In questa calda domenica di febbraio, dove il termometro segna 21 gradi, c’è chi sceglie di passare la giornata al mare, chi in montagna e chi come me opta per uno scoppiettante match di Serie D.
Siamo a Tivoli e il menù offre una sfida tra chi sogna la salvezza e chi a inizio stagione ambiva a una promozione in Serie C, categoria che manca ormai da oltre dieci anni: questa è Tivoli – Chieti. Un confronto che si snoda lungo la dorsale della Tiburtina, una delle più antiche e importanti strade consolari romane che unisce la Capitale all’Adriatico, passando anche per il capoluogo teatino.

All’Olindo Galli finora sono passate solamente tre squadre, mentre compagini ben più attrezzate (su tutte le Sambenedettese) hanno lasciato punti, facendo dell’Arci un vero e proprio fortino.
Il Chieti, dopo un’ottima partenza, da dicembre ha subito un forte calo, finendo per esser contestato dalla tifoseria, ormai stanca di vivacchiare nel dilettantismo.

Arrivato a Tivoli mezz’ora prima dell’inizio del match decido di entrare subito e gustarmi dal campo uno stadio molto bello per fare foto grazie alla pista d’atletica. Forse po’ meno affascinante per chi dagli spalti vuole sostenere la propria squadra a causa della distanza tra spalti e terreno di gioco.
Faccio un giro sulla pista d’atletica per vedere che aria tiri da una parte e dall’altra. I tifosi del Chieti stanno iniziando a popolare il settore e si capisce che non sarà una domenica tranquilla per loro: da subito iniziano a inveire contro la dirigenza, rea di aver contribuito a una situazione di classifica inadeguata per le aspettative della piazza e la qualità della tifoseria. Sta di fatto che i supporter neroverdi a inizio partita prendono possesso del loro settore, sfoggiando fieramente bandiere, sciarpe e le numerose pezze della Curva Volpi (che da quest’anno ha deciso di girare dietro il nome della propria città).

Dall’altra parte i tiburtini mostrano fiducia verso una squadra che sinora è riuscita a tenersi fuori dalle sabbie mobili della zona retrocessione e che anche oggi venderà cara la pelle. Gli ultras amarantoblù prendono posto sul loro consueto muretto e dietro le pezze di Santa Pirateria e 1919 Crew cominciano a farsi sentire con un paio di bei battimani secchi. Il match inizia e si vede da subito che la Tivoli ha una marcia in più: dopo 13 minuti i laziali passano in vantaggio con una vecchia promessa del calcio europeo, a segnare infatti è l’ex Roma Tomas Vestenicky. Esultanza sfrenata dei tiburtini e decibel che salgono in “preda” al delirio.

Nonostante le pessime notizie provenienti dal campo, i teatini evidenziano una gran bella performance, chiaramente volta a esaltare la loro militanza ultras e onorare il nome della tifoserie più che a supportare una squadra palesemente disorientata. I giocatori in maglia verde non solo sembrano non recepire, ma poco prima del triplice fischio subiscono anche il raddoppio dell’avversario, direttamente su calcio piazzato. A questo punto la rabbia dei tifosi abruzzesi sale ancor più, sfociando in una sentita contestazione che andrà avanti fino al ritorno a Chieti, dove 300 persone attenderanno il pullman della squadra dal quale però i giocatori e i dirigenti più rappresentativi non scenderanno: non a caso tra i motivi del dissenso c’è anche l’accusa di esserci solamente quando c’è da ricevere applausi e non mettere la faccia in momenti difficili come quello attuale.

Non sarò andato al mare a godere di questa bella giornata ma ne esco comunque felice. Gli ultras della Tivoli si confermano davvero una bella realtà per attaccamento ai colori e alla città, oltre che per il materiale ben realizzato ed esibito sempre con un certo criterio. Un senso di appartenenza e aggregazione che permette alla tifoseria di coinvolgere trasversalmente persone di ogni sesso ed età. La vera vittoria per chiunque faccia attività da stadio. Anche e soprattutto perché il manipolo presente sul muretto mostra chiaramente di puntare graniticamente a un unico obiettivo: calore, vicinanza e spinta per la squadra della città. Un mix che se amalgamato dalle giuste menti non può che esser vincente.

Marco Meloni