Primi giorni di Agosto. Caldo, zanzare che sorvolano i cieli della Capitale più numerose degli arcinoti elicotteri che hanno veicolato sfottò tra romanisti e laziali dopo la finale di Coppa Italia, ed in fondo un po’ di voglia di tornar a calcare i campi con la macchinetta al collo. La consultazione delle amichevoli è ormai un’abitudine quotidiana e quando finalmente apprendo che la Ternana ospiterà la Roma, mi preparo psicologicamente a tornare allo stadio “Libero Liberati”.
Per chi come me ha sempre amato curiosare nei campetti e vedere nuove tifoserie, provenendo da Roma è innegabile che a questo stadio abbia legato molti bei ricordi. La vicinanza, infatti, faceva sì che nella mia adolescenza fosse una delle mete più ambite dove passare un sabato o una domenica pomeriggio, assistendo a qualche bella sfida di Serie B o C.
Ancora ricordo come se fosse oggi la prima volta che vi misi piede, era il 2004 e la partita era tra le Fere rossoverdi ed un Genoa lanciatissimo verso la Serie A, promozione che avrebbe conquistato a fine stagione salvo poi venir retrocesso d’ufficio in Serie C per la celeberrima “valigetta di Preziosi”. Altri tempi davvero: stadio pieno, trasferta massiccia dei liguri con tifo praticamente incessante dal 1’ al 90’ e curva ternana carica e colorata. Non sembra ma sono passati 9 anni. Così di questi tempi, anche un’amichevole che una volta non avrebbe riscosso successo neanche nelle tifoserie direttamente interessante, risulta ricca di “appeal”. Nonostante qualche ostacolo per ottenere l’accredito, alla fine i potenti mezzi Sportpeopoliani riescono ad avere la meglio, trionfando come meglio si addice ad una testata autorevole ed autoritaria quale siamo (auto-celebrazione o auto-ironia, leggetela come volete).
Si può partire. La città umbra, nota per le acciaierie e la vicinanza con le stupende Cascate delle Marmore, è agevolmente raggiungibile in treno. Pertanto consulto gli orari ed alla fine la mia scelta ricade sul regionale delle 16,05 dalla stazione Tiburtina. Preparo tutto con cura e poi, come direbbe qualcuno, “Che bello è, quando esco di casa…”. In realtà non c’è nulla di bello nel ricevere addosso i raggi infuocati del sole delle due. Nonostante la mia stagione sia cominciata già in Luglio, con la fugace sortita in terra sammarinese per assistere alla partita di Europa Legaue tra Libertas e Sarajevo, considero dal punto di vista cronologico oggi la data dell’inizio della stagione 2013-2014.
Stranamente il tragitto che mi separa dalla stazione non è rallentato dal malfunzionamento dei mezzi pubblici ed in soli 40 minuti sono in quella che una volta, per chiunque abbia utilizzato il treno a Roma per andare in trasferta, era la vera e propria tana degli ultras. Un luogo fatiscente, pericoloso e vecchio in tutto e per tutto. Oggi a far posto a quella facciata anni ‘80, a quegli interni obiettivamente inadatti ad un paese sviluppato (ma proprio per questo romantici) quale si professa di essere il nostro, c’è una sorta di centro commerciale in continuo allestimento ed una struttura che mi ricorda vagamente la stazione TGV di Avignone, costruita con l’intento di unire i quartieri Pietralata e Tiburtino. Il tutto cozza fortemente però con la fauna locale che, seppur in minor parte, continua ad essere quella di un tempo.
Sceso dalla metro mi avvio immediatamente verso il binario percorrendo, appositamente, la zona sopraelevata dove a breve verranno aperti nuovi Apple Store, Intimissimi, Tezenis, Mc Donald’s ed altre corbellerie che nel corso degli anni hanno contribuito ad annientare le caratteristiche dei nostri quartieri e dei nostri bellissimi centri storici. Inutile dire che la sensazione è quella di rassegnazione e ribrezzo. L’unica cosa che mi fa veramente sorridere sono alcuni ragazzi i quali, accorgendosi che le scale mobili a risparmio energetico aumentano la propria velocità all’avvicinarsi delle persone, definiscono tale opera come “avveniristica e futuristica”. Roba esistente almeno da dieci anni in altre città italiane ed ovviamente mondiali.
Mentre anche io scendo verso i binari ecco l’annuncio del treno in arrivo e la moltitudine di passeggeri in attesa sulla banchina spostarsi all’impazzata. Il convoglio si ferma lentamente ed apre le porte. Il viaggio corre veloce e tranquillo, una sola ora separa la Capitale dal capoluogo di provincia dell’Umbria meridionale, ed una volta giunto a destinazione, ad attendermi c’è il sommo Paolo con cui scambio qualche chiacchiera per poi avviarci insieme verso lo stadio. La città è deserta e cominciamo a vedere qualche macchina solo in prossimità del “Liberati”. Più ci avviciniamo e più la folla si fa fitta, s’intuisce quindi che ci sarà il pubblico delle grandi occasioni per un’amichevole che da queste parti è considerata di lusso. La Serie A a Terni è infatti un ricordo in bianco e nero, per chi ha avuto la fortuna di viverla negli anni ‘70, ed una leggenda narrata da nonni e padri per i più giovani. La società rossoverde negli ultimi 40 anni ha veleggiato sempre tra la Serie B e la Serie C conoscendo anche, in più di un’occasione, l’onta del fallimento con conseguente ripartenza dai campionati dilettantistici.
In molti si aggirano attorno allo stadio con maglie e sciarpe della Roma, questa parte dell’Umbria registra, infatti, un tasso abbastanza alto di tifosi giallorossi, il tutto ovviamente correlato ad una squadra che non è Juve, Milan o Inter (le quali, chiaramente, da queste parti riscuotono ampie simpatie) e che quindi non si comincia a tifare certo per sentirsi vincitori o padroni del calcio. Saluto il “giovine” amico pisano e mi avvio verso il botteghino dove un solo sportello è aperto per ritirare gli accrediti, a fronte di una fila che solo a guardarla mette nervosismo. Sta di fatto che non ho molte alternative, mi metto in coda come tutti e dopo “appena” 30 minuti arriva il mio turno. Tutto finito? Manco per niente. L’accredito non si trova, nessuno sa dove cercarlo ed anzi vogliono frettolosamente liberarsi di me per smaltire la ressa. Così vengo spedito ad un altro botteghino posto nei pressi della Tribuna A, anche qui nessuno sa dove sia e chi abbia la mia richiesta, vogliono anzi rimandarmi al mittente. Dato che l’incontro sta per iniziare comincio a spazientirmi, mostro la mail con la quale è stata inviata la richiesta e dopo un paio di chiamate una signora, fortunatamente molto disponibile, riesce a venirne a capo. Il mio documento risulta illeggibile nella mail. Mi porta di nuovo alla biglietteria e, facendomi saltare la coda, mi fa stampare il tagliando. La ringrazio e di corsa mi avvio alle entrate.
Mancano meno di dieci minuti. Supero il filtraggio e poi il tornello, conquistando finalmente la mia postazione in Tribuna Autorità (bah!). Il tempo di preparare la macchinetta e posso fare una prima analisi della situazione. Alla mia destra c’è la Curva Est che presenta gli striscioni di Generazione Sconvolta e Menti Perdute, alla mia sinistra, in Curva Nord, un altro gruppetto senza pezze (un centinaio di persone circa) ed alla mia estrema sinistra il settore ospiti. I romanisti sono 300 circa, chiaramente tutti ultras, a fedele testimonianza di come ormai leggi speciali, divieti e restrizioni abbiano totalmente disamorato il tifoso medio. Un’amichevole del genere, così vicina a Roma, avrebbe richiamato un tempo almeno 3-4000 persone, oggi ci sono solo i ragazzi della Curva. Proprio coloro i quali la repressione vorrebbe uccidere e debellare definitivamente.
L’incontro inizia e subito a tenere banco sono le schermaglie tra le opposte fazioni, alimentate anche dalla presenza degli atalantini nelle fila ternane. All’entrata in campo delle due squadre, i giallorossi fanno bella mostra dei loro stendardi ed in particolar modo spicca, nella balaustra lasciata spoglia, quello contro il nuovo logo. Una battaglia intrapresa dagli ultras capitolini per salvaguardare la tradizione del club da chi, per fare business e vendere dieci magliette in più, sarebbe pronto persino a vendere i propri figli. Peraltro occorre sottolineare in questa sede come, il nuovo simbolo disegnato dall’entourage della società americana, ricalchi fedelmente i falsi che si potevano vedere per le bancarelle di Roma già ai tempi dell’ultimo scudetto (2001). Una trovata quindi oltre che fuori luogo anche di pessimo gusto. Da segnalare, inoltre, uno striscione esposto nella parte alta della curva per salutare Scaratti, compianto ex giocatore della Roma a cavallo tra gli anni ‘60 e ’70, scomparso in settimana.
Dal loro canto gli umbri accolgono l’ingresso delle formazioni con bei battimani da parte di ambo le curve ed un buon sventolio di bandiere. In campo le due squadre non mettono di certo in mostra il meglio. Il caldo risulta essere temibile nemico in questo pomeriggio di metà agosto, tanto da spingere il tecnico romanista Garcia a chiedere due piccoli time-out a metà dei 45’. Ognuno giudichi come vuole ma io ho iniziato ad amare il calcio quando vidi lo spareggio per Francia ‘98 tra Russia ed Italia. Bufera di neve, temperatura ampiamente sotto lo zero, pallone rosso e stadio tutt’altro che ospitale. Eppure l’Italia conquistò un 1-1 fondamentale per l’accesso ai mondiali in terra transalpina. A quei tempi nessuno si faceva problemi di clima e temperatura. Se c’era da giocare si giocava e basta. È triste constatare che ormai siamo entrati nell’era del metrosessualismo sfrenato, e queste signorinelle che calcano i nostri gloriosi campi di gioco tra un po’ saranno persino autorizzate a richiedere pettine, fohn e cipria pur di sembrare apposto davanti ad obiettivi e telecamere. Mi si perdoni la divagazione ma ritengo questi particolari fondamentali per l’esatta narrazione dei fatti.
Ritornando alla nostra partita, più segnatamente a quella degli spalti, il tifo della Est risulta un po’ discontinuo nei primi 45’ mentre nel secondo tempo, la storica curva che fu dei Freak Brothers, riesce a compattarsi facendosi sentire in più di un’occasione con cori a rispondere e battimani eseguiti da tutto il settore. Il gruppo in Nord dà senza dubbio una maggiore idea di unità, prodigandosi in bei battimani e cori tenuti a lungo per tutti i 90’.
Per quanto riguarda i tifosi giunti da Roma, si può dire che complessivamente la loro prova sia più che buona. Gran belle manate e cori costanti accendono il settore ospiti durante l’incontro. Sul terreno di gioco Totti e compagni la spuntano per 2-1 grazie a i gol di Strootman e Balzaretti, inframezzati dal momentaneo pareggio su rigore di Ardegmagni. Al triplice fischio del direttore di gara, curioso siparietto al mio fianco: vedo un signore sulla cinquantina fischiare ripetutamente all’indirizzo di qualcuno in campo, dopo un po’ a girarsi è Jedvaj, difensore croato neoacquisto della Roma; l’uomo fischiante (evidentemente il papà del calciatore) invita il ragazzo a recarsi sotto il settore ospiti per salutare i tifosi giunti dalla Capitale. Manco a dirlo, il ragazzotto non ci pensa un istante e si avvia verso i romanisti. Appare chiaro come, fortunatamente, ancora non abbiano capito nulla di come si fa calcio e come si considerino i tifosi da noi oggi. Evidentemente da loro non salutare chi ha fatto chilometri e speso soldi e tempo per la propria squadra è una grave mancanza di rispetto. Ho apprezzato profondamente questo gesto. Tuttavia c’è da dire che il pubblico romanista accoglie nel peggiore dei modi i giocatori che tentano timidamente di portarsi sotto al settore. I cori “tifiamo solo la maglia” e “andate a lavorare” la dicono lunga su quanto l’atteggiamento manifestato nelle due passate stagioni, con l’apice raggiunto nel derby di Coppa Italia perso, sia stato tutt’altro che dimenticato ed il feeling appare attualmente difficile da recuperare.
Clima totalmente differente per i padroni di casa i quali ricevono gli applausi da parte del proprio pubblico, ricambiando con il lancio di alcune magliette. Scatto le ultime fotografie e poi anche per me è arrivato il momento di andarmene. Prima però da segnalare la cosa più brutta, squallida e triste dell’intera giornata. Ma forse dell’intero 2013. Prima di scendere le scalette della tribuna noto che alla mia sinistra sta uscendo Massimo D’Alema. Notoriamente romanista (oltre che notoriamente intrallazzone e notoriamente voltagabbana) il medesimo non ha potuto rinunciare a seguire la squadra in quel di Terni. Vederlo là, tutto abbronzato, con aria spavalda come a dirti “Embè?? Che nun ce posso sta qua??”, mi ha fatto pensare a come sarebbe stato bello se in quel momento un caccia bombardiere (uno di quelli che lui stesso mandò nei cieli della Jugoslavia nel 1996) fosse passato sulle nostre teste sganciando una bombetta. Sì ok, sarei morto anche io, lo so. Ma almeno sarei morto con il sorriso sulle labbra. Tuttavia nulla di ciò. Posso solo prendere atto della sua fastidiosa presenza e ripercorrere la strada a ritroso verso la stazione. Senza però prima perdermi, arrivando solo qualche minuto prima del passaggio del treno. Molte camionette ne presidiano l’accesso ed al mio ingresso i solerti appuntati mi squadrano ripetutamente. Una volta a bordo passo la mia ora di viaggio riguardando le foto della giornata ed infine addormentandomi fino a Tiburtina. Al mio rientro a casa pago tutta l’efficienza dei mezzi pubblici dell’andata, la Linea B infatti impiega quasi mezz’ora per quattro stazioni e la Linea A mi offre una piacevole attesa a Termini di appena 7’. Ma va bene, poteva andare peggio. Speriamo che sia l’apertura di una stagione migliore per gli ultras. Forse non ci credo neanche io mentre lo scrivo ma come si dice? La speranza è l’ultima a morire.
Simone Meloni.