Il perché una partita di Serie A, già di suo programmata nel turno infrasettimanale, debba essere ulteriormente anticipata alle 18:30 forse non lo sa neanche chi pensa e avalla queste follie. Sta di fatto che molti dei negozianti di Viale Aldo Moro, forse la maggiore arteria del capoluogo ciociaro, in virtù di tale geniale scelta sono costretti praticamente ad abbassare anticipatamente le saracinesche, visti i blocchi alla circolazione imposti dalla autorità competenti e foraggiati da organi come l’Osservatorio, che da ormai un decennio, pur non avendo alcun potere decisionale, “consigliano” a Prefetti e Questori di barricare città e quartieri, trasformando delle normali aree urbane in veri e propri check-point di guerra.
Va così nell’Italia del 2016. Quel ridente Paese dove la forza pubblica evacua la stazione della Capitale a causa di un Super Liquidator, che nel frattempo è bellamente arrivato ad Anagni, facendo una figura barbina e lasciando aperti scenari inquietanti in caso di problemi veri e grandi. Un po’ come quel nipote che “scambia ‘na sorca pe’ ‘n par de mutande”, citando un’ottima Sora Lella in Bianco Rosso e Verdone. Siamo ridicoli, e in fondo lo sanno pure quelli che perdono pomeriggi e nottate a scrivere comunicati e determinazioni da rimbalzare tra ONMS, CASMS, DDT, CIA, KGB e ATAC.
Che poi uno ci proverebbe pure a fare una cronaca seria. A parlare di tifo. Di striscioni. Di rivalità. Ma onestamente, qualcuno mi può spiegare come faccio a pensare a una manata piuttosto che a un bandierone se a questi livelli è stato annientato tutto il fascino che il calcio aveva? Noi viviamo, ci fossilizziamo, sulle immagini degli anni ’80 o dei ’90 (quando sto depresso mi va bene pure un anonimo 2005-2006, l’ultimo prima della fine) perché soltanto pensare che per entrare in uno stadio semplice e “vecchio stampo” come il Matusa, bisogna inoltrarsi tra le maglie di steward, poliziotti, carabinieri, finanzieri e anticrimine dovrebbe farci desistere e cambiare totalmente abitudini. Ma “è per la sicurezza”, e abbiamo ben imparato che ormai questo motto non ha antidoto o possibilità di contraddittorio. È come dire a un fondamentalista religioso che compiere un atto delittuoso è giusto e necessario perché lo ha detto Dio.
Andiamo avanti. Va da sé che entrare in una Frosinone divisa tra chi torna dal lavoro e chi va allo stadio è tutto fuorché impresa facile. Mi va abbastanza di lusso e riesco a parcheggiare non distante dallo stadio, ritirando l’accredito e superando in prima battuta i filtraggi composti dalle transenne e da solerti agenti dotati di metal detector. Nonostante sia annunciata pioggia, il tempo tiene e lo farà per quasi tutta la gara. Buon per chi, come me, ha un pessimo rapporto con Giove Pluvio.
Quando mancano pochi minuti al fischio d’inizio faccio il mio ingresso in tribuna. Come sempre si registra un ottimo colpo d’occhio, mentre alla mia destra sono presenti un’ottantina di tifosi felsinei. In tutta franchezza, numericamente mi aspettavo qualcosina in più. È vero che giorno e orario sono davvero scomodi, ma è altrettanto vero che parliamo di una città di quasi 400.000 abitanti, con una tradizione calcistica che affonda le radici nella notte dei tempi e una squadra che, attualmente, dopo un avvio zoppicante si è ripresa, conducendo un campionato tutto sommato tranquillo. Inoltre dopo alcuni screzi della passata stagione, il match presentava anche un buon aspetto “frizzantino”.
La Curva Nord fa sentire subito il proprio incitamento alla squadra. Del resto è una partita da dentro o fuori per l’undici di Stellone, un’altra sconfitta potrebbe provocare il definitivo distacco dal treno salvezza. Il cuore pulsante del tifo canarino fa sfoggio di diversi bandieroni, sventolati ininterrottamente, e in avvio di gara vengono accese anche un paio di torce, mentre il tifo prende quota e si mantiene buono e costante per tutta la durata dell’incontro. Sicuramente una prestazione superiore alle ultime uscite, anche grazie all’ottima coordinazione e ai tanti cori a rispondere ben eseguiti dai presenti. Tante le invettive tra le due fazioni.
Nel settore ospiti i tifosi emiliani si compattano tifando in maniera discreta, con buoni picchi soprattutto nel primo tempo, quando colorano gli spalti grazie a una fitta sciarpata. Anche per loro diversi sono i bandieroni tenuti in alto, oltre a diverse bandierine agitate senza sosta.
In campo la gara non è certo da incorniciare ma conosce il suo epilogo nella ripresa, quando il direttore di gara assegna un calcio di rigore al Frosinone. Dal dischetto va Dionisi che non sbaglia, facendo esplodere il Matusa e andando a festeggiare sotto la Nord. È la rete che fa tornare i ciociari al successo dopo due mesi di astinenza e li tiene attaccati al filo della speranza. Nel finale la squadra viene applaudita, cosa che tuttavia si propone anche per i ragazzi di Donadoni.
Qualche leggera goccia di pioggia ha cominciato a cadere. È il preludio all’acquazzone che beccherò sull’autostrada. Ma poco male, una volta tanto le nuvole hanno aperto i rubinetti aspettando il triplice fischio. Non mi pare una notizia da poco.
Simone Meloni.