Anche a Potenza nella serata di giovedì 10 ottobre è stato portato alla conoscenza della comunità locale, più che del mondo ultras di cui certe storie sono bagaglio culturale, il libro “Una notte durata 40 anni”.

Autoprodotto dalla Curva triestina che porta il suo nome, il libro ripercorre non solo la vicenda ma anche la vita di Stefano Furlan, lo sfortunato giovane tifoso degli alabardati che ha finito, suo malgrado, per legare per sempre la sua storia alla squadra tanto amata. La sua storia, più specificatamente, è legata al funesto episodio accaduto l’8 febbraio del 1984, in occasione della gara di coppa Italia tra la Triestina e l’Udinese quando, nel dopo partita, Stefano venne colpito alla testa dal manganello di un poliziotto durante alcuni disordini; una testimonianza lo aveva visto sbattuto per la testa contro il muro e le percosse continuarono anche successivamente in caserma, anche se di tutto ciò si seppe molto poco a livello mediatico e anche successivamente il velo di colpevole silenzio non è mai venuto meno.

Stefano Furlan era la classica persona sbagliata nel posto sbagliato: stava semplicemente andando a recuperare la sua macchina dopo la partita ma finì in mezzo a delle frettolose cariche di alleggerimento del servizio d’ordine, in quella circostanza composto da tante reclute alle prime armi che si fecero sfuggire la situazione di mano. Il giorno dopo, Stefano andò in ospedale per dei forti dolori alla testa: sopraggiunto il coma, morì tre settimane dopo.

Centrale è la figura di sua mamma Renata, che s’è sempre battuta (per lo più invano) per trovare giustizia e pace per suo figlio, le fu proposto anche un risarcimento di ottanta milioni di lire per ritirare la denuncia ma questa donna, piccola eppure fortissima, ha sempre combattuto fino alla fine dei suoi giorni (ci ha lasciato purtroppo nel 2022) affinché fosse riconosciuto non un ritorno economico ma verità per Stefano. Tante le testimonianze oculari arrivate su giornali, radio e anche alla magistratura. Anche gli ultras all’epoca cercarono di sensibilizzare come poterono, in assenza di mezzi di comunicazione odierni che offrono ben altra risonanza, ma alla fine lo Stato chiamato a giudicare l’operato di un proprio apparato se ne uscì lavandosene sostanzialmente le mani: il poliziotto condannato per questa morte, rimediò una pena lieve di solo un anno per «eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi», formula che è un agghiacciante deja-vu che poi sentiremo cupamente risuonare diversi anni dopo per i poliziotti che pestarono a morte Federico Aldrovandi.

Lorenzo Campanale, portavoce della Curva Furlan che con altrettanto impegno civico ha contribuito alla stesura di questo libro e lo sta portando in giro per tutta Italia, ha sottolineato l’importanza di serate come questa di Potenza. Serate che riuniscono tante generazioni e servono a passare il testimone a chi non ha contezza di questa triste storia sia per questioni anagrafiche, ma soprattutto perché in quel totalmente diverso contesto storico e sociale, chi deteneva il monopolio della violenza nella gestione dell’ordine pubblico, deteneva anche il monopolio dell’informazione. Non c’era internet e nessun’altra possibilità di far arrivare la verità dal basso ma oggi come allora, indispensabile è restare comunità e tenere vivo il ricordo di quei giorni. Verità storica e memoria non saranno esattamente sinonimi ma la memoria è ciò che resta agli sconfitti per rivendicare giustizia e per non spegnere mai nel silenzio la vergogna di chi, chiamato a tutelare la pubblica incolumità, ha soffocato una vita nel sangue.

C’è un mondo ultras, come sottolinea giustamente Lorenzo, che condivide ricordi solidali, si riconosce in valori univoci al di là di steccati ideologici o diversità di fede calcistica professata. C’è un mondo ultras ben diverso e di gran lunga migliore di quello che i media stanno raccontando in questi giorni. Tenerlo in piedi con una militanza attiva, pura e trasversale di città in città, è la risposta migliore alla macchina del fango che ciclicamente viene messa in moto contro di esso per punire tutti a fronte di responsabilità individuali ed assolvere colpe molto più in alto.

Il ringraziamento per serate come questa, oltre che a Lorenzo Campanale e a tutta la Curva Furlan da lui rappresentata, va anche a tutta la Curva Ovest di Potenza per aver organizzato e ospitato l’evento e i gruppi amici della Vultur Rionero per averlo sostenuto.

Pier Paolo Sacco