invece aprono uno striscione molto toccante: “Oggi come ieri sei sempre nei nostri pensieri…Spiry vive”. È un omaggio a Carlo Guarnieri, grande e storico ultras terracinese conosciuto appunto come Spiry, tristemente venuto a mancare all’affetto dei familiari, degli amici, della curva e dell’intera città nel settembre 2004. A Carletto sono intitolate la Curva Mare e l’arena del beach soccer di Terracina; in ogni partita, inoltre, i terracinesi lo ricordano con il coro “Per un amico, per la sua memoria, in Curva Mare c’è scritto già vittoria”. Prima della partita si registra anche il saluto al settore ospiti da parte di Agovino, attuale allenatore della Sarnese, che fu protagonista di un indimenticabile ma sfortunato campionato proprio alla guida del Terracina nella stagione 2013-2014, quando i tigrotti sfiorarono l’approdo al professionismo terminando il torneo da secondi, a soli tre punti dalla Lupa Roma.

Con le squadre schierate, inizia anche la sfida sugli spalti, in cui prendono posto circa mille spettatori in totale. Le due tifoserie accompagnano con un tifo davvero positivo una partita che si gioca sotto un sole caldissimo. I Sarnesi sventolano continuamente i bandieroni, aprono gli stendardi ed effettuano moltissimi battimani; bandieroni sempre in movimento, due aste in bella mostra e braccia al cielo anche per i terracinesi. Dal punto di vista vocale i due gruppi cantano dal primo al novantesimo, mentre in campo la contesa vede il Terracina passare in vantaggio al minuto 8 del primo tempo con Martino, per poi farsi riprendere al 39’ dai padroni di casa, che vanno in rete con Bonfiglio.

Nella ripresa non accade nulla di eclatante e le due squadre si spartiscono quindi la posta in palio. Dopo il triplice fischio, mentre i terracinesi festeggiano con la squadra un prezioso pareggio che dà continuità al buon risultato casalingo di sette giorni prima contro la Gelbison, gli ultras della Sarnese biasimano aspramente gli atleti in maglia granata, contestando loro di non essersi avvicinati al settore per salutarli; aggiungono anche un coro con cui chiedono una curva tutta per sé. Poi, mentre i terracinesi lasciano gli spalti e anche i sarnesi rompono le file, sistemo l’attrezzatura e guadagno l’uscita, mettendo così fine a una giornata campana ricca di stimoli e novità.

Testo e foto di Andrea Calabrese