Tifare per un club che nella migliore delle ipotesi potrà regalarti sporadiche apparizioni in serie C è impresa ardua. Lo diventa ancor di più quando il tuo stadio non è ospitale ma, anzi, del tutto sprovvisto di quei “comfort” che qualsiasi impianto sportivo dovrebbe avere. Almeno secondo gli standard e la visione del calcio attuale.
Il Terracina, club del basso Lazio, disputa i match casalinghi al Mario Colavolpe, in via Ceccaccio. Visitarlo mi ha regalato l’idea di quanto sia difficile tifare Terracina, a Terracina.
Perché? Facile a spiegarsi. L’impianto è ubicato in un’area fuori dal centro abitato cittadino, raggiungibile solo in auto o in alternativa con il trasporto pubblico che, nel caso di specie, è assente: se hai un’auto o se trovi un passaggio puoi assistere ai match dei biancocelesti, altrimenti sei costretto a restare a casa ripiegando magari su qualche club di serie A. Il Colavolpe è sprovvisto di bar, pizzerie o angoli ristoro: se prima, durante e dopo la partita vuoi bere qualcosa lì puoi scordartelo, a meno che tu non decida di portarti la “schiscetta” da casa.
L’architettura dell’impianto è uno schiaffo alle logiche curvaiole: il combinato disposto pista atletica – tribune basse e lunghe mal si concilia col tifo organizzato: dovendo attaccare gli striscioni sulla rete, i gruppi sono “costretti” a lasciare vuoti i primi due gradoni e disporsi in lungo, senza poter creare un “quadrato” ultras che regali un piacevole impatto non solo agli occhi ma anche alle orecchie. La conformazione della curva poi, come detto lunga e bassa, mal si presta a spettacoli coreografici, mortificando di fatto la vena scenografica dei terracinesi.
Per quanto riguarda la viabilità, esiste una sola via d’accesso, utilizzata sia dagli ospiti che dai locali: dato l’elevato rischio di arrivare al contatto i match più caldi sono sempre esposti alla possibilità di giocarsi a porte chiuse o in campo neutro.
Infine, per non farsi mancare nulla, la situazione è aggravata dagli scarsi risultati sportivi che spesso contraddistinguono la storia del Terracina Calcio. Il club laziale affonda le proprie radici nel primo dopoguerra, precisamente la prima squadra di calcio è stata fondata nel 1925 e da allora 25 sono state le apparizioni nel massimo campionato dilettantistico, svariati nei campionati regionali minori, zero nelle serie professionistiche. Nel Lazio tutti i centri con le stesse dimensioni demografiche hanno fatto meglio dei tigrotti: senza scomodare paragoni imbarazzanti come Latina o Frosinone, basterebbe citare Rieti, Sora, Formia, Fondi o Viterbese, tutti club che hanno disputato diversi campionati di serie C in passato (in alcuni casi anche recente).
A Terracina, nonostante il quadro sopra descritto, da quarant’anni circa il movimento ultras è sempre stato vivo: Blue White Korps, Mods, Boixos, Ultras 1994, Centro Storicosono alcune delle sigle che negli anni hanno segnato la storia della Curva Mare, capace di ritagliarsi un ruolo di tutto rispetto nel variegato panorama ultras regionale.
Anni di sacrifici, km macinati nei campi polverosi dei campionati minori regionali quest’oggi vengono ripagati: il Terracina torna ad affrontare un derby tanto atteso quanto importante, ma soprattutto in un campionato più dignitoso dell’Eccellenza laziale. L’avversario di turno è il Cassino, derby che mancava da oltre vent’anni. La settimana invece è stata preceduta dai soliti dilemmi: si giocherà con le due tifoserie? ma soprattutto dove si disputerà la partita, nello stadio di Terracina oppure altrove? Il nodo viene sciolto il martedì precedente: Terracina-Cassino al Colavolpe.
Nella curva di casa sono presenti i seguenti gruppi: Ultras 1994, Centro Storico, Mods e Blue White Korps dietro lo striscione Curva Mare, che è collocato al centro del settore, poi Terracinesi e Vecchia Cricca. Assistono alla gara insieme ai tirrenici i ragazzi di Formia e Roccasecca. Dall’altra parte, i Cassinati con Casinum Ultras, Girls, Anni 80 e Brigate (questi ultimi dopo lo scioglimento dei Fedayn 1977, sono attualmente il gruppo più vecchio in attività).
Quando i Cassinati, circa 150, arrivano a Terracina, vengono intercettati dal servizio d’ordine che immediatamente li conduce nel settore ospiti. Ad un’ora del calcio d’inizio le due tifoserie cominciano già a darsi battaglia: ad ogni insulto una risposta, ad ogni coro una reazione.
Ore 15:00, finalmente gli undici scendono in campo tra il boato della gente e il tripudio di colori: sciarpe e bandiere al vento, mani al cielo e cori che rimbombano ai piedi del Monte Leano. I terracinesi, in versione “memorabilia”, sventolano alcuni bandieroni interamente fatti a mano che, seppur non perfetti nei dettagli, ti catapultano con la mente di botto negli anni ’80. I Cassinati, nella loro nuova dimensione, non sono da meno, anche nel loro spicchio non manca il calore e il colore.
Anche sul campo la partita è avvincente: i padroni di casa partono subito forte e il vantaggio iniziale regala ai terracinesi presenti sugli spalti la sensazione, mista a speranza, di poter portare a casa la vittoria. Il sogno però dura poco, visto che il Cassino pareggia subito i conti.
Mentre le due squadre in campo si danno battaglia, la Curva Mare espone vari striscioni, per nulla soft. Si parte con “Oggi al multisala, noi alla ricerca dello scemo, voi… scemo più scemo”fino al“Se papà non sai chi è, stai sicuro che è goumier”, quest’ultimo con chiaro riferimento all’opera cinematografica la Ciociara, ispirata all’omonimo romanzo di Alberto Moravia, dove soldati marocchini, i goumier appunto, furono protagonisti di violenze fisiche e sessuali perpetrate soprattutto ai danni di donne del luogo. Infine, la sagra degli striscioni, sempre improntata su aspetti “identitari” si chiude con“Cassinate ciociaro, con nonno venAFRICANO che parla campano… coniglio ibrido di seconda mano”, dove il gioco di parole allude ai loro gemellati venafrani.
Non manca l’omaggio alla Foggia ultras, striscione che per un’istante interrompe il derby degli sfottò. La rabbia e l’odio che i due settori si “sputano” addosso si arresta: i cassinati, a riprova del loro spessore ultras, applaudono l’iniziativa terracinese. Nelle tragedie il mondo ultras trova sempre il punto di contatto: i gruppi rivali depongono, anche se solo per pochi secondi, l’ascia di guerra, per mandare un abbraccio virtuale alle famiglie dei tre ragazzi foggiani mancati tragicamente qualche settimana fa.
Quando arriva il triplice fischio finale le due squadre si dirigono verso le rispettive tifoserie per ringraziale del sostegno costante.
La parte difficile arriva però quando lo spettacolo sul campo è ormai terminato. Da queste parti sono ancora vive le immagini degli scontri in campo tra padroni di casa e sorani o andando più indietro nel tempo, tra i tigrotti e i ragazzi di Latina. Il servizio d’ordine, pertanto, si prepara al peggio. I Cassinati si dirigono verso la rete che divide il loro settore dal resto dello stadio, mentre i terracinesi si arrampicano sulla curva; il derby, almeno per loro non è ancora finito. Telecamere alla mano la polizia presente riesce a spegnere sul nascere il potenziale focolaio degli scontri. Adesso tocca far uscire gli ultras del Cassino. Tutti si aspettano, quindi, che il deflusso avvenga nella maniera più logica possibile: prima gli ospiti e poi i tifosi locali. Le forze dell’ordine invece trattengono i cassinati nel loro settore, invitando i padroni di casa ad abbandonare la curva. La strada per uscire dal Colavolpe è una: tutti gli spettatori presenti la dovranno percorrere. I terracinesi attendono all’esterno dello stadio la tifoseria ospite, ma dopo circa trenta minuti la polizia riesce ad impedire che le due tifoserie entrino a contatto.
Cosa mi ha regalato la partita di oggi? Un sapore vintage, ci sono stati tutti gli ingredienti: tensione all’esterno dello stadio, insulti continui e infine striscioni di sfottò. Terracina-Cassino è stato uno spot per l’intero movimento ultras, da far guardare anche a quelli che credono che solo nelle grandi curve si possa vivere il vero tifo organizzato. Sia a Cassino, già dai tempi Fedayn 1977 che a Terracina, le sottoculture giovanili hanno non solo trovato terreno fertile ma sono state capaci di tenere botta e di resistere alle difficoltà che una piccola realtà come la loro, quotidianamente deve vivere.
Adesso ci tocca sperare che anche il match di ritorno possa regalarci lo stesso spettacolo ma che soprattutto non ci siano divieti.
Testo di Michele D’Urso
Foto di Andrea Calabrese e Marco Meloni
Galleria Andrea Calabrese: