Quello fra Teramo e Ancona è uno di quegli scontri fra piazze di antica tradizione che il destino avverso ha spinto giù nei meandri del nostro football. Il Teramo dopo la revoca della promozione in Serie B del 2014-15 per illecito sportivo, non è più riuscito a bissare quel prodigioso exploit fino ad arrivare addirittura al fallimento nel 2022, che l’ha costretto a ripartire dalla Promozione. Non troppo dissimile la parabola degli ultimi anni anconetani, mai più lontanamente vicini ai fasti della Serie A e conclusisi con l’ultima esclusione che dalla C li ha rispediti indietro in D.

Tradizioni sportive che al netto degli altalenanti ultimi riscontri del campo, corrispondono ad una consolidata tradizione ultras. Ognuna proporzionalmente alla propria realtà, ovviamente. Al proprio bacino di utenza. Andando comunque a scartabellare vecchie fototifo o riviste d’epoca, le tracce di queste due tifoserie si perdono indietro nel tempo. Dal Comunale al Dorico le due varianti di biancorosso hanno sempre riempito ed animato gli spalti. Così come fanno quest’oggi al Bonolis di Piano d’Accio, impianto forse sovradimensionato per la D ma che le due tifoserie riempiono degnamente, fornendo un ottimo colpo d’occhio almeno per quanto attiene ai settori caldi del tifo organizzato.

Sono circa 2.500 gli spettatori presenti con 424 biglietti strappati ad Ancona. In campo la spuntano di misura i padroni di casa, continuando con la sua striscia positiva e recuperando preziosi punti sulla capolista Chieti che si fa imporre lo stop interno dall’Isernia. Per lo stesso motivo non possono che mordersi le mani in casa Ancona dove, in caso di vittoria, si sarebbero trovati ad un solo punto dalla vetta. Il campionato comunque è ancora lunghissimo e certi discorsi lasciano ancora il tempo che trovano. Al netto di queste speculazioni, la prova di tifo delle due fazioni è di pura sostanza, molto asciutta nello stile, con tanti battimani, tanta voce, poco ma ben curato materiale. Che in verità, sul versante teramano, sarebbe “nessun materiale”, visto che dopo l’ultima ondata repressiva nella città abruzzese, i gruppi si sono ritrovati a ridimensionare la propria attività almeno dal punto di vista formale, dismettendo le proprie sigle per muoversi sotto traccia, aspettando che il tempo passi e che ognuno torni al proprio posto. Fra le braccia e i cori al cielo, sventola fiera una bandiera biancorossa, simbolo di una fede che non è stata mai ammainata: verranno giorni migliori.

Foto di E.B.