L’ultimo fine settimana di maggio mi ha riservato un’appagante tripletta: Tufano – Isola Liri il sabato, Alto Casertano – Modica e Benevento – Carrarese il giorno seguente.
La prima delle sfide elencate è andata in scena presso lo stadio “Del Bianco” di Anagni, nel cuore della provincia di Frosinone, ed è stata la semifinale di ritorno della Coppa Provincia del girone ciociaro della Terza Categoria. In campo sono scesi il Tufano, squadra di una frazione del comune di Anagni, e il blasonato Isola Liri, club del versante laziale dell’antica Terra di Lavoro, un sodalizio che nella propria storia ha disputato quattro tornei di C2e ventuno di Interregionale. Le due squadre si erano già sfidate in campionato, avendo partecipato, entrambe, al girone A della Terza Categoria frusinate, vinto proprio dall’Isola Liri, che ha così compiuto un piccolo passo in avanti nella propria risalita calcistica, approdando nel penultimo gradino del calcio dilettantistico.
Prima di recarmi nell’impianto anagnino ho deciso di visitare proprio la frazione di Tufano, una delle contrade rurali della città legata a Bonifacio VIII. Questo piccolo agglomerato si raggiunge dalla Casilina, l’importante arteria stradale che attraversa la Valle del Sacco e che si è sovrapposta alle antiche consolari Labicana e Latina, che collegavano Roma con Casilinum, l’odierna Capua. Durante il viaggio ho effettuato diverse soste per fotografare il bucolico paesaggio collinare ai margini della strada, coperto da un ondeggiante lenzuolo di grano in attesa della mietitura. È stato un vero piacere, per gli occhi e per lo spirito, ammirare l’ameno e quasi arcaico scenario agricolo delle campagne anagnine, così diverso da quello delle fabbriche poco lontane. La Valle del Sacco rappresenta, infatti, uno dei più estesi poli industriali italiani, la cui espansione iniziò nei primi del Novecento, ma conobbe una rapida accelerazione a partire dalla fine degli anni Cinquanta, grazie soprattutto ai contributi della Cassa per lo sviluppo del Mezzogiorno. Il quadretto campestre appena descritto mi ha fatto pensare a quel ramo dell’iconografia legato al lavoro dei campi, dai mosaici delle antiche ville rustiche romane, agli affreschi medievali. Un esempio famosissimo di questa tematica artistica è il Ciclo dei Mesi del Castello del Buonconsiglio di Trento, una vera e propria enciclopedia per immagini del mondo dell’agricoltura, realizzata al tramonto dell’Età di Mezzo, che illustra le attività agricole che si svolgono in ogni stagione dell’anno.
Verso le 15:30 sono arrivato a Tufano. Mi hanno accolto qualche casa, strade silenziose, pochi residenti impegnati nella cura dell’orto e l’abbaiare di un cagnolino. Osservando i cartelli stradali ho percepito l’importanza di questa zona dell’Italia centrale come corridoio di transito: oggi la Valle Latina è attraversata dall’Autostrada del Sole e dalla linea ferroviaria Roma-Napoli, mentre anticamente l’hanno percorsa legionari e mercanti romani, ma anche pellegrini e fedeli che, nel Medioevo e nell’Età Moderna, appesantiti da mantello, bastone e bisaccia, si recavano nei porti della Puglia settentrionale lungo la Francigena del Sud, animati dal desiderio di approdare sulle sponde orientali del Mediterraneo e di inginocchiarsi davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme.
La prima tappa del mio giro a Tufano è stata la chiesa di Santa Maria Imperatrice, di recente costruzione ma affiancata da un edificio di culto più antico, poi ho rivolto la mia attenzione a una vecchia torre di avvistamento, il cui volto è stato ormai completamente obliterato dalla vegetazione. Poco prima di raggiungere lo stadio ho dato un’occhiata, ovviamente, anche al campo sportivo in cui il Tufano disputa le proprie partite casalinghe, con il suo terreno di gioco in erba naturale circondato dalle campagne ciociare e abbracciato dalle prime ondulazioni dei Monti Ernici. È dedicato alla Vergine “imperatrice del cielo e della terra”, proprio come la vicina chiesa, ma non è stato giudicato idoneo per ospitare questa gara così importante.
Qui si è conclusa la mia breve esplorazione di Tufano. Salito nuovamente in auto, ho raggiunto in pochi minuti il capoluogo comunale e il “Del Bianco”, la casa dell’Anagni, uno stadio di lusso per la categoria, avendo ospitato tante partite di serie maggiori. Si trova ai piedi del colle occupato dal centro storico papalino, in una zona destinata allo sport, visto che nelle vicinanze sono stati realizzati anche un palazzetto e una piscina.
Dopo aver parcheggiato, in pochissimo tempo ho messo piede sul manto in erba sintetica, scattando le prime foto alle due bellissime tribune coperte, una delle quali destinata ai tifosi del Tufano, l’altra agli isolani. Durante il prepartita la gradinata biancoverde era già occupata da molti spettatori, con un blocco più compatto, formato da ragazzi più giovani, collocato alla mia destra. Sulla recinzione erano sistemati dei lenzuoli dalla fattura artigianale, tra cui uno con la scritta “Canaglie Ultras”. Già in questa fase la tribuna era abbastanza calda, con i lanciacori che invitavano i presenti a seguire le loro direttive in vista della coreografia e provavano anche a far realizzare al settore i primi cori e battimani. Non avendo seguito le vicende di questa squadra nel corso della stagione, non sono in grado di scrivere se si tratta di una realtà estemporanea, nata per l’occasione, o se abbia già accompagnato il Tufano durante il campionato. Ad ogni modo, nella parte bassa ho potuto notare dei ragazzi con portamento e abbigliamento da stadio.
A pochi minuti dal fischio iniziale, l’ambiente è stato surriscaldato dall’arrivo degli isolani, che dopo aver varcato la porticina d’ingresso, sono scesi lungo i gradoni sventolando le bandiere e mostrando gli stendardi; contemporaneamente, dalla tribuna di casa sono partiti dei fischi indirizzati ai biancorossi. Anche durante la gara i locali hanno rivolto diversi cori di sfottò agli ospiti, i quali non hanno mai risposto direttamente, ma si sono limitati a ribadire di non sentirsi ciociari.
Per capire le ragioni di tale replica, può essere utile un breve excursus storico-geografico. Come ho scritto nella parte iniziale di questo testo, quella costola dell’attuale provincia di Frosinone che da Sora, passando per Isola Liri, finisce a Cassino, ha fatto parte, nei secoli passati, della Terra di Lavoro. Nel 1927, dunque, la neonata provincia ha inglobato città e paesi che nel Medioevo e nell’Età Moderna avevano fatto parte del Regno di Napoli, mentre le terre a ovest di Ceprano, compreso l’odierno capoluogo provinciale, erano state amministrate dalla Chiesa. Tuttora l’antico confine tra i due Regni preunitari rappresenta una cesura linguistica che taglia in due la provincia, per cui una parte di essa rientra nell’area dei dialetti meridionali, l’altra, la Ciociaria vera e propria, appartiene al nucleo delle parlate mediane, che comprende tutto il Lazio centro-settentrionale, l’Umbria e le Marche, fino a Senigallia.
Tornando alla cronaca del match, dopo essersi sistemati nel settore, gli isolani, accompagnati dai vastesi, hanno appeso sulla recinzione tutti i propri drappi. Dopo alcuni anni di autosospensione, gli Ultras Isola Liri 1975 hanno comunicato, nello scorso mese di marzo, l’intenzione di tornare a sostenere in ogni stadio la propria squadra, chiamata anche “Lisera” nel loro dialetto.
Con lo stadio ormai al completo, in concomitanza con il calcio d’inizio i ragazzi di Tufano hanno accesso diversi fumogeni bianchi e verdi, mentre gli isolani hanno sventolato tutte le loro bandiere, accendendo contestualmente anche varie torce. I locali, dopo una fase iniziale caratterizzata da un tifo un po’ spezzettato, con un coordinamento non ottimale tra le voci, nel corso della partita, minuto dopo minuto, sono poi riusciti a trovare la quadra, compattandosi sempre meglio e perfezionando il sostegno, fino a produrre un buon tifo nella ripresa, con momenti segnati da un’adeguata intensità vocale e da un’apprezzabile compattezza nei battimani.
Un incentivo alla loro determinazione è da ravvisare, credo, oltre che nell’importanza della posta in palio, anche in quella voglia di mettersi in mostra che viene inevitabilmente accesa dal confronto vocale con una tifoseria, come quella isolana, con una sua storia alle spalle, che negli anni del professionismo e della D ha viaggiato in stadi importanti della nostra penisola. Venendo proprio a loro, i biancorossi hanno colorato il settore con il loro materiale ben curato e hanno prodotto un tifo con prevalenza di cori lunghi, sempre accompagnato dai bandieroni e infarcito dall’accensione di altre luminarie. Gli isolani sono apparsi motivati e desiderosi di spingere la loro squadra alla vittoria, con la speranza, immagino, di lasciare presto i bassifondi del calcio regionale e di tornare a disputare, quanto prima, quegli storici derby con le rivali del Basso Lazio e quelle avvincenti sfide che al “Nazareth” non si vedono da diverso tempo.
Insomma, la sfida del “Del Bianco” ha visto all’opera due realtà completamente differenti: una, nuovissima – quella tufanese, appunto -, dall’estetica ancora imperfetta, ma con un serbatoio di ragazzi giovani o giovanissimi che mi sono sembrati molto volenterosi. Mi chiedo, rivedendo le foto, se qualcuno di loro frequenti la “Nord” frusinate o le due curve capitoline, con l’intenzione, chissà, di importare nella propria comunità quell’approccio allo stadio che si assorbe in questi contesti più grandi, che inevitabilmente sono un modello per le realtà circostanti. Dall’altro lato, la stagione appena terminata ha restituito al movimento laziale una tifoseria consolidata, che per motivazioni interne, come da essa stessa comunicato, per diversi anni è stata lontana dai riflettori, ma che è tornata a cantare al fianco delle maglie biancorosse con rinnovato vigore.
Per la cronaca: impegni personali mi hanno costretto a lasciare il “Del Bianco” al 90’, con le due squadre inchiodate sullo 0-0, ma la sfida si è risolta ai supplementari con la vittoria dell’Isola Liri con due reti di scarto. I biancorossi hanno poi sfidato nella finalissima di Boville Ernica la Folgore Maiano, che si è infine aggiudicata il trofeo. Questa sconfitta, tuttavia, non ha minimamente scalfito la stagione dell’Isola Liri: come scritto in apertura, gli isolani avevano già ottenuto la promozione in Seconda Categoria vincendo il proprio girone.
Testo e foto di Andrea Calabrese