Archiviati i soliti teatrini estivi fatti di mancate iscrizioni e retrocessioni, che se non possiamo dire che sono studiate a tavolino senza risultare complottisti, di sicuro hanno favorito i soliti noti, finalmente si ritorna a parlare di calcio giocato. Personalmente inauguro questa nuova stagione in giro per gli stadi del centro Italia con l’amichevole tra il Settempeda e l’Ancona chiamato ovviamente ad un pronto riscatto dopo la recente deludente esclusione dalla C da parte della Covisoc.
Al mio arrivo davanti all’impianto sportivo di San Severino Marche di cui il Settempeda è appunto espressione, provo una piacevole sensazione nel sentire i primi cori e il primo rullo di tamburi, proveniente però esclusivamente dai ragazzi a supporto della squadra di casa. La controparte anconetana resta alla finestra e ogni osservatore neutro con essa, in attesa di scoprire se e quanto il nuovo sodalizio dorico saprà rispondere alla sete di rivincita di tutta la piazza anche se, dopo Canil e il discutibile trasloco del titolo sull’asse Matelica-Ancona, il nome (non tanto) nuovo di Lotito in seno al soglio dirigenziale, più che far dormire sonni tranquilli sembra più che altro il minore dei mali. Al male estremo l’estremo rimedio. Come a Salerno prima di Ancona sempre con Lotito, come a Bari con De Laurentiis. Certo, si spera sempre che, una volta tanto, l’epilogo possa essere diverso ma a monte, chi di dovere dovrebbe impedire per editto di giocare con i sentimenti e la storia delle comunità sportive, perché non si può trattare gli “investimenti” calcistici come fossero delle proprietà immobiliari a Milano o Tenerife: ci sono dietro storie sociali e calcistiche, connessioni umane e tutto un corollario di passioni che andrebbero semplicemente rispettate.
Prima di entrare, un banchetto collocato all’ingresso della tribuna, con in vendita il nuovo materiale dei BOYS, il gruppo guida del tifo locale, mi riporta alle cose semplici e belle del calcio e del tifo, mi dà la giusta ventata di ideologica freschezza per sopportare l’afa e il caldo di questo sabato di metà agosto.
Prima del fischio d’inizio scambio due parole con i ragazzi casa parlando dell’attuale momento della loro società e del mondo ultras in genere. Quando poi è il momento di mettere al bando le chiacchiere, fanno quadrato dietro il loro striscione il cui simbolo centrale richiama quello storico dell’Area Bianconera. Iniziano a sostenere gli undici in campo con delle belle manate e un bandierone di ottima fattura sempre al vento. In molti avrebbero preferito raggiungere la riviera per una giornata al mare, ma loro sono lì, al proprio posto. Nonostante non siano tantissimi, si fanno sentire egregiamente per tutti i novanta minuti con cori per la propria squadra, contro i rivali di sempre e per i diffidati.
Non sarà semplice, per loro, tenere sempre alto l’entusiasmo nel corso in un campionato con pochi stimoli come la Promozione, ma la passione mostrata quest’oggi, anche con la squadra sotto di tre reti, fa ben sperare. A fine gara i giocatori si recano sotto il loro settore per tributar loro e per prendersi i meritati applausi, nonostante la sconfitta contro il blasonato Ancona.
Poco da aggiungere rispetto a quanto già detto sugli ospiti del capoluogo di regione, anche in virtù dell’assenza del tifo organizzato. Saranno giorni di venti contrari, di nuove e sfiancanti imprese da compiere, in cui tutto potrà succedere o purtroppo anche no. L’unica grande certezza riguarda la presenza e l’affetto della tifoseria. Come una pietra angolare da cui ripartire e su cui ricostruire la propria grandezza.
Francesco Fortunato